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la strage di Avola 

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68

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Avola, i braccianti uccisi tra mandorli e agrumi

2 dicembre 1968: lo sciopero contro le gabbie salariali nel siracusano trasformato dalla polizia in una caccia a uomini disarmati

«Che cosa è successo? C’è stato un gran dispiacere perché non erano morte delle bestie, ma erano stati uccisi dei compagni.»
(Dalla testimonianza resa da un anziano operaio agricolo il 3 dicembre 1968 all’inviato di “Lotte agrarie”, periodico della Federbraccianti-Cgil.)

http://www.brianzapopolare.it/sezioni/societa/20041202_avola_braccianti_1968.htm

....

Li stiamo ammazzando»

Ormai è guerra. Gli operai sono presi letteralmente tra due fuochi. Vomitano piombo di fronte a loro e alle loro spalle i mitra Beretta, i moschetti, e le pistole di almeno due calibri diversi, il 9 e il 7,65. Colpi a raffica, centinaia di proiettili: l’indomani Nino Piscitello scaricherà alla Camera due chili e mezzo di bossoli. Sono colpi precisi, diretti con cura ad alzo zero da quando un ufficiale - per dare l’esempio ad agenti esitanti - ha strappato di mano il moschetto ad un graduato ed ha sparato dritto contro un gruppo che tentava di ripararsi dietro un muretto.

Paolo Caldarella alza una mano in segno di tregua: un colpo gliela trapasserà. Poi cade Giorgio Garofalo: una fucilata gli ha forato in otto punti le anse intestinali (si salverà grazie a tre operazioni).

Un’altra fucilata spezza un femore ad Antonino Gianò. E Sebastiano Agostino è colpito al petto poco lontano da Orazio Agosta.

Quando non sono i moschetti e i mitra a farlo, sono le pistolettate che feriscono gravemente Giuseppe Buscemi, Paolo Caldarella, Rosario Migneco, Orazio Di Natale.

E’ un crescendo di violenza selvaggia, talmente insensata che a notte, all’ospedale di Siracusa, un agente colpito alla testa da una pietra continuerà per ore a gridare nel delirio: «Comandante! Comandante! E’ un’infamia... E’ il tiro al bersaglio... Lasci stare la pistola! Così li stiamo ammazzando!».

E infatti due braccianti moriranno tra atroci sofferenze.

Così viene ucciso Angelo Sigona, 25 anni da Cassibile: inseguito, braccato tra gli alberi, fucilato davanti ad un muretto. Raccolto in un lago di sangue da due compagni, non basteranno a salvarlo due interventi, prima all’ospedale di Noto e poi a quello di Siracusa. Così è ammazzato anche Giuseppe Scibilia, 47 anni da Avola, pure lui inseguito a trecento metri dal luogo degli scontri e centrato al petto. Non si saprà mai se ad ucciderlo sia stato quell’ufficiale visto da tutti (ma da nessuno identificato) mentre gridava ai suoi uomini che gli passassero i caricatori per il suo personale, allucinante western. Forse è lui il “comandante” citato nel delirio dall’agente ferito.

O forse no, perché in effetti, come racconterà più tardi Orazio Agosta, «tutti, ma proprio tutti, sparavano.

Ho visto poliziotti sparare anche contro i serbatoi delle motociclette dei braccianti perché prendessero fuoco e provocassero ancor più casino ». Venticinque minuti dureranno sparatorie e incendi e caroselli: da un lato duecento armi, dall’altro mille pietre. Da un lato, tra i braccianti, due morti e una diecina di feriti gravi; dall’altro, tra i poliziotti, quattro contusi ed un ferito, quello che nel delirio avrebbe confermato tutto l’orrore dell’impresa..... 

Giorgio Frasca Polara
Roma, 2 dicembre 2004
da "Liberazione"

 


pubblichiamo un contributo inviatoci dal circolo proletario Landonio

La strage di Avola
Quando i braccianti chiedono pane ricevono piombo

Tratto da Lotte Operaie n. 9 gennaio 1969

I braccianti del siracusano si trovavano in sciopero dalla metà del mese di novembre 1968. Rivendicavano condizioni di lavoro più umane; il rinnova del contratto di lavoro (1). Lunedì 2 dicembre 1968, mentre manifestavano in corteo lungo le vie di accesso ad Avola, vengono presi a colpi d'arma da fuoco dalla polizia, che in grandi forze era accorsa da tutta l'isola. Due giovani braccianti vengono uccisi, mentre altri cinquanta restano feriti, deisegue>>>>>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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