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l'annuario dell'archivio  2002 /2

da Genova e l'11 settembre ai    nuovi movimenti

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19 marzo 2002

ucciso dalle Nuove Brigate rosse,  Marco Biagi padre della contestata riforma del mercato del lavoro

dal sito:

http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Biagi

Marco Biagi (Bologna, 24 novembre 1950Bologna, 19 marzo 2002) è stato un giuslavorista italiano, più volte consulente del Governo italiano, assassinato dalle Nuove Brigate Rosse.

 

Il 19 marzo 2002 venne ucciso, a 51 anni, da alcuni militanti delle Nuove Brigate Rosse, in un agguato a Bologna in via Valdonica, sotto casa sua, mentre rientrava verso le ore 20.

La rivendicazione a firma delle Nuove Brigate Rosse, presenta per gli esperti impressionanti analogie con quella del precedente delitto di Massimo D'Antona.[2]

Marco Biagi venne dedicata la riforma del lavoro varata dal Governo Berlusconi bis poco tempo dopo l'attentato (Legge 30/2003 "Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro").

I risultati di questa legge sono stati oggetto di forti dibattiti: da una parte coloro i quali la difendono, sottolineandone l'effetto positivo sul ricambio dell'occupazione, dall'altra chi la contesta ritenendo che essa abbia soltanto aumentato la precarietà dei lavoratori ed il numero di precari (ossia lavoratori senza garanzie e tutele, anche per lavori che invece ne necessiterebbero).

Nel 2005 cinque terroristi brigatisti furono condannati all'ergastolo come responsabili del suo omicidio: Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi e Simone Boccaccini

LA NOTA DELL'ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE

Quella sera di marzo si ripetè l'ennesimo copione che  avevamo conosciuto negli anni  in cui all'impetuoso crescere dei movimenti anticapitalisti e di rottura al consociativismo nel nostro paese, si sovrappose l'alternativa del cosiddetto brigatismo, ovvero  quello di un partito armato clandestino che attraverso la pratica militare fosse la testa di punta dell'anticapitalismo 

Lo sappiamo come finì, negli anni 70 e 80, ovvero la criminalizzazzione dei movimenti, l'annullamento delle restanti "libertà borghesi", le carceri speciali, le leggi speciali, e l'anomalia di un paese che a distanza di trent'anni non riesce a chiudere quella tragica vicenda , mettendo fine all'assurdità dell'esilio per qualche centinaio di cittadini italiani che  a diverso titolo furono coinvolti in quelle vicende , ma il cui ritorno  con un atto di saggezza da parte della Repubblica italiana, e  di chiusura  degli anni di piombo,  potrebbe evitare che altri , come nel caso delle Nuove brigate rosse possano arrogarsi il diritto di essere gli eredi legittimi del movimentismo armato degli anni 70.

La morte di Biagi fu un atto di estrema arroganza da parte di un gruppo di soggetti che attraverso un'analisi meccanicistica riteneva possibile attraverso pratiche da Giustizieri della Notte che si ricostruisse  un movimento anticapitalista in Italia tale da bloccare la profonda ristrutturazione del mercato del lavoro , in cui Biagi ne aveva tracciato alcune linee guida ma  che comunque era inserita in un contesto mondiale di proletarizzazione diffusa, decentramento produttivo, creazione di nuove schiavitù anticipatorie della crisi di questi giorni.

Un assassinio quindi inutile e dannoso anche per i movimenti e il sindacalismo di base che aveva contestato quelle politiche e che si ritrovarono nei giorni della morte di Biagi  come in quelli di D'Antona, accusati di esserne i mandanti.

La morte di Biagi non è servita ad arrestare il dilagare del lavoro nero e della precarizzazione , come l'applicazione delle sue idee nel mercato del lavoro abbiano impedito che  oggi  la crisi economica fa uscire a galla  quanto grazie a quelle leggi  milioni di italiani  che avevano determinato il miracolo italiano di fine secolo, oggi vivano l'incubo della disoccupazione più nera e senza paracadute sociali 

Neanche la morte di Galesi e l'arresto della Lioce e degli appartenenti al suo gruppo potrà ridare la vita a Biagi, ma neanche la vita dei tanti precari morti sul lavoro a centinaia in questi anni  e dei quali non vi sono ricorrenze speciali per ricordarli. Neanche gli ergastoli e  la crudeltà dei carceri di massima sicurezza  inflitti ai " combattenti comunisti" potranno dare la sicurezza allo Stato ed ai padroni che forme di risposta armata individuale e / o collettiva da parte degli strati sociali più sensibili alla crisi , possano replicarsi in forme simili o diverse da quelle in cui è avvenuto l'omicidio Biagi

L'alternativa? questa  va scritta giorno per giorno, nella costruzione di un progetto di società in cui la giustizia sociale e la libertà, il rispetto della dignità umana e quello dell'ambiente ne  siano le basi   e dove gli ideali comunitaristici possano vedere l'applicazione non attraverso la legge dell'imposizione violenta , ma invece attraverso la condivisione e l'accettazione dell'uguaglianza di ogni individuo di questo pianeta.

19 marzo 2009

 

 

 

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