OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI

 ritorna ad  HOME PAGE osservatorio

 CHI SIAMO  NEWS  Mail  INCHIESTE/ARTICOLI  ARCHIVIO
 URANIO U 238   PUGLIA MILITARIZZATA  IL FUTURO MILITARIZZATO MIGRANTI E FFAA MILITARIA RECENSIONI

OPEN AREA Pugliantagonistainforma

Archivio storico   Benedetto Petrone

Pugliantagonista homepage
categorie

Migranti e Forze Armate/16

Pagine

correlate

Armi

armamenti

NLW  armi non letali /


Controllo di massa


Forze Armate

Italia

Mondo


Guerre

Afghanistan

  Balcani

 Iraq

Kosovo

Mondo


Movimenti

no-global

no-war

no-nuke

no-racisme


Servizi segreti


Stragi


Storia

II Guerra mondiale

 

 

Guerra fredda


 

 

 

 LECCE  29 GIUGNO 2011SENTENZA DI APPELLO  

KATER I RADES 

COMUNICATO STAMPA

 

Kater I Rades: amara sentenza per una strage di Stato

 

Lecce , Corte di Appello, 29 giugno 2011 ore 02,00 del mattino: 13 ore di camera di consiglio e 14 anni di attesa per una sentenza amara per tutti coloro che speravano di avere  giustizia di una strage assurda come quella del 28 marzo del 1997 nel canale d’Otranto.

Tre anni al pilota albanese  della nave Xhaferi e due anni al comandante Laudadio della corvetta Sibilla, condannati per omicidio colposo,  reato derubricato per lesioni colpose, un pugno di euro come risarcimento per le parti civili.

Una sentenza per la quale nessuno pagherà con il carcere o misure alternative,  ma che “fortunatamente” non accoglie quanto addirittura era stato richiesto in dibattimento dalla Pubblica accusa, ovvero che di fatto Marina Militare e Stato Italiano andassero totalmente assolti,  poiché “incolpevoli dello speronamento della nave albanese” nel corso di un’operazione di respingimento di profughi in acque internazionali  e che di fatto criminalizzava la volontà degli albanesi  di fuggire dalla  Valona in piena guerra civile, a bordo di quella piccola imbarcazione.

Una sentenza che è in linea con quanto scrivemmo come associazioni antirazziste brindisine a poche ore dall’affondamento di quella nave , ovvero che a pagare, se pur lievemente, sarebbero stati solo gli ultimi di una lunga catena di responsabilità,  e  che conferma come noi, i superstiti del naufragio e alcuni avvocati, in quel lontano 97, avessimo ragione sull’indicare in un Tribunale Internazionale il solo soggetto a cui rivolgerci per la violazione di diritti e trattati internazionali avvenuta in quelle poche miglia che dividono l’Albania dalla costa pugliese d’Italia.

Spariti dai processi di primo grado i ministri dell’allora governo Prodi  e gli ammiragli competenti che avevano dato ordine alle due navi italiane , la Zefiro e la Sibilla, di intercettare e respingere le carrette del mare albanesi; nel frattempo rese introvabili, distrutte, lacunose e  tali da non essere utilizzabili come prova cardine di quelle responsabilità, le comunicazioni, radio, telefoniche, dispacci diplomatici, ecc.

Dall’altro lato, lo Stato albanese fragilmente costretto a dipendere dagli aiuti esterni e in primis dall’Italia è rimasto di fatto in disparte, forse non volendo inimicarsi la classe politica del nostro paese , non  ha mai spinto affinché  fosse intrapreso  il percorso di un giudizio internazionale e  da esso oggi,  nel contesto attuale, in cui si chiede che il paese dell’Aquile entri a far parte dell’area Euro,  è impensabile che ci si aspetti uno scatto di orgoglio nazionale.

Insomma un iter che ci ricorda le tante stragi di Stato, da Piazza fontana, a Bologna, Brescia, Ustica, che insanguinarono  gli anni della nostra generazione .

Un processo che nonostante tutti i “sabotaggi” informativi della prima ora è riuscito ad andare avanti solo all’ostinazione di noi antirazzisti brindisini e pugliesi e dei superstiti e dei familiari delle vittime, che fecero divenire un caso politico la richiesta di recupero della Kater i Rades, affichè le versioni di Stato sull’accaduto fossero smentite attraverso l’analisi dello scafo e il recupero dei corpi.

Oggi, quella  che fu una bara per un centinaio di donne e bambini albanesi, giace arrugginita in un’area dismessa della Marina e solo grazie alle proteste degli antirazzisti e degli avvocati delle parti civili, essa non è stata rottamata ma, se  non si  provvederà a fermare l’incuria degli uomini e il passare del tempo, di quella tragedia non rimarrà traccia.

Forse l’unico risarcimento alle vittime sarebbe quello di restaurare quella bara collettiva e riportarla a Valona per farne un monumento a tutte le tragedie del mare , ma anche monito a tutti coloro che con linguaggi xenofobi e razzisti ad ogni emergenza da flussi migratori invocano misure folli e criminali come il respingimento in mare dei profughi e misure segregazioniste antimmigrati

Noi  antirazzisti pugliesi continueremo a chiedere giustizia  per le vittime della Karer come quelle di tutte le tragedie dell’immigrazione e saremo sempre al fianco dei migranti, come ieri 28 marzo  quando abbiamo manifestato insieme ai familiari albanesi dinanzi al Tribunale di Lecce.( vedi http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/kater_appello.htm)

 

Oggi il nostro cuore è ancora di più vicino al loro, vicino ai genitori  e ai familiari di Basha Zhylien 3 anni, Demiri Lindita 12 anni, Greco Kristi 3 mesi, Xhavara Credenza  6 mesi ,  Sula Kedion 2 anni, Bestrova Dritero 10 anni e Kostantin 2 anni, Xhavara Gerald  5 anni  Xhavara Kamela 10 anni e… tante altre anime di angeli gettati in un abisso del canale d’Otranto, in un giorno in cui il nostro paese fu colpito dalla follia razzista antialbanese

 

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

osservatoriobrindisi@libero.it

Bobo Aprile

Osservatorio permanente Italia-Albania

boboaprile@tiscali.it

 

Brindisi 29 giugno 2011

 

 

LECCE 28 GIUGNO 2011 PRESIDIO ANTIRAZZISTA DINANZI AL TRIBUNALE DI LECCE, IN ATTESA DELLA SENTENZA DI APPELLO

Le prime foto

(ci scusiamo per la mancanza delle foto dell'interno dell'aula del tribunale poichè con una motivazione burocratica "non è stata depositata richiesta di autorizzazione" ci è stato impedito di effettuare  )

IL REPORT

Report su presidio antirazzista  dinanzi al tribunale di Lecce, in attesa della sentenza di apppello sulla strage del Canale d’Otranto del 97

 

Questa mattina si è tenuto un  presidio antirazzista  dinanzi all’ingresso del tribunale di Lecce  che ha visto la presenza di esponenti delle associazioni antirazziste salentine ed in particolare delle province di Lecce e di Brindisi ( Osservatorio sui Balcani di Brindisi, Osservatorio Permanente Italia-Albania, gruppo NO_CIE di Mesagne, Comitato internazionalista Dino Frisullo, Antirazzisti salentini, ecc)  che hanno testimoniato la loro solidarietà ai familiari delle vittime e i superstiti della strage del Venerdì santo del 1997,  quando la nave militare italiana Sibilla impegnata in un’operazione di respingimento in mare speronò,  affondando una piccola motosilurante albanese stracolma di profughi.

Una strage di un centinaio di donne e bambini della quale sino ad oggi, 14 anni dopo, si era  avuto il solo giudizio di primo grado, quello emesso dal tribunale di Brindisi che condannava “salomonicamente” a miti condanne (4 e tre anni)  il pilota albanese e il comandante italiano, mentre  i ministri dell’allora governo Prodi , e gli ammiragli in carica allo Stato Maggiore Marina e al dipartimento di competenza dello Jonio -Taranto, erano scomparsi durante le fasi processuali  dal banco degli imputati,  come si conviene a ogni Strage di Stato che si rispetti in Italia.

Questa mattina il manipolo di superstiti e familiari delle vittime, che ostinatamente in questi anni ha continuato a presiedere ogni udienza , prima a Brindisi e poi a Lecce, ha partecipato con gli antirazzisti salentini al presidio di protesta, in un reciproco  e toccante infondersi fiducia e coraggio nella volontà di perseguire sino in fondo l’ottenimento della giustizia.

Dalle 11.30 la camera di Consiglio della corte di Appello di Lecce è riunita per emettere la sentenza che potrebbe dire definitivamente  la parola fine all’iter giudiziario italiano,  ma qualunque essa  sia non potrà mai restituire alla vita tante vite personali e famigliari spezzate.

“-Vogliamo un tribunale Internazionale!”- scrivevano sui loro striscioni di protesta i superstiti albanesi nel lontano 1997 quando chiedevano il recupero della Kater I rades per permettere che i corpi deoi loro cari avessero una degna sepoltura, ma anche perché sapevano che dall’esame dello scafo sarebbero scaturiti quei segni, quelle prove che avrebbero inchiodato esecutori e mandanti di quella strage alle loro responsabilità.

In effetti il numero dei corpi e i danni riscontrati confermavano quanto dichiarato sin dal primo momento dagli albanesi e negato da ministri  dell’allora governo Prodi ed ammiragli:

-Vi era stata un operazione di respingimento, un vero abbordaggio che secondo trattati internazionali viola il diritto alla sicurezza marittima e quello del diritto di un profugo di fuggire dal suo paese in guerra civile e di essere accolto a braccia aperte da paese che si considerano civili.-

Questo era anche un convincimento del compianto avvocato Giuseppe Baffa di Cosenza, morto in un incidente stradale nel 2000 mentre andava al tribunale di brindisi per patrocinare la causa degli albanesi

Purtroppo il non aver potuto e voluto perseguire la richiesta di un giudizio per violazione di diritti e trattati internazionali  ( anche per la debolezza dei vari governi albanesi che sino susseguiti da allora, dipendenti dagli aiuti internazionali controllati dall’Italia e che non ha visto lo Stato Albanese chiedere un giudizio internazionale contro l’Italia) ha permesso che i mandanti di quella strage non siano mai apparsi sul banco degli imputati e anzi,  coloro che in quel lontano marzo 97, ( e tra questi i leghisti)  auspicavano addirittura che si prendessero gli albanesi a cannonate, oggi sono al governo e chiedono ancora una volta che altre operazioni criminali di respingimento siano effettuate contro coloro che fuggono dal Sud-Mediterraneo in fiamme tra rivolte e guerre civili.

Per questo motivo oggi si manifestava dinanzi al Tribunale di Lecce,   come anche per dire che le strutture carcerarie per migranti come i CIE vanno chiusi, aboliti le misure segregazioniste come quelle dei 18 mesi, ma per indicare come mandanti di stragi passate e future come quella della Kater i Rades sono coloro che per fini elettorali attuano politiche xenofobe e antiimmigrati.

 Ma oggi la solidarietà di coloro che erano dinanzi al tribunale di Lecce andava anche  agli uomini e alle donne che resistono in Val di Susa all’imposizione manu militari di politiche aggressive e devastanti del proprio territorio e che hanno visto il brutale intervento poliziesco contro il presidio NO-TAV, e poi solidarietà a tutti coloro sono colpiti dalla repressione di un sistema , quello capitalista  dell’era della globalizzazione che non vuole ostacoli alle sue politiche predatorie e disumane, solidarietà al popolo greco che in queste ore manifestava contro l’ennesima manovra imposta dai banchieri internazionali , ma anche ai popoli del mondo arabo che in questi mesi lottano per la democrazia , ai palestinesi, ai curdi e  tutti coloro che vedono negato il diritto all’autodeterminazione.

Umana solidarietà quella che oggi ha unito uomini e donne di due regioni bagnate dallo stesso Canale d’Otranto, la Puglia e l’Albania, unite da sempre da destini comuni e che ha voluto lanciare a tutti l’invito a non chiudere il cuore e la porta di casa a chi chiede solo il rispetto della dignità umana.

 

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

osservatoriobrindisi@libero.it

28 giugno 2011 ore 17.30

 

 


 

 

 

LECCE 8 NOVEMBRE DIBATTITO E PROIEZIONE SU KATER i rADES

9 NOVEMBRE 2010  LA RETE ANTIRAZZISTA DEL SALENTO ORGANIZZA UN PRESIDIO SIT-IN DINANZI AL TRIBUNALE DI LECCE, IN OCCASIONE DELL'UDIENZA PER IL PROCESSO SU AFFONDAMENTO DELLA KATER I RADES

IL VIDEO  DELL'INIZIATIVA CON LE NOSTRE INTERVISTE girato da SALENTOWEB

il regista albanese Ervis Eshja durante il presidio dinanzi al tribunale di Lecce

Report su iniziativa antirazzista al tribunale di Lecce del 9 novembre 2010

 

Un presidio di solidarietà  ai migranti è stato effettuato questa mattina da alcune associazioni antirazziste di Lecce, Brindisi e Taranto presso il tribunale di Lecce.

Lo scopo principale dell’iniziativa era quello di mantenere alta l’attenzione sulle ultime importanti fasi del processo di appello  relativo allo speronamento della Nave Sibilla  nei confronti della carretta del mare albanese Kater I Rades , che causò il 28 marzo 1997 un centinaio di vittime, tra donne e bambini.

Come affermato dai rappresentanti delle associazioni presenti ( tra le quali  Rete antirazzista Salento e Osservatorio sui Balcani di Brindisi) ,  una sentenza che non faccia giustizia alle vittime di quel naufragio e ai loro familiari creerebbe un precedente  giuridico pericoloso che potrebbe giustificare altre simili stragi future di disperati nel Mar Mediterraneo. Il riferimento era il contestato utilizzo di motovedette exproprietà dello Stato italiano oggi utilizzate, con personale misto italiano e libico, nel respingere i barconi di migranti in partenza dalle coste africane.

 Una iniziativa contro i respingimenti quindi,  ma anche contro l’ondata razzista che forze politiche stanno utilizzando per motivi elettorali nei confronti dei migranti, vedasi la vicenda ancora in corso dei migranti a Brescia saliti su una gru e che hanno visto l’impiego inconsulto di forze dell’ordine per sgomberare il presidio di pacifici manifestanti antirazzisti e migranti.

L’iniziativa di oggi segue quella avvenuta ieri , ottimamente riuscita a detta degli organizzatori presso le Officine Culturali Ergot dove si è proiettato un documentario sulla vicenda della Kater I Rades ( prodotto da due giovani registi, Mattia Soranzo di Lecce e Ervis Eshia , albanese che negli anni scorsi ha avuto un ottima accoglienza in diversi film-festival a Berlino e Parigi) , ma anche con interventi degli avvocati che seguono la causa tra i quali Maria Vittoria Baffa , figlia di Giuseppe Baffa  di Cosenza, “l’avvocato degli albanesi”,  che nel gennaio del 2000 è morto in un incidente mentre andava a presenziare un’udienza del processo di primo grado della Kater.

La stessa Maria Vittoria Baffa , prima di entrare in aula , insieme ad un familiare delle vittime ha portato i ringraziamenti degli albanesi  ,agli antirazzisti pugliesi del presidio,  che  sono stati impediti di esser presenti , a causa del mare grosso che ah impedito la partenza del traghetto da Valona

Le associazioni annunciano comunque nuove iniziative nelle province salentine nei prossimi giorni finalizzate una grossa iniziativa il prossimo 21 dicembre  in occasione dell’ultima udienza del processo .

redatto dalla redazione di Pugliantagonista.it e inviato alla stampa

LE FOTO

 

Affollatissima iniziativa ad Ergot con proiezione documentario e dibattito

lo striscione contro i respingimenti della rete antirazzista salento

l'avv Maria Vittoria Baffa a colloquio con Roberto Aprile e altri delle associazioni salentine

uno dei familiari delle vittime albanesi che avvisa l'impossibilità presenza altri albanesi causa blocco partenza nave da Valona

un momento del presidio

presente  anche  un rappresentante dei Proletari Comunisti da Taranto

 

Contro tutte le forme di respingimento

 

La Rete Antirazzista Salentina sarà presente

il prossimo 9 novembre alle ore 8,30

dinnanzi alla Corte d’Appello di Lecce

 

Per evitare che cali il silenzio sulla tragedia vissuta dai profughi albanesi

Per testimoniare la nostra vicinanza ai famigliari delle vittime e ai sopravvissuti

Per rivendicare il rispetto del diritto internazionale d’asilo

 

Il 9 novembre alle ore 8,30 presso la Corte d’Appello di Lecce avrà luogo una delle ultime udienze del processo relativo all’affondamento della nave Kater I Rades.

 

La vicenda di cui oggi si dibatte risale al 28 marzo 1997, quando, in un clima di isteria generalizzata contro gli albanesi che arrivavano dal mare, una nave militare italiana (la Sibilla) speronò in acque internazionali la carretta del mare Kater I Rades, provocandone l’affondamento con la morte di circa ottanta persone, molte delle quali donne e bambini, in fuga dalla rivolte scoppiate in Albania in seguito alla crisi delle “Piramidi Finanziarie”.

 

Nonostante le testimonianze dei sopravvissuti che da subito hanno denunciato lo speronamento ad opera della nave Sibilla, oggi si tenta di archiviare quella tragedia come un errore accidentale provocato da chi era al timone della Kater I Rades.

Un tentativo, che oltre ad affossare la verità storica, nasconde le evidenti responsabilità politiche del Governo Italiano e dei Vertici della Marina Militare.

 

Quella tragedia, infatti, fu una delle conseguenze della politica dei respingimenti generalizzati inaugurata in quegli anni dal governo italiano.

Quella stessa politica che ha trasformato il mar Mediterraneo in uno dei più grandi cimiteri senza lapidi della storia recente (l’ONU denuncia che in 10 anni, sono state più di 10.000 le persone morte nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa).

 

Uno Stato democratico non può accettare che in nome della presunta sicurezza di un Paese, si innalzino barriere che impediscono ogni forma di accoglienza e che violano il diritto internazionale.

 

La politica dei respingimenti, in aperta violazione con la Convenzione di Ginevra, nega il principio non refoulement che è uno dei principi cardine del diritto internazionale del rifugiato. Un principio che sancisce il divieto per gli Stati nazionali di respingere il richiedente asilo o il rifugiato verso luoghi dove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati.

 

L’Italia, così come è avvenuto in passato con gli accordi bilaterali con il governo albanese, continua oggi, con il trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione siglato con la Libia, a non rispettare La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art.13 diritto alla libertà di movimento) e i diritti dei richiedenti asilo.

 

LUNEDI’ 8 NOVEMBRE

ORE 20,00 presso le Officine Culturali Ergot

Via Palmieri Lecce

proiezione del documentario

ETOJ - Vivo

di Mattia Soranzo ( Lecce) ed Ervis Eshja (Albania)

Ne discutiamo con

Ervis Eshja, autore del documentario

Antonio Camuso, Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Avv. Piero Coluccia, Foro di Lecce

intervento telefonico di

Avv. Maria Vittoria Baffa, Legale rappresentante delle vittime

 

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Contro tutte le forme di respingimento

MARTEDI’ 9 NOVEMBRE ORE 8,30

in occasione del processo in appello

SIT-IN DI SOLIDARIETA’ CON LE VITTIME

presso il marciapiede antistante il Tribunale di Lecce

 

Per evitare che cali il silenzio sulla tragedia vissuta dai profughi albanesi

Per testimoniare la nostra vicinanza ai famigliari delle vittime e ai sopravvissuti

Per rivendicare il rispetto del diritto internazionale

 

 

LORO LI CHIAMAVANO MONNEZZA MIGRANTE, NOI ESSERI UMANI: PERCHE' NON CADA IL SILENZIO

APPELLO DI ANTONIO CAMUSO E APRILE ROBERTO

PROCESSO DI APPELLO PER L'AFFONDAMENTO DELLA KATER I RADES

LE INIZIATIVE A SOSTEGNO DELLA RAGIONE DEI NAUFRAGHI

La rete antirazzista del Salento raccoglie l'appello lanciato dall'Osservatorio sui Balcani di Brindisi affinchè non passi sotto silenzio le ultime fasi processuali che paventano il rischio di sentenza clamorosamente negative nei confronti dei naufraghi albanesi 

ORGANIZZA PER 

mercoledì 3 novembre alle ore 18,00
presso la Libreria Ergot (P.tta Falconieri Lecce, nei pressi di Porta Napoli),


L'appello

Il 9 novembre alle ore 0900, presso il tribunale di Lecce udienza del processo sulla  Kater I Rades,  una nave dei veleni affondata nel canale d’Otranto, carica di rifiuti molto speciali: esseri umani

Il 3 novembre  a Lecce, alla libreria Ergot (P.tta Falconieri Lecce, nei pressi di Porta Napoli), alle ore 18.00,  Assemblea Antirazzista per discutere su una iniziativa per impedire il silenzio sulla vicenda.

Ricordiamo gli antefatti :

 

Fu nella sera del venerdì Santo , il 28 marzo 1997 che nella acque del canale d’Otranto si consumò l’ennesima tragedia ecologica ai danni del nostro mare ( se non alle nostre coscienze) ed oggi siamo giunti alle fase finale di un processo di appello  al tribunale di Lecce che rischia una sentenza clamorosa e tale  da creare un precedente pericoloso per il ripetersi di altre catastrofi simili.

Ricordiamo gli antefatti:

In quei giorni di marzo l’Albania  era in grave crisi sociale  e politica con  il Sud in rivolta contro il premier Berisha accusato di aver protetto speculatori finanziari che avevano derubato i risparmi degli albanesi,

Per reprimere il Sud ribelle furono inviati carri armati e aerei da guerra mentre po’ di “scorie”  avanzate da una crescita demografica poco occidentale,  cercarono di fuggire,  la  maggior parte in gruppi familiari.

In effetti dal 1991 al 1997 gli albanesi,  popolo in gran parte contadino e molto prolifico,  avevano continuato a produrre  “scorie tossiche”  di basso valore aggiunto sotto forma di bambini e bambine, giovani coppie intenzionate a rendere il loro tenore di vita migliore e circa ventimila contenitori tossici,  esseri umani di tutte le età,  in quei giorni di marzo,  furono caricati sul navi e barconi, definiti carrette  della speranza e diretti verso la Puglia.

Sappiamo tutti che questa  regione riesce a nascondere nelle sue discariche  legali e non,  rifiuti tossici, radioattivi  di ben altro genere, provenienti da tutta Italia,  come decine di inchieste giudiziarie  lo hanno dimostrato ma sembrò all’opinione pubblica che quei ventimila bidoni e bidoncini albanesi, con braccia e gambe, bocche da sfamare, fossero più pericolosi di mercurio, cromo, arsenico, piombo , diossine  e come potessero essere l’avanguardia di un epidemia contagiosa, una vera invasione di rifiuti umani provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico.

 Fu così che l’Italia intera , i media e la classe politica furono colpiti da una smaniosa febbre ambientalista e naturista: salviamo la Puglia dall’invasione della “monnezza” albanese e salveremo l’Italia e l’Europa dal cancro dei migranti!

La cattolicissima Irene Pivetti richiese che le navi cariche di scorie albanesi fossero affondate nell’Adriatico, di fronte alle coste del Paese delle aquile.

Il governo di centrosinistra ,di allora,  preferì dare l’ordine alla Marina militare italiana di “fermare ad ogni costo “ le navi dei veleni.

Un ‘ossequiosa corvetta della Marina, la Sibilla,  facendo il girotondo intorno ad una vecchia motosilurante, la Kater I Rades,   stracarica di bidoni  e bidoncini tossici affratellati tra loro da vincoli di parentela , la speronò,  affondandola,  con un centinaio di pericolosi container.

Purtroppo alcuni bidoni , padri e madri dei bidoncini affondati non vollero andare a fondo e, presi a bordo e giunti in Italia,  incominciarono a sostenere che la nave Italiana  avesse affondati  i loro figli-bidoni, le loro mogli-container .

La Marina immediatamente parlò di un piccolo incidente,  in cui al massimo vi era stato uno sversamento di qualche bidoncino ma , cosa da poco  al confronto di certi disastri,  come l’affondamento della nave Kavtat,  anni prima, nel canale d’Otranto carica di centinaia di pericolosissimi fusti al tetrametile di piombo.

Inoltre la Marina italiana addossò la colpa alla volontà suicida degli albanesi che avevano cercato a tutti i costi di farsi affondare accanto ai fusti della Kavtat

Gli albanesi naufraghi invece replicarono, sino allo sfinimento, che la loro intenzione era di arrivare in Italia  per raggiungere qualche città, pardon , qualche discarica  locale o  qualche industria, , qualche impianto inquinante del Nord e  che  non essendo dei Kamikaze, mai volevano fare la fine dei bidoni di mercurio, piombo , uranio che ben altre navi dei veleni avevano affondato nell’Adriatico. A Brindisi furono pochi antirazzisti a credergli e sostenerli nella battaglia perché fossero ripescati i bidoni, pardon,  i corpi delle vittime e la nave. Nello stupore generale  la versione degli albanesi fu confermata da quanto affiorò dal mare sei mesi dopo.

 

Il primo processo, portò ad una sentenza salomonica: condannati a un paio di anni entrambi i comandanti delle navi, usciti di scena tutti gli alti gradi politici e militari che avevano dato gli ordini per fare l’opera di disinquinamento in mare , riducendo quella catastrofe ecologica alla stregua di un incidente automobilistico.

 

In questi giorni di autunno del 2010, al processo di appello a Lecce,  abbiamo assistito ad una requisitoria del Procuratore Generale che ci ha lasciato stupefatti, con la richiesta dell’assoluzione del comandante Laudadio il comandante della nave italiana Sibilla e la condanna del pilota della nave albanese, riportando indietro le lancette di questa storia  :

1) si   ritengono colpevoli i bidoni tossici albanesi superstiti della strage di inaffidabilità, essendo parte in causa e quindi incattiviti nei confronti dei militari italiani,

2)si  deve dare credito a quanto detto dalla Marina sin dal primo momento , ovvero che gli albanesi quel giorno avevano deciso di suicidarsi ,  facendosi affondare nella parte più profonda del Canale d’Otranto, dove nessuno avrebbe potuto recuperarli.

Una teoria confermata da tante storie di ecomafie e di navi dei veleni scomparse nei nostri mari!

Prendendo per buono questo ragionamento,  dovremmo ritenere che nonostante  che la nave albanese  fosse dieci volte più piccola della corvetta Italiana , pur viaggiando  sovraccarica a pelo d’acqua, a neanche dieci chilometri all’ora, riuscisse  a zigzagare aumentando la velocità grazie all’aiuto di cento braccia e braccine ,  fuoriuscenti dagli oblò, da una parte e dall’altra,  che ne aumentarono la velocità e la spinsero contro la Sibilla.

Se questa versione di fatti sarà presa per buona dalla corte di Appello di Lecce,  avremo un precedente  che renderà assolutamente immune da giudizio chiunque cerchi di fermare la valanga di rifiuti  ( migranti) che  dal Sud del mondo , spingono ai confini della nostra Europa.

 A questo punto  se la sentenza di appello di Lecce assolverà gli “affondatori” ,  che i migranti “tossici” muoiano in mare senza che le richieste di aiuto siano esaudite, che siano ripresi e riaccompagnati nei lager libici o in quelli dei paesi di origine, o che siano giustiziati sul posto  non farà differenza poiché su di loro ricade la colpa di “essere animati” da volontà suicida, quindi di che lamentarsi?

 

Ad opporsi a questa norma di ecologia estremista ci siamo  solo noi ,antirazzisti quelli sempre pronti a difendere la “monnezza degli uomini”, quella che non riesce a star ferma nel proprio paese perchè morirebbe di fame  o per guerra: la “Monnezza Migrante”.

Far sentire la nostra voce , la nostra presenza in queste ultime fasi del processo in tutti i modi possibili,  forse potrebbe evitare che in fondo a quel mare, nel canale d’Otranto non rischino di affondare anche le nostre coscienze….

Per questo motivo invitiamo tutti gli antirazzisti pugliesi a contattarci per organizzare iniziative di sostegno e di denuncia a partire dall’assemblea antirazzista a Lecce del 3 novembre 2010

 

Antonio Camuso  osservatoriobrindisi@libero.it

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Roberto Aprile boboaprile@tiscali.it

 

per leggere tutte le pagine sull'argomento clicca su

MIGRANTI E FFAA


E' consentita la riproduzione , ,senza fini di lucro dei materiali prodotti dall'Osservatorio sui Balcani di Brindisi  con l'obbligo  di riportarne esplicitamente la fonte.