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           è consentita  la 
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          Benedetto Petrone con l'obbligo di riportarne  la fonte  | 
         
       
        
      
  4 AGOSTO 2009  
      Francesco
      Mastrogiovanni  
ANARCHICO,
CON PASSATO ANTIFASCISTA, RIBELLE ALLE REGOLE? 
E'
PAZZO E VA CURATO A COSTO DI AMMAZZARLO! 
riportiamo
qui una serie di comunicati e notizie che attestano quanto mistero e infamia ci
sia dietro la morte del compagno Francesco. La redazione dell'Archivio storico
Benedetto Petrone aderisce all'appello del cognato Vincenzo Serra  sulla
costituzione di un comitato che ,onorando la sua memoria ,pretenda tutta la
verità  e giustizia sulla sua morte . 
la
redazione dell'Archivio Storico Benedetto Petrone 
22
agosto 09 
       
 Nel giro di pochi giorni e 
proprio nel  mezzo di agosto, riscrivo di Francesco
Mastrogiovanni e questa volta è  suo cognato che  testimonia e
chiede. Parole semplici e  precise, seguite  da molte domande. Per chi
non sapesse di chi e di cosa sto parlando, e non sarebbe  a-normale, si
tratta di un maestro 58enne, anarchico, morto
in circostanze tutte da dimostrare, legato ad un letto del reparto
psichiatrico  dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania alle 7,20 di
martedì 4 agosto, in Trattamento Sanitario Obbligatorio: sono stati indagati
per omicidio colposo tutti i medici del reparto psichiatrico. Per chi prova
“disagio” nel  leggere  certe cose, o pensa che sarebbe prudente
non dirle, ribadisco che vanno non solo dette, denunciate e approfondite ma
ritengo anche che non possano essere lasciate, tantomeno delegate, le nostre e
altrui esistenze, appese, come fossero foglie, panni o animali ammazzati …, va
raccolto , è necessario proporre, agire, per non essere agiti e trattati come
merce e rifiuto, da tenere nascosto, prudentemente. Vincenzo Serra pensa 
anche ad un Comitato per Franco, mi sono resa disponibile ma tutto questo, come
ogni fatto apparentemente personale, è anche politico e sociale, pertanto va
fatto  insieme, a partire dalla conoscenza e riconoscenza per chi ha dato,
fino a morirne. Chiediamoci chi raccoglie i pomodori di questi tempi, prima di
vederli appesi
come si usava un tempo, a far bella mostra di sè, per poi degustarli. 
 
Doriana Goracci 
Da Vincenzo Serra 19.8.2009 
 
Un testimone oculare (figlio proprietaria campeggio Marina Piccola del
Comune di San Mauro Cilento) mi ha riferito che tra Francesco e le forze
dell’ordine, all’atto dell’esecuzione dell’ordinanza del sindaco di
Pollica, non c’è stata alcuna colluttazione, anzi gli è stato permesso di
fare la doccia, ha bevuto un caffè e fumato anche una sigaretta. Soltanto in un
primo momento Francesco ha tentato di fuggire buttantosi in acqua (mare). Ma la
sua fuga non poteva sortire alcune effetto perchè era guardato a vista da mare
(guardia costiera) e da terra (parecchi carabinieri e polizia municipale di
Pollica).Mi hanno riferito che a Francesco subito dopo la sua uscita
dall’acqua la d.ssa del reparto psichiatrico di Vallo ha praticato due
punture. Il medico legale della famiglia che ha assistito all’autopsia invece
fa cenno a segni di colluttazione sul corpo di Francesco oltre alle ferite ai
polsi e alle caviglie. Personalmente ho avuto modo di vedere la ferita al polso
sinistro: era alquanto profonda, non era assolutamente un graffio!Tanti gli
interrogativi? In un primo momento si parlava di 4 auto tamponate. Dopo di guida
contromano nell’isola pedonale di Acciaroli (contromano nell’ isola
pedonale?). 
Il sindaco di Pollica sulla base di quale certificato medico emette
l’ordinanza di TSO? Francesco è stato visitato quando guidava contromano? Il
Sindaco di Pollica può fare eseguire le sue ordinanze anche nel comune vicino
di San Mauro Cilento? Quasi contemporaneamente è stato effettuato un altro TSO
o quantomeno un’altra persona di Acciaroli (Attilio, amico di Francesco) è
stato ricoverato presso il reparto psichiatrico di Vallo della Lucania (dove è
morto Francesco). Il 3 agosto si reca presso il reparto di psichiatria di Vallo
della Lucania la nipote di Francesco assieme al suo ragazzo. La ragazza si
intrattiene con lo psichiatra di turno che definisce Francesco un tipo
atipico e sconsiglia la visita parenti al degente (perchè è
legato?). Francesco dopo i fatti giudiziari dell’autunno del 1999 –
condannato a 3 anni di reclusione a Vallo della Lucania ma assolto in appello a
Salerno – subisce due o tre TSO. L’ultimo è stato tre o quattro anni
addietro. In quelle occasioni a Francesco è stato sempre consentito comunicare
telefonicamente con la famiglia. Stavolta solo una telefonata alla mamma quasi
80enne, la mattina del suo ingresso in ospedale e poi il silenzio.Perchè
stavolta non è stato possibile? Per la direzione sanitaria e anche per il
primario si è trattata di una morte improvvisa e senza una causa ben
definita. Per il primario 10 minuti prima stava bene (con le ferite ai
polsi e alle caviglie ed ipersedato ?) anzi Francesco aveva tranquillamente
parlato con un infermiere. Ma con l’edema polmonare la morte è
improvvisa? E’ possibile che nè i medici del reparto e nè il rianimatore
intervenuto non si sono accorti che Francesco è morto per asfissia?
Perchè nella cartella non c’è alcun cenno alla contenzione? A Francesco per
due sere non viene somministrata la terapia perchè dorme (cartella clinica).
Non era sufficiente la contenzione farmacologica? Ci sarà giustizia per
Francesco anche stavolta come a Salerno in appello per i fatti giudiziari con i
carabinieri (anno 1999).Ero presente a Salerno (udienza in appello). L’udienza
è stata introdotta con la relazione da parte di uno dei giudici del collegio
(una donna). Ricordo molto, molto bene: il Presidente della Corte d’Appello
nell’ascoltare la relazione si è messo le mani nei capelli. Il disagio
psichico di Francesco si è evidenziato dopo questi ultimi fatti. Perchè
Francesco ottenga giustizia (e Francesco a Vallo della Lucania non è stato
mai fortunato sino alla fine) e perchè la psichiatria a Vallo della
Lucania diventi umana, formulo a tutte le persone che hanno
manifestato attenzione e sensibilità la proposta di costiture un comitato giustizia
per Francesco. A presto. 
Vincenzo Serra (cognato di Francesco) 
P.S.: allego collegamento a notizia 
Gruppo EveryOne 
 
      http://www.reset-italia.net/2009/08/20/appesi-francesco-mastrogiovanni-da-vincenzo-serra
  
        ringraziamo
i compagni del circolo proletario G.Landonio  di milano per averci inviato
la seguente documentazione raccolta su web
        
 
  
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       P R E M E S S A 
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       Questo numero del Notiziario  (bollettino interno redazione
      Info-U.S.I. n.d.r) scritto in memoria del compagno Francesco
      Mastrogiovanni, morto a 58 anni, legato al letto del reparto psichiatrico
      dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania alle 7.20 di martedì 4
      agosto. Questo è il risultato dell’uso del Trattamento Sanitario
      Obbligatorio (T.S.O.) e dei comportamenti colposi nei reparti
      psichiatrici. 
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       DIFENDERSI DAI FASCISTI 
      NON E’ REATO …… 
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       I più giovani non so, ma quelli della mia età, lo slogan qui
      sopra se lo ricorderanno certamente! Lo abbiamo gridato nelle piazze (e
      con molte gustose varianti) per i primi anni ’70. Riguardava la campagna
      per la liberazione del compagno Giovanni
      Marini, all’epoca impegnato in una contro-inchiesta su uno
      strano incidente stradale che aveva provocato la morte di cinque anarchici
      calabresi, avvenuto il 27 settembre 1970 a pochi chilometri da Roma dove
      si stavano recando per consegnare ad altri compagni i risultati di una
      loro inchiesta sulle stragi fasciste che avevano cominciato ad
      insanguinare l’Italia. Le carte e i documenti non furono mai
      ritrovate. Giovanni doveva accertare se era stato un incidente casuale
      oppure organizzato e per questo aveva ricevuto molte minacce. Era il 7
      luglio del 1972 quando insieme ad altri compagni si difese, dopo essere
      stato provocato in precedenza, da una aggressione fascista nel corso
      della quale perse la vita una dei suoi aggressori il fascista Carlo
      Falvella. La città di Salerno in quelli anni fu teatro di moltissime
      azioni fasciste: incendi, devastazioni di sedi, aggressioni a
      militanti della sinistra, fino ad un assalto alla redazione del quotidiano
      “Il Mattino”. Marini dopo lunga detenzione (condanna a 12 anni di cui
      9 scontati) è morto stroncato da un infarto il 23 dicembre 2001 all’età
      di 59 anni. 
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       INSIEME AD ALTRI COMPAGNI …. 
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       Giovanni Marini, insieme ad altri quattro compagni, fù aggredito
      – dopo essere stato lungamente provocato in precedenza – da alcuni
      fascisti a Salerno. Uno dei quattro compagni si chiamava Francesco
      Mastrogiovanni, fisicamente più attrezzato degli altri (i suoi 190 cm di
      altezza poco si adattavano alla struttura fisica del salentini), si
      frappose fra i fascisti e gli altri compagni meritandosi per questo una
      coltellata in una gamba (il coltello insanguinato fu raccolto da Marini ed
      usato per diendersi. Stavolta cucù per Falvella). 
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       FUNERALE DI UN ANARCHICO CON ESEQUIE A DATA DA
      DESTINARSI 
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       Francesco Mastrogiovanni è morto il 4 agosto presso il reparto
      psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania. Sono stati indagati
      per omicidio colposo tutti i medici del reparto psichiatrico. La sua
      storia è un ulteriore esempio dell’uso ormai indiscriminato e
      discriminatorio del Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.) e dei
      comportamenti colposi nei reparti psichiatrici. 
      Riporto di seguito le uniche notizie che si sono succedute sul
      web da ieri. 
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       Il
      giorno 4 agosto 2009 è morto presso il reparto psichiarico dell”ospedale
      di Vallo della Lucania (provincia di Salerno) Francesco Mastrogiovanni.
      Sono stati indagati per omicidio colposo tutti i medici del reparto
      psichiatrico per omicidio colposo (art. 589 c.p.). Francesco agli inizi
      degli 70 è stato coinvolto nel caso Marini per la morte del fascista
      Falvella. Nel 1999 è stato condannato in primo grado a tre anni di
      reclusione per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (nella
      requisitoria il PM lo ha definito noto anarchico e altro). Ma in secondo
      grado (appello a Salerno) è stato assolto per non aver commesso il fatto.
      A volte anche la giustizia borghese è …giusta! Gli eventi – con le
      forze dell’ordine – di cui è stato vittima lo hanno segnato
      profondamente. Anche in quest’ultima circostanza aveva subito un TSO
      presso un campeggio della costiera cilentana con un ingente spiegamento di
      forze (carabinieri e guardia costiera)….. L’esame autoptico sarà
      effettuato il giorno 12 agosto p.v. mentre i funerali il giorno successivo
      in Castelnuovo Cilento (paese del salernitrano vicino Vallo della Lucania
      e la costiera cilentana)…. Scrive il cognato di Francesco che gli è
      stato vicino nelle sue ultime vicende anche giudiziarie che si sono
      concluse con un’assoluzione dopo una condanna pesante in primo grado.
      Francesco fino alla fine si è professato anarchico. Vogliamo organizzare
      un momento a lui dedicato e perchè non si verifichino più TSO alla
      leggera e comportamenti colposi nei reparti psichiatrici? 
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       AVEVA POLSI E CAVIGLIE LEGATI… 
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    dal
      blog Nutopia 
      
      Francesco Mastrogiovanni è morto legato al letto del reparto
      psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania alle 7.20 di
      martedì 4 agosto. Cinquantotto anni, insegnante elementare originario di
      Castelnuovo Cilento, era, per tutti i suoi alunni, semplicemente “il
      maestro più alto del mondo”. Il suo metro e novanta non passava
      inosservato. Inusuale fra la gente cilentana. Così come erano fuori dal
      comune i suoi comportamenti, «dolci, gentili, premurosi, soprattutto
      verso i bambini» ci racconta la signora Licia, proprietaria del campeggio
      Club Costa Cilento. E’ proprio lì che la mattina del 31 luglio decine
      di carabinieri e vigili urbani, «alcuni in borghese, altri armati fino ai
      denti, hanno circondato la casa in cui alloggiava dall’inizio di luglio
      per le vacanze estive». Uno spiegamento degno dell’arresto di un boss
      della camorra per dar seguito a un’ordinanza di Trattamento Sanitario
      Obbligatorio (competenza, per legge, solo dei vigili urbani) proveniente
      dalla giunta comunale di Pollica Acciaroli. Oscuri i motivi della
      decisione: si dice per disturbo della quiete pubblica. 
      Fonti interne alle forze dell’ordine raccontano di un incidente in cui,
      guidando contromano, alcune sere prima, avrebbe tamponato quattro
      autovetture parcheggiate, «ma nessun agente, né vigile, ha mai
      contestato qualche infrazione e nessuno ha sporto denuncia verso
      l’assicurazione» ci racconta Vincenzo, il cognato di Francesco. Mistero
      fitto, quindi, sui motivi dell’“assedio”, che getta ovviamente nel
      panico Francesco. Scappa dalla finestra e inizia a correre per il
      villaggio turistico, finendo per gettarsi in acqua. Come non bastassero
      carabinieri e vigili urbani «è intervenuta una motovedetta della Guardia
      Costiera che dall’altoparlante avvertiva i bagnanti: “Caccia
      all’uomo in corso”» racconta, ancora incredula, Licia. Per oltre tre
      ore, dalla riva e dall’acqua, le forze dell’ordine cercano di bloccare
      Francesco che, ormai, è fuori controllo. «Inevitabile » commenta suo
      cognato «dopo quanto gli è accaduto dieci anni fa». Il riferimento è a
      due brutti episodi del passato «che hanno distrutto Francesco
      psicologicamente» spiega il professor Giuseppe Galzerano, suo
      concittadino e carissimo amico, come lui anarchico. Il 7 luglio 1972
      Mastrogiovanni rimase coinvolto nella morte di Carlo Falvella,
      vicepresidente del Fronte universitario d’unione nazionale di Salerno:
      Francesco stava passeggiando con due compagni, Giovanni Marini e Gennaro
      Scariati, sul lungomare di Salerno quando furono aggrediti, coltello alla
      mano, da un gruppo di fascisti, tra cui Falvella. Il motivo
      dell’aggressione ce la spiega il professor 
      Galzerano: «Marini stava raccogliendo notizie per far luce
      sull’omicidio di Giovanni, Annalisa, Angelo, Francesco e Luigi, cinque
      anarchici calabresi morti in quello che dicono essere stato un incidente
      stradale nei pressi di Ferentino (Frosinone) dove i ragazzi si stavano
      recando per consegnare i risultati di un’inchiesta condotta sulle stragi
      fasciste del tempo». Carte e documenti provenienti da Reggio Calabria non
      furono mai ritrovati e nell’incidente, avvenuto all’altezza di una
      villa di proprietà di Valerio Borghese, era coinvolto un autotreno
      guidato da un salernitano con simpatie fasciste. Sul lungomare di Salerno,
      però, Giovanni Marini anziché morire, uccise Falvella con lo stesso
      coltello che questi aveva in mano. Francesco Mastrogiovanni fu ferito alla
      gamba. Nel processo che seguì, Francesco venne assolto dall’accusa di
      rissa mentre Marini fu condannato a nove anni. Nel 1999 il secondo trauma.
      Mastrogiovanni venne arrestato «duramente, con ricorso alla forza,
      manganellate, e calci» spiega il cognato Vincenzo, per resistenza a
      pubblico ufficiale. Il motivo? Protestava per una multa. In primo grado
      venne condannato a tre anni di reclusione dal Tribunale di Vallo di
      Lucania «grazie a prove inesistenti e accuse costruite ad arte dai
      carabinieri». In appello, dalla corte di Salerno, pienamente prosciolto.
      Ma le botte prese, i mesi passati ai domiciliari e le angherie subite
      dalle forze dell’ordine lasciano il segno nella testa di Francesco. «Da
      allora viveva in un incubo» racconta Vincenzo fra le lacrime. «Una
      volta, alla vista dei vigili urbani che canalizzavano il traffico per una
      processione, abbandonò l’auto ancora accesa sulla strada e fuggì per
      le campagne. Un’altra volta lo ritrovammo sanguinante per essersi
      nascosto fra i rovi alla vista di una pattuglia della polizia ». Eppure
      da quei fatti Mastrogiovanni si era ripreso alla grande, «tanto da essere
      diventato un ottimo insegnante elementare», sottolinea l’amico
      Galzerano, «come dimostra il fatto che quest’anno avrebbe finalmente
      ottenuto un posto di ruolo, essendo diciottesimo nella graduatoria
      provinciale». Era in cura psichiatrica ma si stava lasciando tutto alle
      spalle. Fino al 31 luglio. Giorno in cui salì «di sua volontà»
      sottolinea Licia del campeggio Club Costa Cilento «su un’ambulanza
      chiamata solo dopo averlo lasciato sdraiato in terra per oltre quaranta
      minuti una volta uscito dall’acqua». Licia non potrà mai dimenticare
      la frase che pronunciò Francesco in quel momento: guardandola, le disse:
      «Se mi portano all’ospedale di Vallo della Lucania, non ne esco vivo».
      E così è stato. Entrò nel pomeriggio di venerdì 31 luglio per il
      Trattamento Sanitario Obbligatorio. Dalle analisi risultò positivo alla
      cannabis. La sera stessa venne legato al letto e rimase così quattro
      giorni. La misura non risulta dalla cartella clinica, ma è stata riferita
      ai parenti da testimoni oculari. E confermata dal medico legale Adamo
      Maiese, che ha riscontrato segni di lacci su polsi e caviglie della salma
      durante l’autopsia. Legato al letto per quattro giorni, quindi. Fino
      alla morte sopravvenuta secondo l’autopsia per edema polmonare. Sulla
      vicenda la procura di Vallo della Lucania ha aperto un’inchiesta e
      iscritto nel registro degli indagati i sette medici del reparto
      psichiatrico campano che hanno avuto in cura Mastrogiovanni. Intanto oggi
      alle 18, nel suo Castelnuovo Cilento, familiari, amici e alunni porgeranno
      l’ultimo saluto al “maestro più alto del mondo”. 
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       MORTE VIOLENTA A PSICHIATRIA.. 
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       Laboratorio
      Diana: Fonte il Mattino 13/08/2009 
      L’insegnante immobilizzato con fili rigidi di plastica o di
      ferro. Sette indagati e l’inchiesta prosegue 
      ELISABETTA MANGANIELLO Vallo della Lucania. 
      Francesco Mastrogiovanni è deceduto per un edema polmonare
      provocato da un’insufficienza ventricolare sinistra. Sul suo corpo sono
      state riscontrate lesioni su polsi e caviglie, segno dell’utilizzo di
      legacci abbastanza spessi, plastica rigida o addirittura filo di ferro.
      Comunque, lesioni derivanti da una forte pressione esercitata con
      strumenti non leciti. Ma ora i medici legali della procura vorranno capire
      anche il motivo scatrenante di un edema polmonare che ha poi determinato
      l’infarto. Sono alcuni dei dati emersi dall’autopsia effettuata ieri
      mattina sul cadavere di Francesco Mastrogiovanni, il maestro di scuola
      elementare di Castelnuovo Cilento sul cui decesso indaga la procura di
      Vallo della Lucania. Mastrogiovanni ricoverato il 31 luglio scorso
      all’ospedale San Luca in seguito ad una crisi di nervi e conseguente
      certificato di trattamento sanitario obbligatorio è morto dopo quattro
      giorni di degenza. La procura della Repubblica ha aperto una indagine,
      diretta dal pm Francesco Rotondo, a carico del primario Michele Di Genio e
      i medici Rocco Barone, Raffaele Basto, Amerigo Mazza, Annunziata
      Buongiovanni, Michele Della Pepa, Anna Angela Ruberto. Ieri l’autopsia e
      la scoperta di profonde lesioni a polsi e caviglie. È soprattutto su
      quest’ultimo aspetto che si incentrano le indagini della Procura di
      Vallo della Lucania. Le lesioni, infatti, starebbero ad indicare
      l’allettamento forzato del paziente e sull’eventuale accanimento dei
      sanitari si incentrano le indagini. Durante l’esame del corpo, disposto
      dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, è stata rilevata in effetti
      la presenza di profonde lesioni ai polsi e alle caviglie, dovute a uno
      stato di contenzione prolungato, con l’utilizzo di mezzi fisici. Una
      pratica estremamente invasiva, che però nella cartella clinica di
      Mastrogiovanni non è mai menzionata né, tanto meno, motivata come
      prevede la legge. È, infatti, ammessa solo in uno stato di necessità e
      deve durare poche ore, fino alla terapia chimica. Mastrogiovanni, invece,
      secondo l’ipotesi choc all’esame degli inquirenti, sarebbe rimasto
      legato al letto per più giorni. Nella sua cartella clinica, inoltre, ci
      sarebbe un “buco” di oltre 10 ore rispetto ai trattamenti a cui il
      maestro è stato sottoposto prima di morire, ovvero dalle ore 21 del 3
      agosto fino alle 7,20 del giorno successivo, quando i medici del reparto
      ne hanno constatato il decesso. Durante l’autopsia sono stati eseguiti
      anche prelievi di tessuti che saranno analizzati in un centro
      specializzato di Napoli. I risultati potranno contribuire a chiarire il
      quadro clinico complessivo. All’esame ha assistito per la procura pure
      uno psichiatra nominato come consulente, per la famiglia i legali Caterina
      Mastrogiovanni e Loreto D’Aiuto oltre al medico legale Francesco
      Lombardo. C’erano, poi, quasi tutti i medici indagati, il loro nutrito
      collegio legale e i loro consulenti, lo psichiatra Michele Lupo e il
      medico legale Giuseppe Consalvo. L’ipotesi di reato, di cui devono
      rispondere i sanitari, è omicidio colposo, salvo che dall’esame della
      cartella clinica e delle video registrazioni sequestrate non emergano
      differenti profili di responsabilità. Ad essere determinanti sono
      soprattutto le riprese girate nella camera di Mastrogiovanni durante il
      trattamento di ritenuta e subito dopo la sua morte, per verificare le
      azioni degli indagati. In ogni caso l’inchiesta sembra destinata ad
      allargarsi all’acquisizione delle cartelle cliniche degli altri pazienti
      sottoposti a trattamenti psichiatrici nell’ospedale San Luca e forse in
      tutta l’ex Asl Salerno 3. I funerali si svolgeranno oggi alle 18,30
      nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Castelnuovo Cilento. 
      «A Vallo no, perchè là mi uccidono» 
      ANTONIO MANZO …E pensare che per quell’uomo, la cui vita
      cambiò in un pomeriggio di luglio trentasette anni, su via Velia a
      Salerno, nei tragici attimi dell’omicidio di Carlo Falvella, ora
      piangono davvero tutti. I suoi alunni di Pollica, la titolare del
      campeggio che lo ha avuto ospite per circa un mese «e senza dare alcun
      fastido, perfino accudendo i bambini di mia sorella», i familiari,
      naturalmente, che chiedono «verità e giustizia» secondo un canovaccio
      apparemtemente rituale ma stavolta tragicamente pesante per tutte le
      coscienze. Perchè sia stato firmato, venerdì 31 luglio scorso, un
      trattamento sanitario obbligatorio per Franco Mastrogiovanni, nessuno lo
      sa. Franco non era un assassino. Fu arrestato nel ’99, processato per
      oltraggio a pubblico ufficiale, mesi in galera, poi assolto e perfino
      risarcito per ingiusta detenzione. Perchè doveva finire in un reparto di
      psichiatria? Dovrà accertarlo uno scrupoloso pm, Francesco Rotondo. Il
      motivo? «La notte precedente – dice Licia Musto Materazzi – avrebbe
      tamponato quattro autovetture». L’auto di Franco è parcheggiata sotto
      la sua abitazione di Castelnuovo Cilento, senza alcun danno. Venerdì
      scorso, intorno alle sette, forze dell’ordine circondano il bungalow del
      campeggio dove Franco sta riposando. Capisce che lo vogliono fermare.
      Scappa sul lido, prende un caffè e fuma una sigaretta. Ma per lui è il
      giorno del destino mortale: a mare vedette della guardia costiera, a terra
      carabinieri e polizia municipale di Pollica. Franco è un uomo braccato,
      c’è uno spiegamento di forze che neppure per un latitante della camorra
      (e nel Cilento di questi tempi ce ne sono) sarebbe stato messo in campo.
      Ma lui «deve» essere trasferito in un reparto psichiatrico. È
      pericoloso. Cosa ha compiuto di tanto irreparabile, sconvolgente? Per lui
      ci sono le aggravanti: «noto anarchico», personaggio «pericoloso
      socialmente, intollerante ai carabinieri», ribelle alla regola. I ragazzi
      di Franco a scuola lo consideravano un maestro. Non un pazzo da legare da
      far morire su un letto di contenzione, mani e piedi legati per quattro
      giorni da fili di ferro, nella disumanità di un reparto-lager di un
      ospedale pubblico che ora nessun consigliere o assessore regionale si
      preoccupa di far mettere sotto inchiesta amministrativa. «Hanno ucciso un
      uomo in un letto di contenzione» dice il pm nel suo atto di accusa.
      Certo, tutto da provare. Non c’è dubbio. Ma Franco è morto, e fatto
      ancor più grave senza conoscere ancora il motivo per il quale sia stato
      trascinato sulla strada della morte. Verso Vallo, dove ora potrà avere
      almeno giustizia.. 
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       OMICIDIO DI STATO …. 
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       Da
      Indymedia Toscana 
       
      “Non mi fate portare a Vallo, là mi uccidono.” Non sappiamo
      se sono state davvero queste (come riporta un giornale) le ultime parole
      pronunciate da Franco Mastrogiovanni, trovato morto il 4 agosto scorso nel
      letto di contenzione dell’Ospedale di Vallo della Lucania (SA), dove era
      stato rinchiuso dopo che era stato firmato un TSO (trattamento sanitario
      obbligatorio) nei suoi confronti. Adesso è stata aperta una inchiesta
      dopo che sul suo corpo sono stati trovati i segni dell’infamia di Stato,
      forse addirittura filo di ferro per legarlo al letto sul quale è stato
      lasciato ad agonizzare per quattro giorni. Franco fu coinvolto nel 1972 a
      Salerno nell’aggressione di un gruppo di fascisti contro alcuni compagni
      nella quale perse la vita Carlo Falvella e dalla quale prese il via il
      “caso Marini” dal nome dell’anarchico accusato di aver accoltellato
      il fascista. Da allora venne etichettato come “noto anarchico” e
      questo lo portò di nuovo in carcere nel 1999 per oltraggio a pubblico
      ufficiale, accusa dalla quale fu assolto, ottenendo persino il
      risarcimento per ingiusta detenzione. 
      Sempre sui giornali si legge che il TSO sarebbe stato chiesto perché
      Franco avrebbe tamponato quattro macchine con la sua (sic!) che però non
      mostrerebbe alcun segno di danni. La sua “cattura” è stata operata
      con un dispiegamento di forze inusuale: carabinieri, polizia municipale,
      addirittura una vedetta della guardia costiera. Doveva essere davvero
      pericoloso… tanto da assassinarlo? 
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