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RESISTENZA AL NAZIFASCISMO /20-21

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Iniziative

 

Benedetto Petrone
 
Genova 2001
 

 

Ylenia
 
 
 

20) Montella 18 settembre 1943 la strage dei fratelli Pascale

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21)  20-29 settembre 1943 : La campagna d’Irpinia della Terza Divisione americana, 

 il contributo dei partigiani di Acerno  

e la liberazione di Montella

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Nota di presentazione dell'autore

Concludiamo con questa ricerca una trilogia di articoli redatti in occasione del 69 anniversario dei fatti del settembre 1943 in terra d’Irpinia.

Una serie che vuol essere di stimolo a quel lavoro di salvataggio della memoria di quei fatti dolorosi ma anche eroici, che le genti irpine vissero in quei terribili giorni di guerra e che sarebbe giusto valorizzare con  risalto in occasione delle celebrazioni che in tutta Italia si svolgeranno il prossimo anno per ricordare il 70° della caduta del fascismo, e l’inizio della guerra di Liberazione  al nazifascismo che portò la  nascita della Repubblica Italiana  in nome dei principi di  democrazia , giustizia ed eguaglianza universale sanciti dalla Costituzione che ancor oggi chiedono quotidianamente di essere rispettati.

Ci auguriamo che questi nostri articoli spingano in particolare i giovani a far sì che si possa costruire una sorta di archivio della memoria perenne nei paesi d’Irpinia ,  che con gli attuali mezzi telematici, il web in particolare, può essere di stimolo alla conoscenza e  alla riscoperta di luoghi, tradizioni, storie e…sogni che da sempre hanno fatto la terra d’Irpinia , un luogo unico.

La memoria condivisa e resa fruibile a tutti è un potente mezzo di valorizzazione e di stimolo anche all’economia locale , come hanno confermato tanti progetti accolti e finanziati con fondi nazionali  ed internazionali in altre regioni.

Ci augureremmo che questo sia possibile anche nei piccoli paesi d’Irpinia , superando localismi e lavorando insieme.

In questo augurio l’Archivio Storico Benedetto Petrone  e il sottoscritto contribuiranno nel loro piccolo .Antonio Camuso 

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 23 settembre 2012

20) Montella 18 settembre1943:il giorno del terrore nazista

La strage dei fratelli Pascale

La battaglia di Salerno, che aveva visto in  alterne  vicende angloamericani e tedeschi contendersi il possesso di una lingua di territorio campano,   nel pomeriggio del 17 settembre, (ottavo giorno dal D-day),  ebbe una svolta da tanti attesa: l’inizio del ripiegamento tedesco.

L’ordine venne direttamente dal generale Kesserling comandante del fronte sud, visto l’impossibilità di respingere gli angloamericani, e fu inoltrato ai comandi delle divisioni corazzate operanti nel teatro di guerra salernitano , compreso quello della 16° divisione panzer  e della 10° Armata di  von Vietinghoff appena nominato da Hitler,  Generaloberst, ed installato a Sant’Angelo dei Lombardi.

La ritirata tedesca non si tramutò in  una fuga disordinata ma seguì direttive precise che volevano:

a)      lo sganciamento delle unità d’elites sopravvissute  all’inferno della battaglia  e dei bombardamenti navali ed aerei angloamericani,

b)       una serie di azioni di retroguardia  tali da ritardare l’avanzata alleata, compresa la distruzione di ponti, strade ferrovie,

c)       far terra bruciata dell’apparato produttivo locale, ( distruzione di officine, impianti idrici e della energia elettrica  ,

d)     dissuasione tramite  efferate azioni di rappresaglia contro civili o militari italiani che manifestassero qualunque forma di ostilità nei confronti delle truppe tedesche da parte di civili e/o militari italiani .

E’ il modus operandi che vedremo ripetersi centinaia di volte lungo lo stivale italiano nei 18 mesi di occupazione nazifascista, con il tragico bilancio di migliaia di civili e partigiani uccisi in quella lunga lista di stragi , riscoperta nei fascicoli custoditi nell’armadio della vergogna del tribunale militare di Roma.

Un modus operandi già collaudato nei territori occupati dal Reich ma che in Italia fu particolarmente odioso poiché applicato contro il popolo di un ex paese amico ed alleato nella politica hitleriana di aggressione contro il mondo intero.

La via crucis  delle stragi naziste in Italia muove i primi passi proprio nel Sud, in Sicilia nei giorni dello sbarco alleato e poi si snoda seguendo il percorso della ritirata tedesca verso il Nord.

Stragi  ed eccidi di militari e civili avvengono subito dopo l’8 settembre, in Calabria, in Puglia, in Basilicata e in Campania .

Sono stragi che, per troppi anni , nella storiografia ufficiale della guerra di Liberazione dal nazifascismo, sono state ritenute “minori” facendo così ritenere il Sud indenne dalle conseguenze dell’occupazione nazifascista e quindi estraneo a quel grande movimento di popolo che fu la Resistenza.

Solo negli ultimi anni questo concetto è stato ribaltato sotto la spinta di studiosi e associazioni partigiane/combattentistiche, dando giusto peso ai moti di ribellione individuali e collettivi del Sud   all’occupazione nazista  e ridando peso a quello che fu il contributo del Meridione alla lotta antifascista.

 In Puglia a Bitetto, paese alle porte di Bari, la mattina del 9 settembre un intero reparto di soldati italiani - che tentava di impedire sorprusi nei confronti della popolazione civile - fu letteralmente trucidato dai nazisti, i quali si accanirono contro il sottotenente De Liguori,finendolo con il calcio dei fucili mitragliatori.

Le stragi e i misfatti nazisti a Castellaneta, Barletta, Murgetta Rossi, nei pressi di Spinazzola, e Valle Cannella(Cerignola), nonché in diverse altre località dell’Alta Murgia, dell’Appenino Dauno e della vicina Basilicata (tra cui Matera e Rionero in Vulture), sono rimaste  in gran parte coperte  da un colpevole silenzio

In Campania i nazisti non furono da meno e nelle ore successive dall’inizio della ritirata da Salerno e dall’Irpinia  il loro atteggiamento contro le popolazioni del luogo divenne particolarmente aggressivo. Ormai , agli occhi dei tedeschi in fuga, gli italiani sono ritenuti compartecipi insieme alle preponderanti forze alleate, della loro sconfitta a Salerno e come tali vengono trattati

La direttiva  Kesserling applicata  in Irpinia e nel Salernitano

Nelle ore successive all’ordine di ritirata tedesca, gli abitanti dei paesi del salernitano e dell’Irpinia occupata assistettero ad un cambio della guardia delle truppe occupanti: i reparti corazzati e d’elites furono sostituiti da soldati  fanatizzati lasciati in funzioni di retroguardia e guastatori , che affidarono le chance di salvezza alla brutalità e al terrore imposto alle popolazioni del luogo affinché lasciassero indenni  le linee di ritirata da ogni forma di sabotaggio.

Gia la sera del 17 settembre 1943 i nazisti,  nella frazione di Corpo di cava arrestano l’arcivescovo di Cava dei Tirreni monsignor Francesco Marchesini e l’abate don Idelfonso Rea avvertendo gli abitanti che  avrebbero fucilato i prelati nel caso di atti ostili contro i teschi in ritirata.

 

18-19  i giorni maledetti per il Salernitano e l’Irpinia.

Il 18 mattina  ad Olevano,  un punto di snodo cruciale dello schieramento tedesco, gli abitanti vedono sfilare via le i carri Tigre e le truppe motorizzate ma, al loro posto giungono truppe di fanteria che iniziano il saccheggio sistematico del paese.

Viene rubata ogni cosa senza riguardo alcuno: un esempio è quando due soldati tedeschi sfondano la porta di Carlo Carucci , e gli ordinano di preparargli il pranzo, poi mentre il poveretto è intento a cucinare,  i due insieme ad altri si spogliano nudi e fanno il bagno nella fontana al centro del paese non curandosi della presenza delle donne. 

Ad Olevano come negli  altri paesi galline,maiali, suppellettili la poca argenteria sopravvissuta a a mesi di fame e borsa nera sono caricati su camion o carretti. Spesso gli animali e gli uomini sono accomunati nella stessa sorte

.Come a Bari , l’8 settembre ,quando, nel porto,  i nazisti che cercano di distruggere le installazioni si accaniscono , uccidendo i cavalli dei carrettieri,nei paesi dell’Irpinia a far una brutta fine sono asini, maiali, galline e cani che cercano di difendere padroni e cose

Così è ad Olevano dove dinanzi alle rimostranze di un povero vecchio contadino ,nella casa di don Gaetano de Sio, due tedeschi sgozzano cinque galline , minacciando  di far fare  a lui la stessa fine.

L’uccisione dei fratelli Pascale

 

A  Montella purtroppo le cose andarono peggio quel maledetto giorno 18 con l’efferato assassinio dei fratelli Pascale dopo che uno di essi aveva cercato di impedire l’uccisione del proprio cane da parte di tedeschi  intenti a saccheggiare le loro cose.

Una strage  che lasciò sconvolti l’intero paese poichè furono in molti  che assistettero alle diverse fasi della brutale esecuzione.

Una sorta di film dell’orrore girato, prima nella casa dei Pascale e poi nella pubblica via , onde  fosse di monito a tutti coloro che volessero impedire   il comportamento criminale dei nazisti .

Una strage avvenuta  a distanza a  pochi giorni da un fatto  dagli aspetti opposti , quale  il consenso tedesco alla distribuzione di olio ed altri  ben alimentari alla affamata popolazione montellese, quando un treno merci carico di vettovagliamenti era stato sorpreso nella stazione di Montella dai bombardamenti alleati sulle linee  di rifornimento che portavano al fronte di Salerno.

Le fasi della strage dei Pascale , raccontate dai testimoni in diverse versioni , hanno aspetti  di una crudeltà che ritroviamo solo nelle più efferate stragi naziste come quella di Marzabotto.  Alla reazione  di Ciro in difesa del cane i tedeschi si accaniscono sparando , colpendo, coi calci del fucile, poi l’impiccagione e all’arrivo dell’altro fratello, fuori di sé che segue la stessa fine .  Dal racconto di testimoni da me intervistati ci fu il tiro al bersaglio sul corpo e poi messi i corpi messi giù ed ancora seviziati a colpi di coltello. Comunque siano andate realmente  queste fasi, il delitto di cui si coprirono i soldati tedeschi fu gravissimo e come tale sarebbe giusto che per lo meno si ricercassero almeno i nomi dei loro assassini, del comandante del reparto che li comandava ,affinché il diritto alla giustizia sia affermato inalienabile  e incancellabile di fonte alla cosiddetta ragion di Stato e alle dure leggi di guerra.

Per molti la reazione dei Pascale fu ritenuta quasi una follia dinanzi ai mitra tedeschi , ma al contrario dobbiamo ritenere il loro come un atto di coraggio, di sfida  a chi voleva calpestare con le armi ed il terrore la dignità , la fierezza di un popolo come quello irpino e montellese. Con quel reagire all’uccisione di un cane , loro, onesti e laboriosi contadini, hanno dato a tutti noi un esempio su quanto la nostra cosiddetta umanità  sia parte integrante di un vivere comune con la terra e gli esseri che popolano, animali compresi ed ogni gesto di aggressione a questo equilibrio  è un gesto contro tutti noi.

Possiamo quindi tranquillamente annoverare tra i resistenti al nazifascismo anche  i fratelli Pascale accanto ad altri montellesi più famosi, come il questore Giovanni  Palatucci o il carabiniere partigiano Filippo Bonavitacola  e come  tale la loro vicenda andrebbe a pieno titolo divenire parte integrante della storia di Montella e posta in giusto risalto.

 

Antonio Camuso

Archivio storico Benedetto Petrone

Brindisi 18 settembre 2012

 

Un parziale elenco delle stragi in Irpinia (fonte Corriere Irpino)

….Ma numerosi altri civili rimasero vittime delle rappresaglie tedesche. A Capriglia i tedeschi fucilarono il 30 settembre in località Masseria il falegname sessantaquattrenne Michele Magliacane. A Castelvetere il 18 settembre gli stessi uccisero presso la sua abitazione Sabato Matteis (n. 6.12.1875); il 28 sett. saltò su una mina tedesca Giuseppina Ferraro (n.12.4.1915), mentre sulla provinciale per Montemarano andava incontro agli americani per avvertirli che i tedeschi avevano lasciato il paese. A S. Mango rimasero vittime dei tedeschi Sabato Coppola (n. 11.4.1874), ucciso il 22 settembre, e Carmine Di Nardo (n. 16.7.1926), ucciso il 28. Ad Ascoli Satriano Giovanni Sollazzo (n. 15.6.1926) diBisaccia fu ucciso per rappresaglia il 26 settembre. A Montella furono trucidati il 18 settembre Ciro Pascale (n.3.1.1915), teleferista, e il fratello Ernesto (1.1.1920), contadino; avevano infatti sorpreso dei tedeschi a rubare in un loro casolare dopo aver ucciso il cane; alle loro rimostranze l'impiccarono al balcone.

A Monteforte si contarono ben 22 vittime civili, deportate dai tedeschi. A S. Martino Valle Caudina vennero uccisi per rappresaglia: Enrico Cardone di anni 15, ferito al torace il 21 settembre e deceduto 5 giorni dopo all'Ospedale di Maddaloni; Giuseppe Morcone, di anni 18, ferito gravemente al petto il 21 settembre; Annunziata De Fabrizio, di Ospedaletto, ma residente nel centro caudino, deceduta il 22 settembre per ferita all'occipite….

 

21) 20-29     settembre 1943 : La campagna d’Irpinia della Terza Divisione americana,  il contributo dei partigiani di Acerno  e la liberazione di Montella

Premessa

La battaglia per la conquista del porto e delle spiagge di Salerno , il 19 settembre era  ormai conclusa con la  consapevolezza degli Alleati che la loro risalita verso l’Italia del Nord non sarebbe sta una amena passeggiata  e che il cammino sarebbe stato duramente contrastato da truppe tedesche decise a contendere ogni palmo di terreno della penisola.

In effetti, sin dalle prime ore dell’inizio del ripiegamento da Salerno,  le truppe tedesche in ritirata  misero in atto tattiche che si sarebbero ripetute successivamente nei 18 mesi successivi: effettuare azioni di retroguardia, utilizzando ogni peculiarità del complesso sistema idrogeologico del territorio italiano,  cercare di far terra bruciata di ciò che lasciavano alle spalle, fare un uso sistematico di mine e demolizioni di ponti ed altre opere di viabilità onde rallentare la marcia di un esercito, quale quello americano fortemente motorizzato ed in difficoltà nell’affrontare le asperità della catena appenninica che si stendeva lungo tutto la penisola.

Così in quegli ultimi giorni di settembre mentre il grosso della Armata tedesca  ripiegava sulla nuova linea di difesa dall’altra sponda del Volturno, gli americani  e gli inglesi si lanciavano al loro inseguimento secondo direttrici parallele, tra le quali  quella che, inerpicandosi sui monti  alle spalle di Salerno, puntava al controllo della strada statale 7 ,l’antica consolare Appia,  la Regina Viarium, per impedirne l’uso in possibili controffensive verso il Sud da parte tedesca e contemporaneamente farne di essa il principale supporto logistico per l’avanzata Alleata.

L’incarico per questa operazione fu dato ad una divisione americana, la Terza (3d Infantry Division) che in addestramento in Sicilia, non era stata coinvolta nella durissima battaglia di Salerno e quindi pienamente efficiente.Un compito che molti mesi dopo la portò all’ingresso trionfale a Roma…

 

Acerno. Un piccolo paese ma di cruciale importanza.

Che altre armate  in epoche lontane abbiano  già percorso quel cammino verso l’Irpinia , lo tramanda la storia locale. L’avanzata sul passo di Acerno e la battaglia della “Rotonda” per il controllo dell’attuale bivio Bagnoli-Montella, fu opera dei normanni di Roberto il Guiscardo, signore di Salerno,  che facendo strage della piccola guarnigione longobarda  si lanciarono alla conquista del ducato longobardo beneventano e successivamente della Puglia.

Chissà se in quei giorni di settembre del 1943 i soldati della la fanteria americani sapevano di ripercorrere le orme  dei biondi uomini del nord , 900 anni prima, ma purtroppo la storia si diverte a ripetersi se pur con qualche piccola variazione.

In quell’inizio di autunno reso caldo dalla guerra, ciò si muoveva alla conquista della via Appia, lungo le gole montuose, era un esercito superorganizzato, dagli scarponi lucenti, cannoni e carri armati che sembravano invincibili ed un supporto logistico che ancor oggi molti eserciti invidiano.Tra essi vi erano anche lontani discendenti dei biondi normanni che un tempo avevano sottomesso l’Inghilterra, ma c’erano anche  i figli o i nipoti di una generazione di emigranti che da un secolo a ondate successiva  aveva lasciato le terre irpine e campane per sbarcare sul suolo americano in cerca di fortuna.

 Quei figli e nipoti di emigranti, portavano in spalla l’M1 o il Thompson, masticando chewingum , ed uno zaino zeppo di caffè,carne  e latte in scatola , sigarette e cioccolate .

Cose delle quali, i loro lontani parenti poveri, rimasti nei paesini di origine, neanche conoscevano l’esistenza., mentre di una cosa erano invece consapevoli e che li terrorizzava:una cosa riportata dagli sfollati dai paesi devastati dalla battaglia di Salerno:

gli americani,gli agognati liberatori, se si fossero trovati in difficoltà a causa di qualche  resistenza  tedesca degna di rilievo, non risarebbero fatti scrupolo di fare  tabula rasa con tutto il potenziale bellico in loro possesso,  di ogni ostacolo, anche a rischio di fare quelli che si chiamano oggi danni collaterali, con vittime tra i civili innocenti  trovatisi in mezzo al tiro incrociato dei duellanti e la distruzione di case, chiese e quant’altro.

Resistenti ad Acerno.

Nei resoconti ufficiali di provenienza del Dipartimento della Difesa americano ( sui quali si basa gran parte del mio scritto) poco o niente si racconta del ruolo che ebbe un nucleo di patrioti locali e di abitanti del luogo, compreso degli ecclesiastici, nella battaglia di Acerno. Di questa vicenda troviamo tracce dalle dichiarazioni, confermate da altri , del capitano dei carabinieri Felice Ricci , a Salerno, dinanzi alla commissione per  il riconoscimento dello status di combattente per la liberazione d’Italia dal Nazifascismo , nel 1947 e riportate dalla ricerca di Ubaldo Baldi  per conto dell’’istituto Galante Oliva e patrocinato dall’ANPI di Salerno , sui salernitani antifascisti e resistenti  “prima che altro silenzio cali sugli occhi”

In essa possiamo leggere che ad Acerno nel settembre 1943, in località  «Grotta del bosco di S. Lorenzo» a 7 km circa dall’abitato cittadino, si costituì un nucleo di civili e militari sbandati agli ordini dell’ex Comandante  della locale stazione dei Carabinieri Felice Ricci da Giffoni Valle Piana. Il Ricci condannato a morte dai tedeschi per insubordinazione dopo l’8 settembre, si era dato alla macchia raccogliendo intorno a sé questo  gruppo di sbandati e civili.

Questa banda si mosse nella zona in attività prevalente di controllo dei movimenti delle truppe tedesche e riuscendo così a fornire informazioni al Comando della 5° Armata Alleata. In questo contesto possiamo supporre l’appoggio come guide ed informatori della “Banda del capitano Ricci” agli uomini della Terza divisione avanzanti su Acerno.Tra gli altri fatti riportati dal Ricci c’è il salvataggio di un gruppo di 16 soldati ed un ufficiale dell’esercito italiano sbandati  che avevano trovato rifugio in località (Pesca dell’Acqua)la liberazione ,  e che la notte del 23 settembre ( ma qui c’è qualche dubbio sulla data effettiva ), erano stati catturati dai tedeschi della divisione Goering e stavano per essere fucilati. L’intervento in armi  dei patrioti comandati da Ricci permise  la loro liberazione e la fuga dei nazisti. In questo contesto importante fu il ruolo di un prete di Acerno che prontamente aveva avvisato i resistenti di Acerno. E ‘ sempre dai documenti di archivio della Commissione che si evince come questo gruppo partecipò combattendo al fianco delle truppe americane nella liberazione di Acerno.

 

 Il cammino verso Acerno  e Montella alla conquista di  Avellino

A mezzanotte del 19 settembre a poche ore  dallo sbarco sulle spiagge alla foce del Sele, delle prime unità della Terza divisione di Fanteria americana , alcuni elementi di una pattuglia di ricognizione del 30 Rgt  appartenente a quella divisione, al comando del capitano Richard M. Savaresy attraversavano  le rovine di Battipaglia incamminandosi verso  Nord, lungo la strada che inerpicandosi perle  le gole dell’Appennino portava verso Acerno.

Tre ore più tardi alla biforcazione che conduce a Montecorvino Rovella a sinistra, e a Acerno a destra, il reparto americano ebbe un primo scontro a fuoco vincente con un piccolo distaccamento  di fanteria tedesco lasciato in retroguardia. Per i soldati USA, della 3 divisione fu il primo combattimento sul suolo italiano, ma anche il segnale che i tedeschi non erano in fuga precipitosa bensì intenzionati a ritardare in tutti i modi l’avanzata americana

In un  il primo serio ostacolo, a due miglia a sudest di Acerno, lo si trovò in corrispondenza di un ponte sovrastante uno stretto canyon che porta l’Isca della Serra a innestarsi sul Tusciano, dove i soldati americani scorsero su l’altro lato  della collina un reparto di mitraglieri e tiratori scelti tedeschi del 1 battaglione del 9  reggimento panzer grenadier, una unità scelta e fanatizzata, che  li aspettava al varco, in una posizione imprendibile.

Era chiaro che il nemico voleva difendere a tutti i costi Acerno e la strada che portava all’AltaIrpinia .

Il capitano Savaresy lasciato un gruppo di uomini in osservazione, ritornò indietro con la jeep al Quartier Generale per riferire  su ciò che li aspettava nel caso fosse giunto l’ordine di muoversi.

 

La battaglia di Acerno

 

Alle 7,30 del 20 settembre  la 3 divisione ricevette gli ordini di combattimento dal comando della Va armata e gli obbiettivi assegnati: Puntare sulla strada che passando da Acerno conduceva a Montella   nella piana del Calore e da lì spingersi sempre più a Nord verso Avellino.

Alle 11 venne dato l’ordine di avanzata 30°reggimento di Fanteria (30th Infantry)  comandato da Col. Arthur H. Rogers,  a cui si aggiungevano compagnie di trasmissioni, del genio, corazzate dotate di carri armati leggeri ed addirittura attrezzate per la guerra chimica. Migliaia di uomini con a seguito centinaia di mezzi , segno evidente della enorme superiorità militare americana dispiegata sul campo contro la quale le armate tedesche non avevano possibilità di vittoria finale

Il terzo battaglione del 30 reggimento comandato dal Lt. Col. Edgar C. Doleman, fu il primo a lasciare Battipaglia, seguito dal secondo battaglione, comandato dal . Col. Lyle W. Bernard,mentre il 1° Battaglione si posizionava sul fianco destro della colonna comandato dal Maj. Oliver W. Kinney.

Erano circa tremila uomini dotati di un fortissimo armamento a cui, dall’altro lato si contrapponevano poche centinaia di soldati tedeschi, a cui era stato intimato di render dura l’avanzata americana, a costo di dare la vita per la Germania e per il Furher

 L’avanzata  del Reggimento sino ad Acerno fu contrastata da poche schermaglie, poi il reggimento si fermò per la notte con il 3 battaglione occupante la posizione più a nord in un  avvallamento ad ovest del Tusciano . Marcia che riprese alle luci dell’alba  del 21 settembre, giusto prima che l’artiglieria tedesca incominciasse a colpire l’area del bivacco americano

Il  General Truscott aveva dato ordini perentori: avanzare su Acerno a tutti i costi!.                       Sul campo le cose erano differenti e ai soldati ed ufficiali americani sul campo non c’era tanta voglia di rimetterci le penne in uno stupido attacco frontale e lo spirito pratico americano fece sì che in quell’occasione si facesse di Acerno, un episodio bellico da cui fu tratta una lezione di tattica militare, poi applicata tante altre volte nella campagna d’Italia  dalla terza divisione e delle altre unità statunitensi

Acerno : una lezione di tattica militare vincente.                                                                                                     La compagnia I, comandata dal  del sottotenente Robert M . Boddy appena incamminatasi per la strada di Acerno  sottoposta al fuoco dell’artiglieria tedesca (posizionata a a nord del villaggio) e quello dei tiratori del caposaldo tedesco posizionato sulla curva del ponte distrutto, prese una strada parallela a quella della compagnia L che si stava inerpicando lungo il costone  montuoso ad ovest della strada.

 Una sorta di aggiramento dell’ostacolo utilizzando il riparo naturale dei boschi e dei rilievi, una manovra tattica che inseguito fu ripetuta molte volte quando lungo la penisola ci si trovò a scontrarsi con i tedeschi arroccati in posizioni imprendibili.

Così mentre la compagnia L comandata dal sottotenente  Maurice L. Brit alle 18.00 del 21 settembre 43 , si attestava sulla cresta sud della collina 687 a nord del ponte onde cercare di tagliare la ritirata ai tedeschi,  altri americani facevano una manovra aggirante dall’altro lato ,quello sud della posizione fortificata tedesca. Era la compagnia F comandata dal  Capt. Burleigh T. Packwood che inerpicandosi per le gole del Tusciano partecipava a questa manovra a tenaglia. Al mattino del 22 settembre le posizioni americane si erano consolidate con l’intero 3 battaglione insediato su quota 687,la compagnia F in una posizione dominante ad est sul Tsusciano,un plotone della Compagnia C piazzato sulla collina 606 vicino alla strada principale a nord di Acerno.           Diertro di loro l’artiglieria divisionale, la il maglio della Terza divisione era a nord di Olevano  mentre il resto della divisione  era a poca distanza di Montecorvino Rovella .

L’attacco ad Acerno iniziò alle 0800 del 22 settembre con il il terzo battaglione (3d Battalion, comandato dal  Lt. Col. John A. Heintges) che  procedette ad est in direzione di Acerno mentre il secondo sul fianco sinistro provvedeva verso la strada nord del paese per completare l’accerchiamento

Il 3° battaglione incontrò una dura opposizione in un oliveto infestato dai tiri di  mitragliatrici leggere e pesanti posizionate allo spigolo estremo del paese e  l’avanzata del battaglione al limitare dei boschi fu possibile per qualche centinaio di metri  solo  dopo feroci combattimenti corpo a corpo con lanci di bombe a mano ed assalti alla baionetta, ma ben presto si dovette arrestare a causa del tiro di una batteria anticarro da 75 mm posizionata dietro una chiesa.

I tedeschi,ormai vistisi in inferiorità numerica , coperti dall’opera di questi artiglieri e ad un fitto fuoco di mortai,  iniziarono la ritirata della maggioranza degli uomini attestati ad Acerno senza che gli americani potessero fermarli,  anzi,  permettendosi anche, con i reparti lasciati in retroguardia, di lanciarsi in pericolosi contrattacchi .(Una tattica che le unità scelte tedesche, in altre situazioni simili,  replicarono più volte nella lunga campagna d’Italia.

IL RUOLO DELL'ARTIGLIERIA

NELLA DISTRUZIONE DI ACERNO

 Di fronte alla situazione di stallo e riluttanti nell’accettare altre perdite , gli americani decisero di far entrare in campo l’artiglieria pesante, il maglio d’acciaio che in tutta la campagna d’Italia, insieme all’aviazione ha spianato il cammino della Va Armata. Un’opera che purtroppo portò alla distruzione di città, paesi e villaggi dalla storia millennaria

Nella fase iniziale dell’attacco americano trai boschi,a ridosso del paese, l’intervento dell’artiglieria con i calibri a lunga distanza era stato quello di colpire solo le postazioni  di colpire solo le postazioni dei mortai ed il traffico dei tedeschi in ritirata verso Montella  cercando di salvaguardare il paese. Su questo primo tentativo di salvare il paese , il ruolo del gruppo armato di resistenti comandato dal capitano Ricci,che faceva da supporto e guida alle pattuglie americane in avanscoperta su Acerno, non sappiamo, anche se andrebbe investigato ma certo è che tutto volevano i patrioti,  salvo che vedersi il paese distrutto sotto le bombe degli agognati liberatori.

 Purtroppo  al comando divisionale la sorte di quel paese poco importava di fronte al rischio di fare una brutta figura, al quartier generale della V armata.                                                              “-Avanzare a tutti i costi su Avellino!”-Fu ripetuto, pianificando nel pomeriggiointorno alle 13.00 di quel maledetto 22 settembre 43, un contrattacco americano dopo che l’artiglieria avesse spianato il paese.

Dalle12,52 alle 1325, in mezz’ora dai grossi calibri del  10th, 39th and 41st Field Artillery Battalions, comandati rispettivamente dai Lt. Cols. Kermit L. Davis, John D. Byrne and James R. Wendt, furono sparati sulle case e le chiese di Acerno ben 1016 colpi di artiglieria,   una concentrazione spropositata  ed inutile se si fosse proseguita l’opera di accerchiamento dei tedeschi che li avrebbe costretti, dopo qualche ora, ad abbandonare le posizioni .

Alle1700 ad Acerno nel silenzio mortale che si era sostituito al fragore delle bombe, i soldati americani  rastrellavano il paese facendo un magro  bottino di guerra : una trentina di soldati tedeschi, intontiti, inebetiti e resi quasi sordi dall’inferno di piombo piovutogli addosso .    Ad aumentare il disappunto degli americani fu quello che, aver demolito Acerno non aveva accelerato di un minuto l’avanzata verso Montella ed Avellino, poiché i guastatori tedeschi avevano fatto saltare in una manciata di di chilometri che li separavano dal paese irpino almeno  5 ponti ed addirittura in corrispondenza di uno di questi, anche un centinaio di metri di strada ed il relativo costone sottostante.

Fu solo grazie all’enorme disponibilità di mezzi del Genio americano che fu possibile nel giro di due giorni, sotto una pioggia battente,  riuscire a posare dei ponti in ferro e legno capaci di sostenere pesi di 18 tonnellate e quindi far avanzare non solo le truppe appiedate, e i mezzi leggeri ma anche i cannoni dell’artiglieria divisionale che sarebbero stati indispensabili per poter mettere a tacere ulteriori capisaldi tedeschi arroccati tra le case dei paesi che si sarebbero incontrati a cominciare da Montella

 Il mulo questo oscuro eroe.                                                                                                            L’eroe  sconosciuto di molte battaglie condotte lungo la dorsale appenninica nella campagna d’Italia fu il mulo, l’unico mezzo di trasporto capace di inerpicarsi per gole,tratturi ,pendii scoscesi trasportando mortai, casse di munizioni,mitragliatrici e di questo esemplare animale molte decine erano a disposizione della Terza divisione , dopo che ne aveva requisito un gran numero in Sicilia.

La battaglia della Rotonda si ripete                                                                                                                         La storia sappiamo che si diverte  a ripetersi e quando lo fa è spesso  spietata...                                    

A concedere un giorno di riposo agli uomini del 3 Battaglione americano, provati dalla battaglia di Acerno , fu il 1 battaglione del 7 reggimento di fanteria giunto nella notte  dalle retrovie ,  il 23 settembre che, dandogli il cambialo sorpassò  avanzando in direzione di Montella. ( Non sappiamo se tra essi vi fossero ancora uomini del capitano Ricci,poiché in altri documenti lo stesso giorno risultano essere protagonisti di uno splendido episodio , quello del salvataggio dalla fucilazione di  una quindicina di soldati italiani sbandati da  parte di  tedeschi della Herman Goering . Altre testimoniaze locali parlano anche della presenza di montellesi o abitanti di Bagnoli che volevano facilitare l’ingresso degli americani nei rispettivi paesi prima che i tedeschi vi si arroccassero con relative conseguenze di interventi distruttivi da parte  dell’artiglieria americana. Su questo andrebbe condotta un’opera di ricerca di qualche , speriamo,giovane , studioso del luogo.

Sicuro è che  il 23 settembre quando il 1battaglione del 7 reggimento  raggiunse la località Croci di Acerno, si trovò  sostituire i normanni ,praticamente sullo stesso luogo dove la guarnigione longobarda 900 anni prima si era sacrificata  inutilmente per cercare di arrestare l’avanzata della macchina da guerra di Roberto il Guiscardo.                                                                                       A Croci nella  posizione sopraelevata  e lungo il costone,  che teneva sotto controllo il bivio Montella-Bagnoli, in quel settembre del 43 , un  altro gruppo di “kamikaze” tedeschi si era posizionato con dei nidi di mitragliatrice e mortai  per ritardare con il proprio sacrificio il dilagare nella valle del Calore, dell’esercito americano.                                                                                   L’esito della battaglia era scontato ma il comandante del battaglione americano Lt. Col. Frank M. Izenour, dopo un primo scontro, non volendo rischiare ulteriori vite americane, preferì richiedere ancora una volta l’intervento dell’artiglieria divisionale alle 15,30 del pomeriggio del 23 settembre . Nonostante ciò occorsero tre ore prima che ogni residua resistenza tedesca fosse messa a tacere. Ormai vi era più nessun altro ostacolo verso il cammino su Montella e Bagnoli.

La liberazione di  Montella .                                        

                                                                             Il  24 settembre  è un giorno di grande confusione a Montella,  l’attività delle truppe tedesche in paese non fa presagire nulla di buono, alcuni ponti vengono minati, e si cerca in tutti i modi di convincere i tedeschi che è meglio che abbandonino il paese prima di rimanere intrappolati e far la fine, i tedeschi  dei difensori di Croci,ma gli abitanti e  le case di Montella , quella di Salerno prima e di Acerno poi.

In effetti il 24 pomeriggio dopo una marcia tra boschi e strade minate ad entrare in paese nel pomeriggio  sono i soldati del 1 Battaglione del 7 rgt di fanteria americana che, dopo aver assaltato la postazione di mitragliatrici tedesca piazzata sul Monte Soveto, a ridosso del santuario del Santissimo Salvatore  ed averne consolidata la posizione durante la notte, raggiungono con delle pattuglie al calare della sera anche Bagnoli, nonostante altre demolizioni viarie condotte dai tedeschi in ritirata.

E’ sempre quella sera del 24 che avviene l’incontro tra un gruppo di paracadutisti americani del 509th RGT che qualche settimana prima erano stati protagonisti di uno sfortunato lancio nelle retrovie tedesche  e che li aveva dispersi tra le località irpine compresa quella di Montella e che avevano vissuto alla macchia tra  imboscate tedesche e abitanti del luogo che avevano cercato di aiutarli.( Nei resoconti americani di questo incontro non c’è traccia se esso sia stato facilitato dall’aiuto di locali, ma molte testimonianza di montellesi lo confermano.) I paracadutisti in quell’occasione misero al corrente gli uomini della Terza divisione che i tedeschi in ritirata stavano effettuando demolizioni sistematiche e che quindi altri ponti e altre strade sarebbero dovute  esser riparate affinchè i carri armati americani potessero avanzare.

Ultimi fuochi in Irpinia

Nei giorni seguenti, piccoli scontri con i teschi si verificarono  man  mano che  gli americani procedevano verso nord in direzione della statale 7: ce ne furono a Nusco, a Salza Irpina,ma il principale contatto con il nemico in lenta ritirata fu tenuto dal 17th reggimento di fanteria nella valle del Sabato, dopo che aveva valicato le montagne a nord di Corticello.

 Il 7 fanteria invece, proseguendo lungo i monti a nord di Montella prendeva possesso della pianura di Volturara dopo un altro scontro con nidi di mitragliatrici tedesche posizionate in quella località .

Il 27 settembre i reparti del 30 reggimento, quelli che avevano preso Acerno, entravano a Montemarano e simbolicamente rivendicavano di aver raggiunto l’obbiettivo principale: il controllo della via Appia, la statale 7.

La strada per Avellino ormai era spianata e il 29 settembre la città, accerchiata da tutte le parti, veniva liberata dai tedeschi con la popolazione stremata da bombardamenti , fame che tirava un sospiro di sollievo.

L’alta Irpinia era così ufficialmente liberata! Per la Terza divisione e per gli strateghi militari del QG della V armata le lezioni di Acerno ,  delle brillanti manovre di a accerchiamento  e l’uso dell’artiglieria campale che avevano portato a questo risultato furono acquisite, studiate e divenute argomento  di manuali di tattica militare.

 

 Antonio Camuso

Archivio storico Benedetto Petrone

Brindisi 18 settembre 2012

riferimenti:

A

vedi anche dello stesso autore

 

14 settembre 1943, Paracadutisti americani su Montella:

ovvero

Una pagina di storia  e di umanità in un piccolo paese coinvolto nell’operazione Avalanche- lo sbarco a Salerno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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