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speciale FOCUS EUROPA/
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E’
Terza guerra mondiale o il preambolo della Quarta, quale soluzione finale
del conflitto tra Capitale e Umani? Appunti d’intervento di Antonio Camuso alla presentazione del Libro “Nella Terza Guerra Mondiale “ a Brindisi. Non
era mia intenzione intervenire nel dibattito a latere della presentazione
di questo interessante libro, ma l’entusiasmo e la passione della
relatrice Paola Rudan, nonchè coautrice del libro, gli spunti dati da
Gianluca Nigro e lo apprendere che esso è stato frutto di un lavoro di
analisi in un “collettivo di soggetti “ (collettivo connessioni
precarie) e confronto tra più reti di attivisti, mi hanno convinto a
venire qui al tavolo per esprimere la gioia e il piacere che simili
notizie e che danno conforto a quella generazione di militanti storici, e
analisti cui appartiene anagraficamente il sottoscritto, che sa che il suo
tempo sta per finire e aspira solo a porgere il testimone ad altri più
giovani e capaci anche tecnologicamente di interpretare meglio la
complessità di processi del tormentato cammino dell’Umanità. Quindi
innanzitutto bravi per il vostro impegno e auguri per il vostro lavoro! Non
è quindi per porre distinguo, o critiche gratuite a esso, ma per dare
altri spunti di riflessione, dopo avervi ascoltato, ho preso alcuni
appunti che espongo qui, a tutti voi. Il
primo che sembrerebbe un cassare il titolo del vostro libro è, a mio
avviso, se pur politicamente parliamo di terza guerra mondiale, quale
ricercatore e analista storico di “vecchia generazione”. Affermerei
che viviamo il cruciale passaggio tra la terza guerra mondiale e la
prossima quarta guerra mondiale. Una
terza guerra mondiale iniziatasi l’8 agosto 1945 con le bombe atomiche
su Hiroshima eproseguita con la fase successiva che abbiamo definito
Guerra Fredda, evolutasi con la caduta del muro di Berlino e la
dissoluzione del Patto di Varsavia e della stessa URSS, trasformandosi in
quella serie di guerre che non sono regionali o di liberazione coloniale,
e che sono state definite, di polizia internazionale, umanitarie contro il
terrorismo internazionale, d’imposizione della democrazia, primavere e
rivoluzioni colorate, ecc. Perché
storicamente definire un periodo che va da 1945 sino al 2025, ovvero 80
anni a cavallo del 20° e 21° secolo, quale Terza guerra Mondiale e che
ai tempi delle guerre dell’Iraq coniammo come Guerra Infinita permanente
in nome dell’imposizione del Nuovo Ordine Mondiale?
Per
spiegare ciò prendo spunto dall’intervento della stessa autrice che
accennava i punti cruciali di passaggio tra la prima e la seconda guerra
mondiale. La
prima guerra mondiale quale scontro tra imperialismi e tentativo di
soluzione delle contradizioni interne e di crescita del capitalismo
dell’epoca, si finisce lasciando in piedi molti dei quesiti che
l’avevano determinata, compreso quello già accennato dai relatori del
libro quello della contraddizione tra capitale e lavoro, ovvero del
conflitto tra le classi. I
venti anni che separano la prima e la seconda guerra mondiale (1918-1939)
sono una frenetica ricerca delle soluzioni di questi quesiti e la risposta
è la crescente militarizzazione della società, sia nell’evoluzione
delle forme di produzione, (organizzazione fordista, catene di montaggio,
produzione duale civile militare evoluta tecnologicamente, ecc) che nella
creazione di forme di potere statale repressive e populiste, (fascismo,
nazismo, ecc). Ciò che diceva Marx sugli eserciti di operai quale armate
dei capitalismi contrapposti (in termini di organizzazione capitalista del
lavoro), diventano popoli del “libro e moschetto” in quel ventennio. Se
formalmente la II guerra mondiale è datata dall’1 settembre 1939, gli
storici la vedono muovere i primi passi nella grande crisi capitalista del
29, e poi prender forma conclamata ad esempio con l’aggressione
dell’Etiopia di Mussolini, o l’anscluss permanente di Hitler, Rhur,
Cecoslovacchia, Austria, ecc, ma che a mio avviso e di tanti storici,
militarmente ha inizio con la guerra di Spagna . La
crisi del capitale si risolverà egli anni ‘30 e poi ‘40 con la corsa
alla produzione bellica. Le armi quale prodotto formatore di capitale e
forma di contenimento delle spinte rivoluzionarie e progressive del
proletariato e infine la guerra quale soluzione del conflitto capitale
–lavoro. Nella
seconda guerra mondiale in entrambi i fronti di guerra, occidentale e
Pacifico, ll complesso industriale statunitense è quello che ne trae
magigiromente profitto sino a divenire quel complesso militar-industriale
che a fine conflitto, col suo unicum è pronto, con l’annuncio della
bomba atomica su Hiroshima a iniziare la terza guerra mondiale in nome
della sua unicità “imperiale”. Dal
1945, la Terza guerra mondiale ha le fasi di cui conosciamo e che assume
spesso, non scordiamoci del Colpo di Stato Permanente: Cile, Grecia, i
tentati golpe e lo stragismo fascista in Italia, ecc. Esso che è una
delle risposte asimmetriche della nuova Santa Alleanza, la NATO, nata a
fine anni 40 e che festeggia nel 1999, il suo cinquantesimo compleanno con
la guerra del Kosovo, (al di fuori degli articoli del suo statuto),
proclamandosi con l’assemblea a Washington del 1999, di essere
l’Alleanza militare capace di andare a risolvere militarmente le crisi
internazionali mondiali, grazie al fatto a essere l’unica sopravvissuta
alla guerra fredda, e alla fine ingloriosa del Patto di Varsavia, e a
essere la paladina dell’annunciato Nuovo Ordine Mondiale. Un’affermazione
piena di superbia che la porta a intervenire per esempio in Afghanistan,
dove i sogni di gloria della NATO, dopo 20 anni, sfumano e poco dopo la
ritrovano a confrontarsi realmente nella guerra in Ucraina.
Oggi, se per la Russia è decisiva per il suo permanere come
potenza economico-militare di primo piano, per la NATO non perderla è
esistenziale e da qui possiamo comprendere le contraddizioni, la crisi
interna che essa vive pur nel suo allargamento. La
Nato e le altre alleanze militari “proOccidente” quanto possono
confrontarsi con le sfide che il capitalismo della globalizzazione, del
Mercato Globale, dove le interazioni con cui vive travalicano i confini
nazionali e le forme politiche che reggono gli Stati? E
ancora quel capitale trasnazionale di cui giustamente parla la relatrice,
e contro cui alle logiche belliche, si auspica rispondere con forme di
resistenza, (solo quella in questo momento possibile) quali lo sciopero
trasnazionale, oggi ha il potere più forte tra le mani, quello del
controllo delle informazioni ed ha al suo servizo una miriade di
scienziati ed esperti dell’analisi e della previsione, ma che sempre più
sono sostituiti da forme autonome e non umane, quali l’intelligenza
artificiale. Da
essi proviene la conferma che la sopravvivenza del format
“Capitalismo” nel terzo millennio, in una Terra devastata
ambientalmente, dove crisi climatica, e demografia, formano un unicum
incandescente in cui si trascinerà un’Umanità di qualche decina di
miliardi di esseri umani, abitanti per lo più in megalopoli ribollenti,
ebbene l’unica risposta è compenetrare in quell’Umanità l’idea di
essere in Stato di Guerra Permanente, in un’economia di guerra cui
bisogna accettare restrizioni e sacrifici e dove il rodotto del lavoro
vivo, e qui introduco una variante al termine usato dai relatori del
libro, non controllo del capitale sul lavoro vivo, ma sul suo prodotto,
ove la sola esitenza di ogni essere umano, i suoi bisogni primordiali sono
fonte di sfruttamento e formazione di margine di profitto. (Nota a margine
del 5 settembre, :oggi Trump ha detto che il Dipartimento della Difesa si
chiamerà Ministero della Guerra) E
quale miglior margine di profitto lo si può trarre dalla produzione di
strumenti di morte e distruzione sempre più tecnologicamente avanzati ,
perché necessari alla sopravvivenza e alla vittoria del Capitale su
miliardi di Umani?
Questi ultimi dovranno anelare di potersi guadagnare in quello
stato di guerra permanente , il posto in un bunker , privato come quelli
israeliani , o collettivo come quelli ucraini eredi della corsa ai bunker
ai tempi del confronto e della corsa alla proliferazione nucleare dei
tempi della terza guerra mondiale / Guerra Fredda. Il
bunker simile alla caverna dei tempi primordiali, o la tenda dei gazawiti,
simile alle capanne della Peristoria, luoghi/abitat dove rifugiarsi nella
Quarta Guerra mondiale, quella futura , che oggi si annuncia in molteplici
forme, al riparo di droni e masse urlanti di desperados , che siano
abitanti delle periferia delle megalopoli o popolazioni migranti in fuga
da carestie, siccità, epidemie, guerre , ecc?
Uomini come topi è lo scenario futuro della quarta guerra
mondiale, ripeto quella della soluzione finale tra Capitale e Umani. Uomini come topi ,su cui il diritto umanitario/bellico è riscritto col sangue attuale dei palestinesi di Gaza. Con quelle forme che oggi la cosiddetta comunità internazionale , sta prendendo atto a Gaza, si potrà forse poter metter fine a quella riottosa umanità che salendo nella scala evolutiva si è illusa di poter far vivere la propria progenia in un mondo libero da ingiustizia e oppressione. di Antonio Camuso Archivio
Storico Benedetto Petrone-APS Brindisi 5 settembre 2025 archiviobpetrone ç libero.it E' consentita la riproduzione , ,senza fini di lucro dei materiali prodotti dall'Osservatorio sui Balcani di Brindisi con l'obbligo di riportarne esplicitamente l'autore e la fonte. |