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Il piano Schengen militare, ovvero le infrastrutture e i popoli d’Europa
al servizio delle immanenti guerre future .(parte prima)
di Antonio Camuso
La settimana che va a terminare è stata ricca di avvenimenti e colpi di scena, quali l’ennesimo viaggio di Zelensky, in diversi paesi dell’Unione ricevendo attestazioni di solidarietà e promesse di aiuti militari ed economici (vedasi la vendita di un numero esorbitante di aerei da combattimento Rafale francesi, o materiali e tecnologie da parte della Spagna di Sanchez) ma anche il colpo da teatro di Trump con la rivelazione e poi l’ultimatum a Kiev sull’accettazione sul suo piano di pace tra Ucraina e Russia, ma poco risalto nei media si è dato alla notizia che la Commissione europea ha presentato un nuovo pacchetto per la mobilità militare, che rappresenta una novità in quanto a limitazione della sovranità nazionale di ogni Paese europeo. Esso è un passo ulteriore all’assoggettamento sociale, politico economico alle esigenze del complesso militar-industriale del Continente e alle scelte della NATO. Un progetto da far approvare in tempi stretti, a passo di Callas/ Von der Leyen, onde istituire entro il 2027 uno spazio europeo per il transito veloce e affidabilmente in sicurezza di truppe ed equipaggiamenti in quello che è stata definita dal commissario europeo per i trasporti, il greco Tzitzikostas, una Schengen militare. Un transito con relativo utilizzo delle infrastrutture nazionali coinvolte, che dovrà essere senza vincoli che potrebbero apporre i singoli stati in nome della difesa della propria sovranità. Sui termini utilizzati nel comunicato del commissario europeo, non vi sono dubbi: la parola “vincolante” significa che una volta accettata e votata al Parlamento Europeo, questa formula sulla mobilità militare “senza limiti”, i governi dei rispettivi Stati, che in futuro fossero retti da partiti diversi e avversi agli attuali, dovranno comunque assoggettarsi a essa e non opporre motivi di carattere politico.
Tra i punti centrali del nuovo regolamento vi è l’introduzione delle prime norme armonizzate nell’Ue per i movimenti militari transfrontalieri, con tempi di autorizzazione massimi fissati a tre giorni e procedure doganali semplificate. Questo cosa significa? Che in caso di spostamenti di truppe e armamenti UE o NATO, e relativa logistica a supporto, essi, essi potranno transitare liberamente senza che la Nazione interessata al loro transito o prestante l’utilizzo delle proprie infrastrutture non potrà apporre motivi politici per opporsi o ritardare il transito, salvo disbrigare in un massimo di tre giorni le sole pratiche doganali. Una formula esplicita in cui la consultazione e il voto parlamentare per questa estromissione di sovranità sono aboliti di fatto ed in maniera inequivocabile con questo regolamento sulla mobilità militare trans-europea. E’ l’equivalente delle leggi delle leggi dell’Impero romano che imponevano ai popoli delle province e delle nazioni asservite a Roma, di mantenere efficienti e sgombre le vie di comunicazione, i porti, le fonti di approvvigionamento alle legioni imperiali, accolandosene tutti gli oneri. Questa norma imperiale è stata mutuata dai commissari europei nell’attuale contesto implementando il format di quella formula vecchia di due millenni estendendolo anche allintero impianto della società moderna che si fonda sulla libera circolazione delle merci e delle persone e condizionata dal modo di produzione capitalistico nell’Era della Globalizzazione.
Sono state infatti introdotte norme : “In un quadro d’emergenza europeo
(Emers), che garantirà l’accesso prioritario alle infrastrutture
strategiche per le forze armate dell’Ue e della Nato in contesti di crisi.
Per rafforzare la resilienza del sistema logistico europeo, il piano
prevede investimenti mirati nell’adeguamento dei corridoi infrastrutturali
secondo standard a duplice uso, accompagnati da nuove misure per la
cybersicurezza, la sicurezza energetica e la prontezza operativa. È
previsto anche un pool di solidarietà logistico tra Stati membri e la
creazione di un sistema informativo digitale sulla mobilità militare”-
(agenzia nova 17-11-2025)
Per comprendere l’opera di persuasione su soggetti quali il commissario
Tzitzikostas, egli ha dichiarato: “Se
rendiamo un porto più profondo, faciliterà anche l'arrivo di navi cargo e
non solo militari, Se rafforziamo un ponte, sarà possibile trasportarvi
camion più pesanti, anche per il commercio. Quindi, questi finanziamenti
destinati alla mobilità militare contribuiscono anche a rafforzare la
nostra economia, la nostra stessa società del mercato unico" ed ancora in
pieno mercinomio con il complesso militar-industriale, quello che si nutre
del sangue versato da milioni di esseri umani per le guerre che
insanguinano il nostro pianeta:-“ "E c'è anche un altro aspetto: con tutti
questi progetti infrastrutturali che saranno realizzati nei prossimi
cinque anni nell'Unione europea, si creeranno centinaia di migliaia di
posti di lavoro, con un impatto significativo sull'economia di tutti gli
Stati membri",
Paradossale che queste parole siano profferite dal rappresentante di un
paese come la Grecia che una decina di anni fa decise di svendere la
sovranità del porto del Pireo e di centinaia di chilomentri di strade
ferrate agli interessi dei fondi sovrani cinesi intenzionati a far
divenire la Grecia il mega hub di transito per le merci cinesi verso il
mercato dell’Europa centro nord orientale.
Tra gli aspetti sottintesi in questo regolamento che si attende di voler
approvare a suon di proclami sul “ pericolo imminente dell’invasione russa
del continente europeo”, vi è quello che sottende è, come l’intera catena
che lega le infrastrutture al sistema produttivo connesso e la forza
lavoro conseguente, siano assoggettati alle esigenze sovranazionali del
Moloch militarista. Non sarà possibile, per esempio, bloccare, con
scioperi ed agitazioni, i porti come è successo a Genova per impedire il
passaggio di mezzi e armamenti verso teatri di guerra genocida , o
bloccare l’attracco di navi per rifornimento di gas come avvenuto a
Taranto per protesta contro Israele. Niente blocchi di stazioni
ferroviarie , per fermare la guerra , come avvenuto in un passato
protestando contro la guerra in Iraq o più recentemente per il genocidio a
Gaza al grido “di blocchiamo tutto!- Fare azioni di protesta di qiuesto
genere sarà equiparato ad azioni di sabotaggio ed attentato a strutture
militari nazionali e sovranazionali , equiparando i manifestanti a
terroristi internazionali con pene che vanno da un minimo di 20 anni sino
ai 30 anni , salvo aggravanti specifiche e ulteriori modifiche alle
legislazioni nazionali che potrebbero essere richieste in allegato e
subordine dall’Europa.
Brindisi, lì 22/10/2025 Antonio Camuso:ricercatore storico , blogger,
exdipendente del settore della Sicurezza al Volo, autore di diverse
inchieste su stragi aeree, sui
danni dell’Uranio Impoverito e sulla
strage della Kater I Rades.
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