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1)26 /7/43 sparare sui manifestanti
2)28 /7/43 Bari strage antifascisti
3)Giovanni Pesce il comandante partigiano
4)Arrigo Boldrini comandante Bulow
5) Gino Donè il partigiano che conobbe il CHE
6) Più forza all'ANPI e alla resistenza
 
 
 
 
 
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Ylenia
 
 
 

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 28 luglio 1943:STRAGE DI ANTIFASCISTI A BARI

NOTA DELLA REDAZIONE DELL'ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE: riportiamo qui di seguito stralci di quanto si legge sul sito dell'Anpi di Roma alla pagina http://www.romacivica.net/anpiroma/fascismo/fascismo8b.htm

su una pagina dimenticata rimossa per tantissimi anni ed in cui le vittime e i famigliari di esse di questa strage fascista nei giorni in cui il fascismo veniva abbattuto e sostituito dal regime badogliano, non furono mai risarcite , anzi per ironia della sorte furono chiamati a dover rispondere davanti ad i tribunali. Su di essa ricordiamo lo sforzo di inchiesta del dottor Leuzzi e di pochi altri ostinati ricercatori.

Riportiamo anche  in fondo alla pagina il discorso del sindaco di Bari dottor Emiliano che rivolgendosi al presidente della Repubblica ha chiesto per Bari per i suoi atti di eroismo la medaglia d'oro al valor civile

Bari, mattina del 28 luglio 1943: diffusasi la notizia che sarebbero stati liberati i detenuti politici, un gruppo di giovani si muove per andare loro incontro. Strada facendo si forma un corteo di circa duecento persone, tra cui molti studenti, che si ferma davanti alla sede della Federazione fascista, presidiata dall’esercito, per chiedere la rimozione dei simboli del regime. Improvvisamente parte il fuoco contro i manifestanti: alla fine si contano venti morti, trentotto feriti.

«Ma il loro numero non è stato mai definitivamente accertato» ricorda Vito Antonio Leuzzi nell’«Introduzione» a «Memoria di una strage», un libro recentemente pubblicato a Bari dalle Edizioni dal Sud (pp. 168, € 10,00), curato da Giulio Esposito e dallo stesso Leuzzi, dell’Istituto pugliese per la Storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea. Realizzato con il contributo dell’Università di Bari, il testo raccoglie una serie di testimonianze e di documenti che riguardano, direttamente o indirettamente, l’eccidio avvenuto nel capoluogo pugliese. Ancora Leuzzi sottolinea che questa strage rappresenta «il segno palese della politica di violenta restaurazione imposta dalle forze monarchico-badogliane».


 

ALLA CITTA' DI BARI LA MEDAGLIA D'ORO AL VALOR
CIVILE

 
 
 
I
Signor Presidente della Repubblica
Autorità civili e militari, signore e signori,
è grandissimo l’onore che la città di Bari riceve oggi dall’Italia intera attraverso Lei, Presidente Napolitano: questa medaglia d’oro riconosce ufficialmente il ruolo fondamentale e, fatemelo dire, glorioso di Bari nel momento più buio della storia nazionale.
In quel 1943 segnato dalla disfatta della guerra fascista e dal crollo dello Stato, dall’invasione tedesca e dallo scontro di eserciti stranieri sul suolo della patria, in questa città del Sud si susseguirono avvenimenti drammatici e sanguinosi che dettero però il senso, se non il segnale, che l’Italia era pronta a un nuovo Risorgimento, alla lotta per riscattare l’onore della Patria e per conquistare la democrazia.
La strage del 28 luglio che colpì la gioventù antifascista formatasi negli anni della dittatura intorno a Casa Laterza e al magistero di Benedetto Croce; la straordinaria giornata del 9 settembre, vera e propria alba della Resistenza italiana che unì esercito e popolo nella lotta in difesa del porto e di altre installazioni civili e militari; il bombardamento tedesco del 2 dicembre che causò agli alleati la più grave catastrofe navale sul fronte europeo e alla città lutti e devastazioni che la subdola perfidia dell’iprite di tanto in tanto ci rammemora ancor oggi: in poco più di quattro mesi ecco riassunti i grandi nodi di quel tempo, l’empito antifascista, la lotta di Liberazione, la catastrofe della guerra.
Ci sono voluti però più di sessant’anni perché il contributo di Bari a quei grandi capitoli della storia d’Italia fosse riconosciuto e “remunerato” con questa medaglia. Non facciamo colpa di questo ritardo a nessuno più di quanto non ne facciamo a noi stessi: mi è capitato lo scorso settembre a Marzabotto, quando ho avuto l’onore di pronunciare il discorso ufficiale alla cerimonia per il 61° anniversario della strage nazista, di chiedere scusa per il ritardo con cui noi baresi ci recavamo lassù a onorare quei morti e insieme a rivendicare le glorie della nostra storia.
Anche per la disattenzione con cui queste memorie sono state da noi coltivate ha potuto avere  fortuna per anni, nella vulgata della storia nazionale, l’idea che il Mezzogiorno sia stato del tutto assente dalla Resistenza e dalla Guerra di Liberazione, anzi addirittura ostile ad essa, sorta di Vandea neanche monarchica, ma addirittura criptofascista, “palla al piede” di un’Italia desiderosa di democrazia e di giustizia sociale.
E sulla rimozione del grande contributo del Sud alla lotta di Liberazione nazionale si sono operate semplificazioni della storia nazionale, quelle che limitano la Resistenza a fatto di piccoli gruppi e di zone geografiche ristrette del nostro Paese, come quelle che la vogliono estranea a un sentimento nazionale e patriottico.  
Ed è anche su queste rimozioni e semplificazioni che si è fatto avanti un certo revisionismo storico e il tentativo di cancellare ogni distinzione tra fascisti e antifascisti, tra chi combatté al fianco dei tedeschi e chi combatté contro i tedeschi, tra chi si batté per la libertà e la democrazia insieme agli angloamericani e chi faceva la guerra in nome della tirannide nazifascista.
Recuperare, anche in senso geografico, il carattere nazionale e patriottico della Guerra di Liberazione è il miglior antidoto a questi revisionismi, come ci ha insegnato con magistero costante e appassionato il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi.
Ricordare i morti di via Niccolò dell’Arca è onorare Giuseppe Di Vagno, Piero Gobetti, Giovanni Amendola, Giacomo Matteotti, Antonio Gramsci e le  migliaia di vittime della dittatura fascista, ricordare la difesa del porto di Bari e il generale Bellomo (che due anni dopo i comandi militari italiani avrebbero lasciato solo ad affrontare una ingiusta accusa davanti a una corte marziale inglese che lo condannò a morte senza che nessuno le avesse sottoposto l’eroico comportamento di Bellomo quel 9 settembre a Bari) significa tornare con la mente a Cefalonia e all’eroica disperata lotta della Divisione Acqui; ricordare lo spavaldo eroismo di Michele Romito, il quattordicenne di Bari Vecchia che con un preciso lanciò di bombe a mano bloccò un’autocolonna di tedeschi, rende il giusto merito anche agli scugnizzi di Napoli.
Napoli: la sua città, signor Presidente, nella quale, come Lei ha ricordato nelle prime pagine della sua autobiografia politica non fu semplice nei primi anni del dopoguerra la affermazione e perfino la testimonianza dei valori della democrazia e dell’antifascismo, non smarrì però mai il filo comune della memoria delle Quattro Giornate, di un moto di popolo che fu comunque premessa di un futuro diverso. Noi baresi abbiamo avuto bisogno di un lungo tempo per riannodare il filo della nostra memoria.
Questa medaglia allora è insieme un riconoscimento e un ammonimento a non dimenticare mai più. Perché è in quei giorni che stanno le radici, ancora feconde della nostra democrazia e delle nostre istituzioni, la garanzia del nostro futuro di baresi e di italiani.
Michele Emiliano
Sindaco di Bari
14-SETTEMBRE-2006
 

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