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LE FOTO DELLA MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA DI LECCE

 

Lecce - Manifestazione Antifascista | Venerdì 20 Gennaio2012

APPELLO UNITARIO

Le recenti aggressioni neoquadristiche  per le vie di Lecce a danno di giovani antifascisti sono riconducibili all’attivismo di Casa Pound e Blocco Studentesco. Sempre più diventa necessario chiedere a tutti i livelli la chiusura delle sedi riconducibili a questo gruppo dichiaratamente neofascista.

Applicare le norme costituzionali e le leggi vigenti sul divieto di apologia del fascismo, di ricostituzione di partiti e movimenti fascisti, di istigazione all’odio razziale, diventa sempre più necessario.

Il gruppo di Casa Pound attivo da qualche anno  in città dissimula le sue attività sotto forma di richieste sociali, ma le sue sedi sono luoghi di reclutamento, addestramento, indottrinamento. La gioventù neofascista di Casa Pound ha alle spalle pesanti protezioni politiche ed istituzionali evidenti e dimostrabili.

I neosquadristi cercano di aprirsi strada nello spazio pubblico della città e nei suoi luoghi, di legittimarsi  e ottenere riconoscimenti nonostante siano dichiaratamente ispirati da dottrine di violenza, razzismo, discriminazione.

Assessori del Comune e della Provincia sono andati spesso a legittimare le loro iniziative, finanziando progetti e fornendo spazi pubblici, in un modo irresponsabile che la dice lunga su chi intende utilizzare questa presenza aggressiva.

Le strade della città, gli spazi e le pratiche sociali che si producono, devono essere luoghi di socialità tollerante e sicura. Dobbiamo far vivere in positivo nelle pratiche comuni sociali, culturali e  associative la diffusa coscienza antifascista. Lanciamo intanto una lunga campagna per affermare la cultura e la pratica dell’antifascismo. Aderiamo a percorsi unitari per manifestazioni contro le violenze fasciste e razziste a Lecce.

 

VENERDI' 20 GENNAIO 2012

MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA

organizzata dal Coordinamento Antifascista Lecce

Partenza ore 17.00 - PIAZZA SANT'ORONZ
O

 

 

Le strutture provinciali di: ANPI (associazione nazionale partigiani); ARCI; UISP; il sindacato confederale CGIL; FIOM-CGIL; le associazioni studentesche: UDU e UDS ; lo Spazio sociale ZEI; Arci "Biblioteca di Sarajevo" Maglie; la Rete antirazzista salentina; le officine culturali ERGOT; il Comitato per la difesa dei diritti degli immigrati; la Libera Federazione Donne-Casa delle Donne; il laboratorio di idee partecipate Lecce2.0dodici; FucinAsud-Salice; Collettivo Iqbal Masiq.

 

 

Lecce 5 gennaio ore 1700 piazzetta Carducci

presidio antifascista contro l'ennesima aggressione con ferimento di un ventenne antifascista

 

Il comunicato dei compagni dell'aggredito 

Siamo stanchi, siamo incazzati. La nostra città, la scorsa notte, è stato teatro dell’ ennesimo atto di  vigliacca violenza delle squadracce fasciste. Quattro militanti nostalgici hanno pedinato con un’ auto un giovane compagno antifascista e, appena raggiunto, lo hanno prima minacciato e poi aggredito inizialmente con una testata al naso e dopo colpendolo ripetutamente al volto, provocandogli una frattura alla mandibola sinistra. Questi sono i fascisti che picchiano nelle nostre strade, che accoltellano a Napoli e che sparano a Firenze, gli stessi che dopo si fanno intervistare dai giornali negando ogni tipo di coinvolgimento, nascondendo la mano già pronta ad impugnare la cinta. Hanno un nome ed un pensiero politico ben preciso, riconducibile, come spesso ultimamente, al movimento neofascsita Casapound, che continua imperterrito a mascherare le sue vere intenzioni dietro a ipocrite dichiarazioni e vili interventi sociali.

Magari questa notizia stupirà molti di quelli che pubblicamente hanno difeso questi ragazzi, arrivando addirittura a definirli dei “visi puliti”,  ma noi a queste bugie non ci crediamo, perché noi viviamo ogni giorno la nostra città, noi giriamo per il centro di Lecce rischiando di essere aggrediti da questi poveri esaltati, che continuano a reclutare giovani militanti grazie alla loro complicità,  ipocrisia e indifferenza. Ogni anno aumentano il numero di iscritti e il loro raggio di influenza, esibendosi anche in squallidi convegni pseudoculturali o passeggiate collettive camuffate da corteo.

Siamo stanchi di chi dice che è sbagliato chiudere Casapound e le altre associazioni fasciste e di chi finge di non vedere cosa succede ogni giorno o cerca di minimizzare la gravità di queste aggressioni. I fascisti non devono avere nessuna agibilità, hanno già dimostrato la loro vera natura, sono razzisti e picchiatori e proprio per questo noi combattiamo ogni giorno e ogni forma di violenza, convinti che debbano essere isolati e fortemente limitati, per evitare che facciano altro male.

Siamo incazzati perché è inaccettabile che un ragazzo di vent'anni possa essere accerchiato e picchiato da un gruppo di fanatici mentre gira da solo per le strade del centro della sua città, perché non è ammissibile che queste persone possano contare sulla complicità delle istituzioni, la cui incoscienza e irresponsabilità abbiamo più volte denunciato. Ne è un esempio tangibile la partecipazione degli assessori Roberto Martella e Simona Manca alle conferenze dei neo-fascisti, il riconoscimento da parte del rettore La Forgia di blocco studentesco come associazione universitaria e la concessione di spazi sociali all'interno della nostra città da parte della giunta comunale.

Questo per noi è l’ ennesimo fallimento di una “democrazia”, nata sulle ceneri delle vittime del ventennio e animata dal sentimento intriso di amore e rabbia che ha lasciato un’ impronta indelebile nella costituzione, dichiaratamente antifascista e che perciò rifiuta, come dovrebbe fare ogni cittadino, ogni forma di fascismo.

La nostra rabbia ci spinge ogni giorno nelle strade, pronti a dare un contributo importante alla nostra causa, mai sconfitti combatteremo fino a quando otterremo ciò che vogliamo, con o senza l’ aiuto di chi dovrebbe essere al nostro posto o al nostro fianco in questa lotta.

Il nostro compagno è in attesa di un intervento chirurgico al volto, mentre i colpevoli si aggirano nelle scuole, nelle università e nelle piazze spavaldi e fieri delle loro vigliacche imprese.

 

I compagni e le compagne del ragazzo aggredito.

 

Comunicato stampa

LA MESCHINA PANTOMIMA DEI FASCISTI DI FORZANUOVA CON MERLINO

Oggi 15 settembre si è tenuta a Terni la presentazione del libro del delatore, invischiato nella strategia della tensione Mario Merlino. Un’iniziativa organizzata dai neofascisti di Forza Nuova -a cui hanno partecipato 9 persone e 54 poliziotti- contestata dalla Rete Antifascista Ternana. Un’iniziativa inutile, di fatto una provocazione in una città democratica ed operaia come Terni. Il tentativo politico da parte di questi squadristi è stato inizialmente di occupare il “salotto buono” della città, tentando di organizzare l’iniziativa presso lo storico caffè Pazzaglia. L’opposizione immediata da parte della rete Antifascista e l’opera di informazione sul personaggio Merlino, fascista infiltrato nel movimento, delatore della polizia ed autore del depistaggio contro gli anarchici dopo la stage di piazza Fontana (arresto di Valpreda), ha fatto sì che i gestori del bar -appena si sono resi conto che i neofascisti tentavano di sfruttare il ruolo, il nome e la storia del locale- hanno immediatamente tolto l’agibilità all’iniziativa. I neofascisti sono stati relegati quindi in un albergo vicino alla stazione. Riteniamo positiva questa ulteriore mobilitazione antifascista perché dimostra che questi figuri, questi eroi virtuali, non hanno nessuna presa sul territorio a parte una preoccupante tutela della polizia e della Digos. Qualcuno ha inviato ai giornali informazioni che parlavano di tensione in città, ma la volontà della RAT non è quella di offrire appigli per il vittimismo di questi personaggi, bensì contrastare con informazione immediata e diretta il tentativo di riscrivere la storia o sdoganare personaggi ambigui come Merlino, la Repubblica Sociale Italiana e la fascisteria in generale. Li abbiamo ricacciati nel nulla da cui provengono: Pazzaglia ha negato loro lo spazio, all’iniziativa non c’era nessuno all’infuori della polizia ed è stato ricordato alla città chi era il signor Merlino ed il suo ruolo infame nella strategia della tensione. Dallaviosuperficie ad oggi è chiaro che questa città mantiene viva la memoria storica della Resistenza e dei partigiani della Gramsci. Non  è un caso che a Terni non esistono l’omofobia, le violenze contro i migranti ed altre azioni squadristiche diffuse nelle città dove i neofascisti sono riusciti ad installarsi.

Arci Terni, Arciragazzi "gli anni in tasca", Associazioni: Amici del Manifesto, "Buaba", "Demetra", "Interni Stra-nieri", "il Pettirosso", "Plaza de Mayo", "primi della stra-da", Blob Lgc.-Laboratorio comunicazione, comitato anti-fascista cittadino di Orvieto, Centro sociale "Germinal Ci-marelli", Circolo libertario ternano "Carlotta Orientale", Confederazione Cobas, Curva Est Ternana, Alerta Network, USPK, F.G.C.I., Giovani Comunisti, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei co-munisti Italiani, Sinistra ecologia e libertà.

 

RETE ANTIFASCISTA TERNANA

15 settembre 2011

 

 


TARANTO 24 NOVEMBRE RAID FASCISTA CONTRO GAY

lo slai cobas per il sindacato di classe appresa la notizia del raid di
stampo fascista nei confronti del circolo arci 'pepper' , attacco firmato
con croce celtica di matrice antigay
esprime la sua solidarietà al circolo e l'appello a tutti allla attenzione e
mobilitazione affinchè simili attacchi, peraltro avvenuti in altre città,
non si abbiano a ripetere

slai cobas per il sindacato di classe taranto
24 novembre 2010
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Bari 15 nov 10

STUDENTI AGGREDITI NELLA NOTTE

http://it-it.facebook.com/note.php?note_id=288621339981&id=100000354788018&ref=mf

 

Stanotte durante l'affissione dei manifesti per la "Giornata mondiale di mobilitazione studentesca" del 17 novembre contro lo smantellamento della

Scuola e della Università pubblica, i militanti di Link Bari e Zona Franka, facenti parte della Rete della Conoscenza pugliese, sono stati aggrediti da un nutrito gruppo di neo fascisti, nei pressi dell'ingresso del Campus Universitario di via Orabona.

 

Il gruppo, composto da una 15-na di individui ha raggiunto e circondato gli studenti e le studentesse che partecipavano all'affissione e con modo vigliaccamente

intimidatorio, profittando della loro superiorità numerica e della presenza di alcune nostre compagne hanno strappato i manifesti appena affissi minacciando tutti noi e circondando le macchine, e proferendo minacce ed insulti hanno cominciato a colpire, con calci ed oggetti contundenti (una torcia-manganello), arrecando anche danni alle automobili che cercavano di allontanarsi dal luogo. Di ciò verrà esposta regolare denuncia alle autorità competenti, convinti si sia trattato di un gesto preordinato e di una aggressione organizzata tipica di gruppi di matrice neofascista che operano sul nostro territorio.

 

Esprimiamo forte preoccupazione per atti come questo, a cui la città non è nuova. Negli ultimi anni sono state molte le aggressioni da parte di gruppi neo-fascisti a militanti di organizzazioni attive nel sociale e nell'università. Crediamo sempre di più che sia necessaria un'azione da parte delle istituzioni e della società civile per far fronte alla diffusione dei gruppi di estrema destra e delle idee che portano con sè, intrise di violenza, xenofobia e intolleranza.

 

Crediamo che chiunque, antifascista, voglia esprimere il proprio pensiero debba sentirsi libero di farlo, senza temere violenze e ripercussioni. Crediamo che ci si debba sentire liberi e sicuri di girare per le strade di Bari, senza subire attacchi che ricordano tanto gli atteggiamenti della criminalità organizzata e le più becere forme di squadrismo fascista. Crediamo che fin troppo si sia tollerata l'azione di questi gruppi da parte di forze politiche e istituzioni che sbagliando hanno ritenuto l'antifascismo un tema del passato.

 

Il 17 novembre scenderemo in piazza anche per dire di no alla violenza e al neo-fascismo e come sempre abbiamo fatto e sempre faremo, porteremo avanti in modo pacifico e non violento le nostre idee.

 

Facciamo un appello agli studenti, lavoratori, docenti, intellettuali a tutte le associazioni, sindacati e forze organizzate a impegnarsi quotidianamente anche per evitare tali situazioni non si verifichino più, affinché tali gruppi non abbiano più cittadinanza nel nostro territorio, convinti che si possa raggiungere tale obiettivo solo con posizioni ferme e chiare e soprattutto a partire da quell'antifascismo quotidiano che abbiamo sempre praticato e che è uno dei nostri valori fondanti.

 

NOI NON CI FACCIAMO INTIMIDIRE!

 

Bari, 15/11/2010

LECCE ANTIFASCISTA

13 NOVEMBRE 2010 PRESIDIO NO-CASAPOUND

Comunicato-stampa

La città non può ignorare che sabato 13 novembre si annuncia nella sala congressi dell’Hotel Tiziano a Lecce una assemblea pubblica sulla scuola organizzata da Casa Pound e Blocco studentesco, vale a dire da organizzazioni dichiaratamente neofasciste. Si definiscono loro stessi come “avanguardia del fascismo del Terzo Millennio”, anche se mascherano come attività sociali e di difesa della condizione studentesca il razzismo, l’intolleranza, l’inneggiare alla violenza, l’ostilità alla democrazia che li contraddistinguono.
Si tratta di un fatto grave a cui la città deve reagire, ed è altrettanto grave che a questa manifestazione partecipi ufficialmente la vicepresidente della Provincia e assessore alla cultura Simona Manca. Con questa presenza istituzionale si vogliono legittimare le realtà aggressive dei neofascisti, che in quanto tali sono al di fuori dei principi costituzionali.
Le associazioni e le reti sociali, i partiti e le personalità antifasciste, invitano pertanto alla vigilanza democratica e a un presidio pubblico davanti al Tiziano per il pomeriggio del 13 novembre nella volontà di comunicare alla cittadinanza la gravità dell’ iniziativa a sfondo provocatorio di Casa Pound e della presenza del responsabile nazionale del Blocco, uno degli squadristi in prima fila nelle aggressioni a Piazza Navona a Roma dell’ottobre del 2008 alla manifestazione studentesca.

Rete antifascista di Lecce e del Salento
(a cui partecipano vari collettivi, sindacati, associazioni di promozione sociale, associazioni studentesche, ANPI e partiti della sinistra)

Info:
Silverio Tomeo
Cell. 339-4487672
0832-396669

30 giugno1960-2010

50 anni fa la la rivolta antifascista di Genova

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In occasione del 50 esimo anniversario della rivolta antifascista di Genova del 30 giugno 1960 pubblichiamo l’intervista concessa al secolo XXI dallOn. Fulvio Cerofolini. Presidente provinciale ANPI di Genova

http://ilsecoloxxi.wordpress.com/2010/06/28/il-cinquantesimo

-del-30-giugno-1960-che-successe-a-genova/

 

In che contesto avvennero i fatti del 30 giugno di 50 anni fa?

Il contesto internazionale:

Dal punto di vista internazionale eravamo a pochi anni da alcuni eventi che hanno messo a soqquadro vecchi equilibri da tempo consolidati. La crisi del colonialismo, la Francia che si doveva ritirare dalle sue colonie, dalla polveriera algerina come dall’Indocina. In Occidente eravamo a pochi anni dalla rivolta anti sovietica ungherese soffocata dai carri armati. Quella costituì la prima incrinatura del Patto di Varsavia, eravamo in piena guerra fredda. Il 1960 è quel periodo di incubazione che è poi esploso nel ’68 con la rivolta giovanile.

Il contesto italiano:

Sul piano nazionale era un momento di grande fibrillazione politica: la DC era al potere ininterrottamente dal 1947 e alle soglie degli anni ’60 si trovava a fare i conti con il fatto che le era sempre più difficile governare con quella maggioranza ( socialdemocratici, repubblicani e liberali). Le difficoltà poggiavano sui rapporti numerici di una maggioranza risicata, ma soprattutto sulle questioni sostanziali di politica economica.

Il contesto genovese:

Arrivando a Genova, dal punto di vista produttivo, gli anni’60 sono ricordati come gli anni del miracolo economico, ma un miracolo che a Genova non era arrivato: sino ad allora eravamo reduci delle grandi operazioni di ridimensionamento e trasformazione del potenziale industriale, soprattutto a partecipazione statale, che hanno interessato decine di migliaia di lavoratori con battaglie sindacali epiche, scioperi lunghissimi e occupazioni di fabbriche.

Con questo panorama economico e sociale che gravava sulla città la situazione politica genovese ovviamente non poteva non risentirne. Al Comune nel ’51 si era insediata una maggioranza quadripartita con sindaco DC: l’onorevole Pertusio. Ad un certo punto di sono ritrovati a non avere più la maggioranza in Consiglio comunale e quindi chiesero e ottennero l’appoggio di 3-4 consiglieri del MSI. Di fatto diventava una maggioranza legata al Movimento sociale, l’erede politico ideologico del partito fascista, infatti i dirigenti erano tutti gerarchi di grande livello del passato regime. L’esperienza durò pochissimo perché era palesemente incongrua rispetto alla realtà storica di Genova e alla sua tradizione e in quel breve lasso di tempo che visse provocò una presa di posizione rigida della dirigenza nazionale del partito socialdemocratico, il Segretario nazionale Matteo Matteotti, figlio di Giacomo, ordinò agli assessori del suo partito di uscire da quella Giunta. L’abbandono determinò la crisi dell’amministrazione comunale e la successiva nomina del commissario prefettizio

Quando accaddero i fatti del 30 giugno il comune di Genova non aveva un’amministrazione ordinaria.

Questi eventi si intrecciano e si accavallano con analoghi momenti di crisi del Governo nazionale: dopo vari tentativi di formare un governo con una maggioranza e un programma su cui lavorare si arriva a Tambroni, dell’ala sinistra della DC, che realizza un’intesa, sempre con il vecchio quadripartito e con l’appoggio esterno del MSI. Questo suscitò molta tensione nel paese e anche nello steso governo tanto che dopo poche settimane 3 ministri democristiani, fra i quali il senatore Bo, di Sestri levante, si dimisero. In questo contesto giunse notizia che l’MSI aveva annunciato di fare il proprio congresso nazionale a Genova chiedendo e ricevendo dal governo il sostegno adeguato con l’invio in città del nuovo questore Lutri. I missini fanno sapere che il congresso si terrà al teatro Margherita, oggi sede della vecchia Feltrinelli, a 50 metri dal sacrario dei partigiani sotto il ponte Monumentale e che il presidente onorario del congresso sarebbe stato l’ex prefetto Basile, il quale durante, l’occupazione tedesca come prefetto di Genova, firmava i bandi per le deportazioni, per l’arruolamento coatto e per le fucilazioni.

La provocazione era dichiarata ed esplicita, l’MSI cercava una sorta di legittimazione dopo 15 anni di ombra disprezzati da tutti, in quel momento come stampella del governo sente di poter tentare di fare una cosa così eclatante a Genova, città medaglia d’oro della resistenza.

Cosa ricorda di quelle giornate e del giorno degli scontri?

Comincia subito una grande mobilitazione, il 30 giugno è stato un evento che ha coinvolto tutte le locali forze politiche d’ispirazione democratica. I promotori sono stati fondamentalmente due soggetti: l’ANPI e la Camera del lavoro CGIL. Furono organizzate assemblee in tutti i quartieri, riunioni nelle fabbriche e costituzione ad ogni livello di comitati di protesta, fu una moltitudine di prese di posizione contro l’intervento missino. Si costituisce anche il comitato dei partiti che aderiscono alla protesta: comunisti, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e radicali. L’ANPI convoca tutti i comandanti delle Brigate partigiane ed è un fiorire di iniziative e manifestazioni, anche molti parroci e professori si schierano apertamente. Il congresso dell’MSI era stato preventivato per il 5/6 luglio. Per il 28 giugno ANPI, Camera del lavoro, il comitato dei partiti e il consiglio federativo della resistenza decidono di promuovere una manifestazione pubblica in piazza della Vittoria. Chiamiamo Pertini a parlare. In parallelo la Camera del lavoro proclama per il 30 giugno uno sciopero di 4 ore pomeridiane di tutte le categorie della provincia. Siamo convocati dal Prefetto che, ricordando che il Governo aveva intenzione di garantire la libertà di riunirsi ai missini, ci propone di rinunciare alla manifestazione dicendo che il congresso si sarebbe tenuto a Nervi invece che in centro.

Noi rifiutiamo

Arriviamo così al 30 giugno, giorno di sciopero. Alle 15.30 in Piazza dell’Annunziata c’erano ancora poche persone, alle 16.15 cominciamo a muoverci e la manifestazione si ingrossa sino a piazza De Ferrari dove realizziamo di essere una marea di gente, via XX settembre era stipata eravamo, in centomila. Si arriva in Piazza della Vittoria e verso le 18.00 la manifestazione si scioglie, ma la mobilitazione continua. La maggioranza delle persone che tornano indietro risalgono Via XX si scontrano con la polizia (era accorsa per l’occasione anche la tristemente famosa celere di Padova) la polizia comincia a girare vorticosamente per la piazza cercando di sfollarci, ma in un battibecco sono finiti nella vasca . Gli scontri durano sino alle prime ore notturne. Mentre qui a Genova la polizia  con il suo atteggiamento provocatorio era stata sconfitta e il congresso del MSI non si sarebbe fatto, la polizia si prende la rivincita a Reggio Emilia, Catania e Roma. ( Per approfondimento). Dopo quei fatti il governo Tambroni nei primi giorni di luglio si dimette.

Perché oggi si ricorda con orgoglio chi ieri contestò apertamente, mentre allo stesso tempo si bolla come estremista chiunque contesti altrettanto apertamente la situazione attuale?

La protesta che i centri sociali impersonificano è del tutto legittima e comprensibile, guai a mettere in discussione il diritto di protestare contro la deriva che  stiamo vivendo. La protesta è da contestare quando a queste rivendicazioni si associano degli episodi di violenza.

Genova è ancora una città di sinistra?

Genova è una città democratica e per fortuna conserva ancora un apprezzabile e concreta memoria di quello che è stata la guerra, il fascismo, la resistenza ed è una città che sa e saprà sempre battersi per conservare il patrimonio della resistenza, cioè la Repubblica e la Costituzione. Se questo si chiama essere di sinistra allora è una città di sinistra.

Che cos’era il fascismo di ieri e cos’è il fascismo di oggi?

Ieri la dittatura feroce che come tale aveva soppresso qualsiasi libertà producendo ignobili leggi razziali, trascinando l’Italia in una guerra finita tragicamente e in ultimo offrendo la sua collaborazione alla Germania anche quando la stessa divenne nemica e occupante del nostro paese.

Oggi il fascismo a parte le parate provocatorie, le sceneggiate dei vecchi riti mussoliniani e gli atti teppistici che sono compiuti qua e la senza essere repressi adeguatamente, si esprime attraverso quel messaggio che è lasciato trasparire dalle vocazioni plebiscitarie, alla sudamericana con il rapporto diretto fra il condottiero e il popolo, bypassando le istituzioni, dai propositi autoritari, dalla spericolata richiesta di assegnare maggiori poteri al condottiero del governo, unite con le lamentele per l’eccessivo peso che la Costituzione della Repubblica assegna al Parlamento e al Presidente delle Repubblica.

Le COOP hanno perso il loro ruolo fondante di organizzazioni lavorative nate per la tutela del lavoratore per diventare aziende che come le altre perseguono in primis la maggiorazione dei loro introiti, a scapito dei lavoratori, allo stesso tempo anche i sindacati sono diventati un’istituzione conservatrice di burocrati che con le rivendicazioni dei lavoratori hanno poco a che vedere. In che momento si è invertita la rotta snaturando le rispettive funzioni?

E’ un giudizio che non condivido totalmente, non mi ergo a difensore né del sindacato né delle COOP, però non mi sentirei di accettare questo giudizio. Bisogna che le COOP siano consone nel comportamento dal riconoscimento che li viene dalla storia e dallo stesso dettato costituzionale, ogni atteggiamento diverso è da considerarsi negativamente e fortemente rischioso per il futuro dell’istituto cooperativo.

La funzione del sindacato oggi è di fronte a un dilemma non da poco, nella tendenza di conferire più potere d’azione alle categorie a lasciare alla confederazione un mero compito di rappresentanza formale. Bisogna invece ribadire l’importanza della confederalità, che le camere del lavoro debbano avere il loro potere. Una grande sfida è anche costituita dal tutte le nove di categorie di lavoratori che devono essere tutelati, in primis immigrati e precari.


INTERVENTI GIUNTI IN REDAZIONE:

 

Da Varese: il circolo proletario Landonio , attraverso le pagine di Renzo del Carria , proletari senza rivoluzione

Da Taranto: Proletari Comunisti

Il 30 giugno l'insurrezione di Genova fatta principalmente da operai e
giovani per impedire il congresso del MSI voluto dal governo reazionario
democristiano di Tambroni appoggiato dal Msi in parlamento, è la data
culmine di un semestre di rinascita dell'antifascismo e della apparizione
alla testa di esso della gioventù operaia alla prima esperienza di una
grande lotta politica.
A 15 anni dalla Resistenza Pci e organizzazioni sindacali ufficiali erano
divenuti i partiti della stabilizzazione capitalistica e della ricostruzione
della democrazia borghese; pure esistendo una consistente contraddizione tra
una base che aveva ben presente i valori dell'antifascismo, gli ideali del
comunismo e un vertice e un apparato, una linea e un sistema di
funzionamento che in nome della via parlamentare e dell'elettoralismo nulla
aveva potuto per impedire il nuovo dominio della borghesia con il governo
democristiano dei suoi alleati.
Questa stabilizzazione aveva spinto la borghesia a pensare che fosse
possibile rovesciare il verdetto della storia.
La ribellione, in parte spontanea, ebbe il suo cuore a Genova, ma aveva
visto battaglie importanti già a Livorno dal 19 al 22 aprile dove la
popolazione era scesa in piazza contro i paracadutisti e si era scontrata
ripetutamente con polizia e carabinieri: 37 i feriti, 78 gli arrestati, 199
i denunciati; scontri erano avvenuti anche a Milano il 29 aprile, a Bologna
il 21 maggio.
Il governo Tambroni aveva mobilitato l'intero apparato repressivo, maggiore
di quello di  Scelba degli anni 48/50: 75 mila poliziotti, 180 mila tra
carabinieri e Guardia di Finanza.
La rivolta di Genova inflisse una dura sconfitta a questo apparato. Il
congresso del Msi fu sospeso all'ultimo momento quando fu chiaro che la
rivolta popolare aveva assunto un carattere insurrezionale e non ci sarebbe
stato alcun apparato di repressione in grado di fermarla.
Ma non ci fu solo Genova in quelle ore, in tante città e i proletari
pagarono un tributo di sangue con la strage di Reggio Emilia. Ma grande fu
la ribellione, come non ce ne sarà quasi più negli anni seguenti. In
Sicilia, a Palermo 4 morti, un giovane disoccupato, un operaio comunista, un
ragazzo della Fgci e una donna, dimostrano la violenza della repressione ma
anche l'ampiezza della ribellione; così come a Catania e a Licata.
Le dimensioni del movimento costringono alle dimissioni il governo Tambroni.
La borghesia cercherà un'altra via che si scontrerà e si misurerà con
l'insorgenza del '68/'69.

A 50 anni non ci può bastare un ricordo, anche se è importante ricostruire
la memoria storica soprattutto nelle fila proletarie della gioventù di oggi
che non ne ha nessuna; una memoria storica che pure sarebbe importante
perchè dal lato della borghesia nulla è realmente cambiato. Il governo
attuale è un degno erede del governo Tambroni, anzi è culturalmente,
politicamente più reazionario, allora si volevano richiamare in campo i
fascisti, ora si vuole marciare in proprio verso un governo, un regime
moderno fascista per difendere gli interessi di sempre: il grande capitale
industriale e finanziario, il Vaticano, i ceti ad essi legati.
Ma dal nostro lato, dal lato del proletariato le condizioni sono davvero
molto diverse e peggiori di quegli anni; l'antifascismo e gli ideali del
socialismo e del comunismo sono oscurati, travisati e in parte cancellati
nella coscienza comune di operai, masse proletarie e soprattutto giovani.
Ma allora come oggi non è cambiata la tappa per contrastare questo stato di
cose: costruire il partito, il nuovo partito della classe operaia, in grado
di essere comunista di tipo nuovo per conquistare e organizzare la gioventù
operaia e proletaria che certo cova nel suo seno, a fronte di sfruttamento,
precarietà, imbarbarimento, oppressione, le idee di rivolta e la volontà di
trasformazione.
Costruire il partito per una nuova resistenza, una guerra popolare e
proletaria che porti ad un'insurrezione, per spazzare via padroni e governo,
questo Stato e questa società e costruirne una di livello superiore con i
proletari al potere.
Il luglio '60 dimostra che per quanto grande sia la forza dello Stato i
proletari e le masse sono in grado di combatterlo e sconfiggerlo.
Il luglio '60 è la seconda incompiuta della storia del movimento operaio e
comunista del nostro paese, dopo la Resistenza antifascista e prima della
terza, il movimento rivoluzionario del 68/69.
Questo ci indica che effettivamente le idee di rivolta non sono mai morte ma
rinascono nel tempo e che da ogni tentativo fermato, sconfitto e poi
rifluito, si impara e si costruiscono le armi ideologiche, politiche e
organizzative per vincere.

proletari comunisti-PCm Italia
30.6.10


 

 

 

8 luglio 1960 la battaglia antifascista di Palermo

8 LUGLIO 1960 - 8 LUGLIO 2010
50° ANNIVERSARIO

Palermo, 2-3-8 luglio 2010

Venerdì 2 luglio Biblioteca Comunale Piazza Casa Professa
Ore 17,30 – 20,00
Saluti

Vincenzo Fumetta Segretario del Circolo Francesco Vella PRC
Mario Guarino Segretario provinciale PRC
Antonino Bono Presidente ERSU – Università di Palermo
Maurizio Calà Segretario generale della Camera del Lavoro di Palermo

Presiede e Apre i lavori: Luca Cangemi Segretario regionale PRC
“8 luglio ’60 Giornata della memoria; sua attualità”

Intervengono:
Giuseppe Carlo Marino Prof. ordinario di Storia Contemporanea Università di Palermo:
“8 luglio ‘ 60 momento cruciale della difesa della Costituzione e della democrazia repubblicana. Ricadute contemporanee a 50 anni di distanza”.

Angelo Ficarra Circolo PRC Francesco Vella:
“8 luglio 1960 la battaglia di Palermo. repressione e memoria storica.”

Fabrizio Loreto Ricercatore della Fondazione Di Vittorio Università di Teramo:
“La mobilitazione antifascista del luglio 1960 in Italia”

Ottavio Terranova Presidente ANPI Palermo
”La repressione violenta della polizia e lotta di liberazione”

Nicola Cipolla Presidente del CEPES
“L’8 luglio di Pio La Torre”.

Tommaso Baris Ricercatore di Storia contemporanea dell’Università degli Studi di Palermo
“8 luglio 1960 a Palermo. Nuove ipotesi di ricerca.”

Franco Tarantino Segretario regionale FILLEA CGIL Sicilia
“Francesco Vella nel ricordo degli edili di Palermo”


Al canto di “Bella ciao”, esibizione del Coro dell’Università e dell’ERSU di Palermo Consegna ai familiari di Francesco Vella di una medaglia alla memoria




Sabato 3 luglio Biblioteca Comunale Piazza Casa Professa


“Da Genova a Palermo: lotte sociali e democrazia (1960-2010)”

Ore 9,00 – 13,00

Coordina:

Tommaso Baris Circolo F. Vella PRC

Intervengono

Haidi Giuliani Già senatrice – madre di Carlo Giuliani
“Luglio 2001: a Genova per un altro mondo possibile”


Famiglia Cucchi genitori di Stefano Cucchi
“Riflessioni: tutela dei cittadini e responsabilità istituzionali”

Pietro Milazzo Sindacalista CGIL Palermo
“La repressione oggi”

Fulvio Vassallo Paleologo Università degli Studi di Palermo
“Leggi sulla sicurezza e democrazia oggi”

Tony Pellicane Movimento di lotta per la casa
“La lotta per la casa a Palermo: lo sgombero di casa Guzzetta”

Loriana Cavalieri Laboratorio Z - Palermo
“Una esperienza di lotta e di democrazia”

Ore 13,00
Conclusioni

Italo Di Sabato Responsabile osservatorio nazionale PRC sulla repressione


Giovedì 8 luglio

Ore 20,00
Manifestazione celebrativa – Mostra fotografica itinerante – Rappresentazione teatrale itinerante a cura dell’Associazione teatrale “Spazio aperto”, regia di Nicola D’Ippolito.

Concentramento Piazza Castelnuovo
Percorso: via Ruggero Settimo, via Maqueda sino a Palazzo Comitini

Sono previste delle soste per deporre delle corone di alloro in memoria dei caduti:

Via Rosolino Pilo (dove fu uccisa una donna affacciata al balcone: Rosa La Barbera)
Via Spinuzza (dove fu ucciso Andrea Gangitano, 19 anni operaio edile)
Via Bari (dove fu ucciso Ciccio Vella, operaio edile, dirigente sindacale)
Via Celso (in ricordo di Giuseppe Malleo, operaio, 16 anni).

E’ prevista anche la deposizione di una lapide in memoria dei caduti dell’8 luglio ’60 in via Maqueda lungo il percorso


Adesioni confermate
ANPI – Palermo
CEPES
FILLEA CGIL Regionale
CAMERA DEL LAVORO Palermo
FONDAZIONE DI VITTORIO



Gennaio 1971

Fascisti scatenati in Puglia : assalti a sedi, aggressioni e incendi mentre la polizia sta a guardare o arresta antifascisti.


 

LECCE 4 GIUGNO 1977

ANTIFASCISTI CONTESTANO COMIZIO DI PINO RAUTI. SCONTRI NELLA CITTA', LA POLIZIA SPARA DAVANTI LA SEDE DELL' MLS

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SFIORATA LA STRAGE!


MSI FUORILEGGE!

PUGLIA Febbraio 1975

si raccolgono le firme per lo scioglimento del MSI

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     BRINDISI, 9/9/75:

IL SEGRETARIO DEL MSI LUIGI  MARTINESI,   ARRESTATO PER SEQUESTRO DI PERSONA!

MAFIA SICILIANA, NEOFASCISTI E  NEONAZISTI  PUGLIESI E SEQUESTRI DI PERSONA NELL’ITALIA DEGLI ANNI 70.

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BRINDISI: 13/14 dicembre 1971

 il tentato assassinio di Donato Peccerillo

fu un caso isolato di

 violenza fascista in Italia  in quel fine anno del 1971?

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PRETI , GIUDICI,  FASCISTI E MAFIA NELLA CALABRIA DEGLI ANNI 70

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Maggio 1974 la strage di Brescia 

le mobilitazioni a Brindisi e in Puglia


 

BRINDISI e Puglia:
1)13/14 DICEMBRE 1971 BRINDISI ACCOLTELLAMENTO DI PECCERILLO

2)gli assalti fascisti del 1971

3) 1975, sequestro Mariano, arrestato segretario del MSI

4)1975 , MSI FUORILEGGE:la raccolta di firme in Puglia

5) GIUGNO 77 LECCE:SFIORATA STRAGE DI ANTIFASCISTI

6)maggio 1974 strage di Brescia: cronache e foto manifestazione a Brindisi

6 bis)Manifestazioni in Puglia

7)gennaio 1971 fascisti scatenati in Puglia

8) 8 luglio 1960 la battaglia antifascista di Palermo

CALABRIA:

5)preti e mafiosi ad Africo


      

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