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30 giugno1960-2010

50 anni fa la la rivolta antifascista di Genova

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In occasione del 50 esimo anniversario della rivolta antifascista di Genova del 30 giugno 1960 pubblichiamo l’intervista concessa al secolo XXI dallOn. Fulvio Cerofolini. Presidente provinciale ANPI di Genova

http://ilsecoloxxi.wordpress.com/2010/06/28/il-cinquantesimo

-del-30-giugno-1960-che-successe-a-genova/

 

In che contesto avvennero i fatti del 30 giugno di 50 anni fa?

Il contesto internazionale:

Dal punto di vista internazionale eravamo a pochi anni da alcuni eventi che hanno messo a soqquadro vecchi equilibri da tempo consolidati. La crisi del colonialismo, la Francia che si doveva ritirare dalle sue colonie, dalla polveriera algerina come dall’Indocina. In Occidente eravamo a pochi anni dalla rivolta anti sovietica ungherese soffocata dai carri armati. Quella costituì la prima incrinatura del Patto di Varsavia, eravamo in piena guerra fredda. Il 1960 è quel periodo di incubazione che è poi esploso nel ’68 con la rivolta giovanile.

Il contesto italiano:

Sul piano nazionale era un momento di grande fibrillazione politica: la DC era al potere ininterrottamente dal 1947 e alle soglie degli anni ’60 si trovava a fare i conti con il fatto che le era sempre più difficile governare con quella maggioranza ( socialdemocratici, repubblicani e liberali). Le difficoltà poggiavano sui rapporti numerici di una maggioranza risicata, ma soprattutto sulle questioni sostanziali di politica economica.

Il contesto genovese:

Arrivando a Genova, dal punto di vista produttivo, gli anni’60 sono ricordati come gli anni del miracolo economico, ma un miracolo che a Genova non era arrivato: sino ad allora eravamo reduci delle grandi operazioni di ridimensionamento e trasformazione del potenziale industriale, soprattutto a partecipazione statale, che hanno interessato decine di migliaia di lavoratori con battaglie sindacali epiche, scioperi lunghissimi e occupazioni di fabbriche.

Con questo panorama economico e sociale che gravava sulla città la situazione politica genovese ovviamente non poteva non risentirne. Al Comune nel ’51 si era insediata una maggioranza quadripartita con sindaco DC: l’onorevole Pertusio. Ad un certo punto di sono ritrovati a non avere più la maggioranza in Consiglio comunale e quindi chiesero e ottennero l’appoggio di 3-4 consiglieri del MSI. Di fatto diventava una maggioranza legata al Movimento sociale, l’erede politico ideologico del partito fascista, infatti i dirigenti erano tutti gerarchi di grande livello del passato regime. L’esperienza durò pochissimo perché era palesemente incongrua rispetto alla realtà storica di Genova e alla sua tradizione e in quel breve lasso di tempo che visse provocò una presa di posizione rigida della dirigenza nazionale del partito socialdemocratico, il Segretario nazionale Matteo Matteotti, figlio di Giacomo, ordinò agli assessori del suo partito di uscire da quella Giunta. L’abbandono determinò la crisi dell’amministrazione comunale e la successiva nomina del commissario prefettizio

Quando accaddero i fatti del 30 giugno il comune di Genova non aveva un’amministrazione ordinaria.

Questi eventi si intrecciano e si accavallano con analoghi momenti di crisi del Governo nazionale: dopo vari tentativi di formare un governo con una maggioranza e un programma su cui lavorare si arriva a Tambroni, dell’ala sinistra della DC, che realizza un’intesa, sempre con il vecchio quadripartito e con l’appoggio esterno del MSI. Questo suscitò molta tensione nel paese e anche nello steso governo tanto che dopo poche settimane 3 ministri democristiani, fra i quali il senatore Bo, di Sestri levante, si dimisero. In questo contesto giunse notizia che l’MSI aveva annunciato di fare il proprio congresso nazionale a Genova chiedendo e ricevendo dal governo il sostegno adeguato con l’invio in città del nuovo questore Lutri. I missini fanno sapere che il congresso si terrà al teatro Margherita, oggi sede della vecchia Feltrinelli, a 50 metri dal sacrario dei partigiani sotto il ponte Monumentale e che il presidente onorario del congresso sarebbe stato l’ex prefetto Basile, il quale durante, l’occupazione tedesca come prefetto di Genova, firmava i bandi per le deportazioni, per l’arruolamento coatto e per le fucilazioni.

La provocazione era dichiarata ed esplicita, l’MSI cercava una sorta di legittimazione dopo 15 anni di ombra disprezzati da tutti, in quel momento come stampella del governo sente di poter tentare di fare una cosa così eclatante a Genova, città medaglia d’oro della resistenza.

Cosa ricorda di quelle giornate e del giorno degli scontri?

Comincia subito una grande mobilitazione, il 30 giugno è stato un evento che ha coinvolto tutte le locali forze politiche d’ispirazione democratica. I promotori sono stati fondamentalmente due soggetti: l’ANPI e la Camera del lavoro CGIL. Furono organizzate assemblee in tutti i quartieri, riunioni nelle fabbriche e costituzione ad ogni livello di comitati di protesta, fu una moltitudine di prese di posizione contro l’intervento missino. Si costituisce anche il comitato dei partiti che aderiscono alla protesta: comunisti, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e radicali. L’ANPI convoca tutti i comandanti delle Brigate partigiane ed è un fiorire di iniziative e manifestazioni, anche molti parroci e professori si schierano apertamente. Il congresso dell’MSI era stato preventivato per il 5/6 luglio. Per il 28 giugno ANPI, Camera del lavoro, il comitato dei partiti e il consiglio federativo della resistenza decidono di promuovere una manifestazione pubblica in piazza della Vittoria. Chiamiamo Pertini a parlare. In parallelo la Camera del lavoro proclama per il 30 giugno uno sciopero di 4 ore pomeridiane di tutte le categorie della provincia. Siamo convocati dal Prefetto che, ricordando che il Governo aveva intenzione di garantire la libertà di riunirsi ai missini, ci propone di rinunciare alla manifestazione dicendo che il congresso si sarebbe tenuto a Nervi invece che in centro.

Noi rifiutiamo

Arriviamo così al 30 giugno, giorno di sciopero. Alle 15.30 in Piazza dell’Annunziata c’erano ancora poche persone, alle 16.15 cominciamo a muoverci e la manifestazione si ingrossa sino a piazza De Ferrari dove realizziamo di essere una marea di gente, via XX settembre era stipata eravamo, in centomila. Si arriva in Piazza della Vittoria e verso le 18.00 la manifestazione si scioglie, ma la mobilitazione continua. La maggioranza delle persone che tornano indietro risalgono Via XX si scontrano con la polizia (era accorsa per l’occasione anche la tristemente famosa celere di Padova) la polizia comincia a girare vorticosamente per la piazza cercando di sfollarci, ma in un battibecco sono finiti nella vasca . Gli scontri durano sino alle prime ore notturne. Mentre qui a Genova la polizia  con il suo atteggiamento provocatorio era stata sconfitta e il congresso del MSI non si sarebbe fatto, la polizia si prende la rivincita a Reggio Emilia, Catania e Roma. ( Per approfondimento). Dopo quei fatti il governo Tambroni nei primi giorni di luglio si dimette.

Perché oggi si ricorda con orgoglio chi ieri contestò apertamente, mentre allo stesso tempo si bolla come estremista chiunque contesti altrettanto apertamente la situazione attuale?

La protesta che i centri sociali impersonificano è del tutto legittima e comprensibile, guai a mettere in discussione il diritto di protestare contro la deriva che  stiamo vivendo. La protesta è da contestare quando a queste rivendicazioni si associano degli episodi di violenza.

Genova è ancora una città di sinistra?

Genova è una città democratica e per fortuna conserva ancora un apprezzabile e concreta memoria di quello che è stata la guerra, il fascismo, la resistenza ed è una città che sa e saprà sempre battersi per conservare il patrimonio della resistenza, cioè la Repubblica e la Costituzione. Se questo si chiama essere di sinistra allora è una città di sinistra.

Che cos’era il fascismo di ieri e cos’è il fascismo di oggi?

Ieri la dittatura feroce che come tale aveva soppresso qualsiasi libertà producendo ignobili leggi razziali, trascinando l’Italia in una guerra finita tragicamente e in ultimo offrendo la sua collaborazione alla Germania anche quando la stessa divenne nemica e occupante del nostro paese.

Oggi il fascismo a parte le parate provocatorie, le sceneggiate dei vecchi riti mussoliniani e gli atti teppistici che sono compiuti qua e la senza essere repressi adeguatamente, si esprime attraverso quel messaggio che è lasciato trasparire dalle vocazioni plebiscitarie, alla sudamericana con il rapporto diretto fra il condottiero e il popolo, bypassando le istituzioni, dai propositi autoritari, dalla spericolata richiesta di assegnare maggiori poteri al condottiero del governo, unite con le lamentele per l’eccessivo peso che la Costituzione della Repubblica assegna al Parlamento e al Presidente delle Repubblica.

Le COOP hanno perso il loro ruolo fondante di organizzazioni lavorative nate per la tutela del lavoratore per diventare aziende che come le altre perseguono in primis la maggiorazione dei loro introiti, a scapito dei lavoratori, allo stesso tempo anche i sindacati sono diventati un’istituzione conservatrice di burocrati che con le rivendicazioni dei lavoratori hanno poco a che vedere. In che momento si è invertita la rotta snaturando le rispettive funzioni?

E’ un giudizio che non condivido totalmente, non mi ergo a difensore né del sindacato né delle COOP, però non mi sentirei di accettare questo giudizio. Bisogna che le COOP siano consone nel comportamento dal riconoscimento che li viene dalla storia e dallo stesso dettato costituzionale, ogni atteggiamento diverso è da considerarsi negativamente e fortemente rischioso per il futuro dell’istituto cooperativo.

La funzione del sindacato oggi è di fronte a un dilemma non da poco, nella tendenza di conferire più potere d’azione alle categorie a lasciare alla confederazione un mero compito di rappresentanza formale. Bisogna invece ribadire l’importanza della confederalità, che le camere del lavoro debbano avere il loro potere. Una grande sfida è anche costituita dal tutte le nove di categorie di lavoratori che devono essere tutelati, in primis immigrati e precari.


INTERVENTI GIUNTI IN REDAZIONE:

 

Da Varese: il circolo proletario Landonio , attraverso le pagine di Renzo del Carria , proletari senza rivoluzione

Da Taranto: Proletari Comunisti

Il 30 giugno l'insurrezione di Genova fatta principalmente da operai e
giovani per impedire il congresso del MSI voluto dal governo reazionario
democristiano di Tambroni appoggiato dal Msi in parlamento, è la data
culmine di un semestre di rinascita dell'antifascismo e della apparizione
alla testa di esso della gioventù operaia alla prima esperienza di una
grande lotta politica.
A 15 anni dalla Resistenza Pci e organizzazioni sindacali ufficiali erano
divenuti i partiti della stabilizzazione capitalistica e della ricostruzione
della democrazia borghese; pure esistendo una consistente contraddizione tra
una base che aveva ben presente i valori dell'antifascismo, gli ideali del
comunismo e un vertice e un apparato, una linea e un sistema di
funzionamento che in nome della via parlamentare e dell'elettoralismo nulla
aveva potuto per impedire il nuovo dominio della borghesia con il governo
democristiano dei suoi alleati.
Questa stabilizzazione aveva spinto la borghesia a pensare che fosse
possibile rovesciare il verdetto della storia.
La ribellione, in parte spontanea, ebbe il suo cuore a Genova, ma aveva
visto battaglie importanti già a Livorno dal 19 al 22 aprile dove la
popolazione era scesa in piazza contro i paracadutisti e si era scontrata
ripetutamente con polizia e carabinieri: 37 i feriti, 78 gli arrestati, 199
i denunciati; scontri erano avvenuti anche a Milano il 29 aprile, a Bologna
il 21 maggio.
Il governo Tambroni aveva mobilitato l'intero apparato repressivo, maggiore
di quello di  Scelba degli anni 48/50: 75 mila poliziotti, 180 mila tra
carabinieri e Guardia di Finanza.
La rivolta di Genova inflisse una dura sconfitta a questo apparato. Il
congresso del Msi fu sospeso all'ultimo momento quando fu chiaro che la
rivolta popolare aveva assunto un carattere insurrezionale e non ci sarebbe
stato alcun apparato di repressione in grado di fermarla.
Ma non ci fu solo Genova in quelle ore, in tante città e i proletari
pagarono un tributo di sangue con la strage di Reggio Emilia. Ma grande fu
la ribellione, come non ce ne sarà quasi più negli anni seguenti. In
Sicilia, a Palermo 4 morti, un giovane disoccupato, un operaio comunista, un
ragazzo della Fgci e una donna, dimostrano la violenza della repressione ma
anche l'ampiezza della ribellione; così come a Catania e a Licata.
Le dimensioni del movimento costringono alle dimissioni il governo Tambroni.
La borghesia cercherà un'altra via che si scontrerà e si misurerà con
l'insorgenza del '68/'69.

A 50 anni non ci può bastare un ricordo, anche se è importante ricostruire
la memoria storica soprattutto nelle fila proletarie della gioventù di oggi
che non ne ha nessuna; una memoria storica che pure sarebbe importante
perchè dal lato della borghesia nulla è realmente cambiato. Il governo
attuale è un degno erede del governo Tambroni, anzi è culturalmente,
politicamente più reazionario, allora si volevano richiamare in campo i
fascisti, ora si vuole marciare in proprio verso un governo, un regime
moderno fascista per difendere gli interessi di sempre: il grande capitale
industriale e finanziario, il Vaticano, i ceti ad essi legati.
Ma dal nostro lato, dal lato del proletariato le condizioni sono davvero
molto diverse e peggiori di quegli anni; l'antifascismo e gli ideali del
socialismo e del comunismo sono oscurati, travisati e in parte cancellati
nella coscienza comune di operai, masse proletarie e soprattutto giovani.
Ma allora come oggi non è cambiata la tappa per contrastare questo stato di
cose: costruire il partito, il nuovo partito della classe operaia, in grado
di essere comunista di tipo nuovo per conquistare e organizzare la gioventù
operaia e proletaria che certo cova nel suo seno, a fronte di sfruttamento,
precarietà, imbarbarimento, oppressione, le idee di rivolta e la volontà di
trasformazione.
Costruire il partito per una nuova resistenza, una guerra popolare e
proletaria che porti ad un'insurrezione, per spazzare via padroni e governo,
questo Stato e questa società e costruirne una di livello superiore con i
proletari al potere.
Il luglio '60 dimostra che per quanto grande sia la forza dello Stato i
proletari e le masse sono in grado di combatterlo e sconfiggerlo.
Il luglio '60 è la seconda incompiuta della storia del movimento operaio e
comunista del nostro paese, dopo la Resistenza antifascista e prima della
terza, il movimento rivoluzionario del 68/69.
Questo ci indica che effettivamente le idee di rivolta non sono mai morte ma
rinascono nel tempo e che da ogni tentativo fermato, sconfitto e poi
rifluito, si impara e si costruiscono le armi ideologiche, politiche e
organizzative per vincere.

proletari comunisti-PCm Italia
30.6.10


 

 

 

8 luglio 1960 la battaglia antifascista di Palermo

8 LUGLIO 1960 - 8 LUGLIO 2010
50° ANNIVERSARIO

Palermo, 2-3-8 luglio 2010

Venerdì 2 luglio Biblioteca Comunale Piazza Casa Professa
Ore 17,30 – 20,00
Saluti

Vincenzo Fumetta Segretario del Circolo Francesco Vella PRC
Mario Guarino Segretario provinciale PRC
Antonino Bono Presidente ERSU – Università di Palermo
Maurizio Calà Segretario generale della Camera del Lavoro di Palermo

Presiede e Apre i lavori: Luca Cangemi Segretario regionale PRC
“8 luglio ’60 Giornata della memoria; sua attualità”

Intervengono:
Giuseppe Carlo Marino Prof. ordinario di Storia Contemporanea Università di Palermo:
“8 luglio ‘ 60 momento cruciale della difesa della Costituzione e della democrazia repubblicana. Ricadute contemporanee a 50 anni di distanza”.

Angelo Ficarra Circolo PRC Francesco Vella:
“8 luglio 1960 la battaglia di Palermo. repressione e memoria storica.”

Fabrizio Loreto Ricercatore della Fondazione Di Vittorio Università di Teramo:
“La mobilitazione antifascista del luglio 1960 in Italia”

Ottavio Terranova Presidente ANPI Palermo
”La repressione violenta della polizia e lotta di liberazione”

Nicola Cipolla Presidente del CEPES
“L’8 luglio di Pio La Torre”.

Tommaso Baris Ricercatore di Storia contemporanea dell’Università degli Studi di Palermo
“8 luglio 1960 a Palermo. Nuove ipotesi di ricerca.”

Franco Tarantino Segretario regionale FILLEA CGIL Sicilia
“Francesco Vella nel ricordo degli edili di Palermo”


Al canto di “Bella ciao”, esibizione del Coro dell’Università e dell’ERSU di Palermo Consegna ai familiari di Francesco Vella di una medaglia alla memoria




Sabato 3 luglio Biblioteca Comunale Piazza Casa Professa


“Da Genova a Palermo: lotte sociali e democrazia (1960-2010)”

Ore 9,00 – 13,00

Coordina:

Tommaso Baris Circolo F. Vella PRC

Intervengono

Haidi Giuliani Già senatrice – madre di Carlo Giuliani
“Luglio 2001: a Genova per un altro mondo possibile”


Famiglia Cucchi genitori di Stefano Cucchi
“Riflessioni: tutela dei cittadini e responsabilità istituzionali”

Pietro Milazzo Sindacalista CGIL Palermo
“La repressione oggi”

Fulvio Vassallo Paleologo Università degli Studi di Palermo
“Leggi sulla sicurezza e democrazia oggi”

Tony Pellicane Movimento di lotta per la casa
“La lotta per la casa a Palermo: lo sgombero di casa Guzzetta”

Loriana Cavalieri Laboratorio Z - Palermo
“Una esperienza di lotta e di democrazia”

Ore 13,00
Conclusioni

Italo Di Sabato Responsabile osservatorio nazionale PRC sulla repressione


Giovedì 8 luglio

Ore 20,00
Manifestazione celebrativa – Mostra fotografica itinerante – Rappresentazione teatrale itinerante a cura dell’Associazione teatrale “Spazio aperto”, regia di Nicola D’Ippolito.

Concentramento Piazza Castelnuovo
Percorso: via Ruggero Settimo, via Maqueda sino a Palazzo Comitini

Sono previste delle soste per deporre delle corone di alloro in memoria dei caduti:

Via Rosolino Pilo (dove fu uccisa una donna affacciata al balcone: Rosa La Barbera)
Via Spinuzza (dove fu ucciso Andrea Gangitano, 19 anni operaio edile)
Via Bari (dove fu ucciso Ciccio Vella, operaio edile, dirigente sindacale)
Via Celso (in ricordo di Giuseppe Malleo, operaio, 16 anni).

E’ prevista anche la deposizione di una lapide in memoria dei caduti dell’8 luglio ’60 in via Maqueda lungo il percorso


Adesioni confermate
ANPI – Palermo
CEPES
FILLEA CGIL Regionale
CAMERA DEL LAVORO Palermo
FONDAZIONE DI VITTORIO

 

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