ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE

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OPA

L' Organizzazione Anarchica Pugliese, è un movimento politico anarchico italiano nato in Puglia.

Nel 1976, l’OAP muta il suo nome in Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica (ORA), sulla base delle esperienze coeve in Francia ed Inghilterra. Lo stesso anno si tiene a Bari il 1° Congresso regionale dell'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica (ORA), 

LE COLLETTIVITA'

Un documento di analisi sulla Spagna del 1936 ( ciclostilato del 1974)

a cura dell'Organizzazione Anarchica Pugliese(Lo scritto che segue è tratto dal volume "Né Franco né Stalin", il cui autore, il compagno Gaston Leval, ha vissuto l'esperienza spagnola ed ha effettuato particolari studi e ricerche sulle collettività)

 

LE COLLETTIVITA'

1. Il principio giuridico delle Collettività era completamente "nuovo". Non erano né il "sindacato" né il "municipio", nel senso tradizionale del termine, e neppure il municipio del medioevo. Tuttavia, erano più prossime allo spirito comunale che allo spirito sindacale.

Le Collettività, spesso, avrebbero potuto chiamarsi egualmente Comunità, come nel caso di quelle di Binefar e costituivano veramente un tutto in cui i gruppi professionali e corporativi, i servizi pubblici, gli interscambi, le funzioni municipali restavano subordinati, dipendenti dall'insieme nella loro struttura, nel loro funzionamento interno, nell'applicazione dei loro compiti particolari.

2. Malgrado la loro denominazione, le Collettività erano praticamente organizzazioni libertarie comuniste, che applicavano la regola "da ciascuno secondo le proprie forze ed a ciascuno secondo i suoi bisogni"; sia per la quantità di risorse materiali assicurata a ciascuno dove il denaro era abolito, sia per mezzo del salario familiare dove il denaro è stato mantenuto. Il metodo tecnico differiva, ma il principio morale e i risultati pratici erano i medesimi.

Questa pratica era in effetti senza eccezioni nelle Collettività agrarie; poco frequente invece nelle collettivizzazioni e socializzazioni industriali, per essere la vita delle città più complessa e meno profondo il sentimento di sociabilità.

3. La solidarietà portata al grado estremo era la norma generale delle collettività agrarie. Non solo vi era assicurato il diritto di tutti alla vita, ma nelle federazioni comarcali si stabiliva sempre più il principio dell'appoggio mutuo, con l'ammasso comune, di cui si giovano i paesi meno favoriti dalla natura.

Nella Castiglia, si stabilirono a questo scopo le Casse di Compensazione. Nel campo industriale questa pratica pare sia stata iniziata in Hospitalet, nelle ferrovie catalane e più tardi si applicò in Alcoy. Sarebbe stata più generale, se il compromesso con gli altri partiti non avesse impedito di socializzare apertamente sin dai primi giorni.

4. Una conquista di enorme portata era stata raggiunta: il diritto della donna alla vita, qualunque fossero le sue funzioni sociali. Nella metà circa delle collettività agrarie, il salario che le si attribuiva era inferiore a quello dell'uomo, nell'altra metà equivalente; differenze queste che si spiegano tenendo conto che raramente la donna nubile veniva isolata.

5. Anche il bambino ha visto il riconoscimento del suo diritto alla vita: non come elemosina accordata dallo Stato, bensì come l'esercizio di un diritto che nessuno pensava a negare. Al medesimo tempo le scuole gli sono state aperte fino ai 14 o 15 anni: solo modo per evitare che i genitori lo mandassero a lavorare prima del tempo, e per rendere l'istruzione realmente generale.

6. In tutte le Collettività agrarie dell'Aragona, Catalogna, Levante, Castiglia, Andalusia ed Estremadura, è stata norma spontanea costruire dei gruppi di lavoratori, quasi sempre distribuiti in zone precise che si dividevano le colture e le terre. Egualmente spontanea è stata la riunione dei delegati eletti da questi gruppi, insieme al delegato locale d'agricoltura, allo scopo di orientare il lavoro generale.

7. Oltre a tali riunioni ed altre analoghe dei gruppi specializzati, avevano luogo in forme anch'esse spontanee le riunioni dell'intera Collettività: un'assemblea settimanale, o quindicinale o mensile. Si pronunciava sull'attività dei consiglieri da essa nominati, sui casi speciali e le difficoltà impreviste. Tutti gli abitanti, uomini e donne, fossero o no produttori di beni di consumo, intervenivano e determinavano gli accordi presi. Spesso, anche gli stessi "individualisti" potevano pronunciarsi e votare.

8. Nella coltivazione della terra le modifiche più importanti sono state: l'aumento rapido del macchinario impiegato e dell'irrigazione, l'estensione della pollicoltura, la piantagione di alberi di ogni specie. Nell'allevamento del bestiame: la selezione e la moltiplicazione delle specie, l'adattamento di esse alle condizioni dell'ambiente, del clima, dell'alimentazione, ecc. e la costruzione, su vasta scala, di stalle, porcili ed ovili collettivi.

9. Si estendeva continuamente l'armonia nella produzione e ella coordinazione degli scambi, così come l'unità nel sistema di ripartizione. L'unificazione comarcale si completava con l'unificazione regionale. La federazione nazionale era sorta. Alla base la "comarca" organizzava l'interscambio. Eccezionalmente lo praticava il Comune isolato, ma su autorizzazione della federazione comarcale, che prendeva nota degli scambi e poteva interromperli se pregiudizievoli all'economia generale. Così accadeva per esempio nella Collettività isolata della Castiglia, che non vendeva grano per suo conto ma, invece, mandava il cliente all'ufficio del grano in Madrid. In Aragona, la Federazione delle Collettività, fondata nel gennaio del 1937 e la cui sede centrale si trovava a Caspe, incominciò a coordinare gli scambi fra tutti i Comuni della regione, così come la pratica dell'appoggio mutuo.

La tendenza all'unità si era creata con l'adozione di una tessera di "produttore" unica e di una tessera di "consumatore" ugualmente unica che implicavano la soppressione di tutte le monete, locali o no, secondo la risoluzione presa nel congresso costitutivo del febbraio 1937.

Riguardo agli scambi con le altre regioni e alla vendita all'estero, la coordinazione migliorava sempre più. Nel caso di utili per differenze di cambio, o per l'ottenimento di prezzi superiori ai prezzi base già eccedenti, la Federazione Regionale li impiegava per aiutare le collettività più povere. La solidarietà oltrepassava l'ambito comarcale.

10. La concentrazione industriale tendeva a generalizzarsi in tutti i Comuni, in tutte le città. Le piccole officine, le fabbriche antieconomiche sparivano. Il lavoro si razionalizzava con un obiettivo e una forma altamente sociali, tanto nelle industrie di Alcoy come in quelle di Hospitalet, nei trasporti urbani di Barcellona, come nelle collettività di Aragona.

11. La socializzazione cominciava spesso con la ripartizione (comarca di Segorbe, di Granollera, vari villaggi di Aragona). In certi casi i nostri compagni strappavano ai municipi riforme immediate (municipalizzazione dei fitti e della medicina in Elda, Benicarlò, Castiglione, Alcagniz, Caspe, ecc.).

12. L'insegnamento progrediva con una rapidità prima d'allora sconosciuta. L'immensa maggioranza delle Collettività e dei municipi più o meno socializzati ha costruito una o varie scuole. Ciascuna delle Collettività della Federazione del Levante aveva la sua scuola al principio del 1938.

13. Il numero delle collettivizzazioni aumentava continuamente. Il movimento nato con più slancio in Aragona aveva guadagnato nella campagne parte della Catalogna, acquistando uno slancio straordinario, soprattutto nel Levante, e quindi nella Castiglia, le cui realizzazioni sono state, secondo testimoni responsabili, forse superiori a quelle di Levante e di Aragona. L'Estremadura e la parte dell'Andalusia che i fascisti tardarono a conquistare - specialmente la provincia di Jean - hanno avuto anche le loro collettività, ciascuna regione con le caratteristiche proprie nella sua agricoltura e della sua organizzazione locale.

14. Nelle mie investigazioni ho incontrato soltanto due insuccessi: quello di Boltena e quello di Ainsa, nel nord di Aragona. Lo sviluppo del movimento e le adesioni che accoglieva si possono esprimere con questi dati: nel febbraio del 1937 la comarca di Angues aveva 36 collettività (cifra comunicata al congresso di Caspe). Ne aveva 57 nel giugno del medesimo anno. Manchiamo di cifre esatte sul numero delle collettività create in tutta la Spagna. Basandoci sulle statistiche incomplete del congresso di febbraio in Aragona e sui dati raccolti durante il mio soggiorno prolungato in questa regione, posso affermare che erano almeno 400. Quelle di Levante erano 500 nel 1938. devono aggiungersi a quelle delle altre regioni.

15. Le collettività si sono complementate in altri luoghi con altre forme di socializzazione. Il commercio si socializzò dopo il mio passaggio a Carcagente; Alcoy vide sorgere cooperative di consumo che completavano l'organizzazione sindacale della produzione. Altre collettività si ampliarono: Tamarite, Alcolea, Rubielas de Mora, Calanda, Pina, ecc.

16. Le collettività non sono state opera esclusiva del movimento libertario. Quantunque applicassero principi giuridici nettamente anarchici, erano spesso creazione spontanea di persone lontane da questo movimento ("libertarie" senza saperlo). La maggior parte delle Collettività d Castiglia ed Estremadura sono state opera di contadini cattolici e socialisti ispirati o no dalla propaganda di militanti anarchici isolati. Malgrado l'opposizione ufficiale delle loro organizzazioni, molti membri dell'UGT sono entrati nelle collettività o le hanno organizzate; e così pure i repubblicani sinceramente desiderosi di realizzare la libertà e la giustizia.

17. I piccoli proprietari erano rispettati. Le tessere di consumatori fatte anche per loro, il conto corrente che era loro aperto, le risoluzioni che venivano prese a loro riguardo, lo attestano. Soltanto s'impediva loro di avere più terra di quella che potessero coltivare e di esercitare il commercio individuale. L'adesione alle collettività era volontaria: gli "individualisti" vi aderivano solo se e quando venivano persuasi dai migliori risultati del lavoro in comune.

18. I principali ostacoli alle Collettività erano:

a) la coesistenza di strati conservatori, dei partiti e delle organizzazioni che li rappresentavano: repubblicani di tutte le tendenze, socialisti di destra e di sinistra (Largo Caballero e Prieto), comunisti staliniani, sovente poumisti (prima di venire espulso dal Governo della Generalitat, il POUM non fu realmente un partito rivoluzionario; lo divenne quando si trovò costretto all'opposizione. Ancora nel giugno 1937 un manifesto distribuito dalla sezione di Aragona del POUM attaccava le Collettività). LA UGT (Unione Generale dei Lavoratori) costituiva lo strumento principale utilizzato da codesti vari politicanti.

b) l'opposizione di certi piccoli proprietari (contadini dei Pirenei e catalani)

c) il timore manifestato anche da alcuni membri delle Collettività che, terminata la guerra, il governo distruggesse queste organizzazioni. Tale timore fece vacillare anche molti che non erano realmente reazionari e molti piccoli proprietari che senza di esso si sarebbero decisi ad entrare nelle Collettività.

d) la lotta attiva contro le collettività: con ciò non s'intende l'ovvia azione distruttiva delle truppe di Franco dove potevano arrivare; questa lotta contro le collettività è stata condotta a mano armata in Castiglia dalle truppe comuniste. Nella regione valenziana, si ebbero dei veri combattimenti dei quali intervennero perfino carri d'assalto. Nella provincia di Huesca, la brigata Carlo Marx ha perseguitato le Collettività. La brigata Macia-Companys ha fatto lo stesso nella provincia di Teruel (ma ambedue hanno sempre sfuggito il combattimento contro i fascisti. La prima è sempre stata inattiva, mentre le nostre truppe lottavano per prendere Huesca o posizioni importanti. Le truppe marxiste si riservavano per la retroguardia. La seconda abbandonò senza lotta Vivel del Rio ed altri comuni della regione carbonifera di Utriglios. I soldati, che fuggirono in camicia davanti a un piccolo attacco che altre forze contennero senza difficoltà, furono poi combattenti intrepidi contro i contadini disarmati delle Collettività).

19. Nell'opera di creazione, di trasformazione e socializzazione che è stata, il contadino ha dimostrato una coscienza sociale superiore a quella dell'operaio della città.

 

 L'AUTOGESTIONE DELLE FERROVIE NELLA SPAGNA RIVOLUZIONARIA

I ferrovieri spagnoli erano organizzati in due sindacati, il Sindacato Nazionale delle Industrie Ferroviarie (FNIF, che aderiva alla CNT) e il Sindacato Nazionale delle Ferrovie, aderente alla UGT.

Nel luglio del 1936 la UGT contava, sul piano nazionale, un maggior numero di aderenti, anche se la differenza non era notevole ed i progressi degli anarco-sindacalisti erano costanti. In Catalogna questi ultimi poi erano già i più numerosi.

In tutti i congressi della CNT s'era sempre affermato che la espropriazione delle ferrovie era una necessità immediata di una futura rivoluzione: così, vinto il fascismo nelle strade di  Barcellona, i nostri compagni non persero tempo e il 20 luglio, mentre fuori per le strade ancora infuriava la battaglia, convocarono gli alti funzionari delle compagnie ferroviarie nella sala del consiglio di amministrazione. "Vi abbiamo chiamato per ricevere da parte vostra la rinuncia ai posti ed a tutti i diritti acquisiti nella Compagnia": era l'inizio dell'autogestione, i lavoratori, senza più padroni né dirigenti, si incaricavano di far funzionare le ferrovie. Cosa non facile, nelle condizioni in cui si trovavano. La rivoluzione, la guerra e l'avanzata fascista in Aragona avevano interrotto il traffico ed in tutte le stazioni si erano accumulati i vagoni. Il 21 i militanti ispezionavano la linea e lo stesso giorno partiva il primo treno carico di truppe per l'Aragona. Nel giro di pochi giorni la circolazione era ristabilita anche se l'opera di riorganizzazione era portato avanti quasi esclusivamente dai compagni della CNT, mentre la UGT, tenendosi in disparte, non faceva assolutamente nulla. Era stato subito nominato dai ferrovieri (che non avevano mai abbandonato il posto di lavoro) un comitato centrale rivoluzionario che, dopo alcuni rimaneggiamenti, fu organizzato con un compagno alla testa di ciascuna delle dieci sezioni tecniche, più un segretariato e un presidente. Le sezioni erano: traffico, servizi elettrici, contabilità e cassa, trazione, economato, servizi sanitari, ponti e binari, controllo e statistica e, oltre che dal membro del Comitato Centrale, erano dirette da un  comitato organizzatore.

A) Il potere dell'assemblea

In un secondo tempo le assemblee dei lavoratori di ogni stazione nei centri minori e di ogni sottosezione nelle grandi città provvedevano a eleggere direttamente i delegati che presero il posto dei comitati organizzatori di sezione. I lavoratori di ogni località si riunivano in media due volte al mese per discutere e per prendere decisioni su lavoro e sulle condizioni di vita. In ogni stazione la gestione del servizio era affidata al comitato locale responsabile, composto da lavoratori eletti dall'assemblea generale. I membri del comitato non lasciavano il loro consueto lavoro, ed il loro operato era sottoposto al giudizio o all'approvazione degli operai nelle assemblee.

Il comitato centrale cominciò ad assumere la direzione solo dopo la metà del '37, sia perché i membri che lo componevano, tutti lavoratori manuali, non possedevano le conoscenze necessarie a sostituire rapidamente gli amministratori della vigilia, sia perché in principio la sua funzione continuava non era necessaria. Poiché il personale di ogni sezione continuava la sua consueta attività, i membri del comitato centrale dovevano all'inizio solamente vigilare sulla attività generale e coordinare il lavoro delle varie linee.

Senza azionisti, senza più ingegneri, senza più dirigenti, la circolazione continuava: 17.740 vagoni nell'ottobre del '36, 21.470 solamente due mesi dopo (e bisogna considerare che la vita economica del paese era danneggiata dalla divisione della Spagna in due territori), ci fanno comprendere le proporzioni dell'impresa. Furono anche commessi degli errori, come quello di far circolare troppi treni nei primissimi tempi dopo la rivoluzione: era l'entusiasmo che trascinava e non faceva considerare di dover risparmiare il carbone che, essendo importato dalle Asturie e dall'Inghilterra, sarebbe venuto a mancare con il protrarsi della guerra.

B) I miglioramenti salariali

I lavoratori presero subito provvedimenti per migliorare i salari, specialmente di quanti, come le donne cantoniere, guadagnavano talmente poco da essere costretti ad una vita di stenti. Stabilirono un salario minimo di 300 pesetas al mese (le donne cantoniere prima ne prendevano 75, mentre la media era sulle 200), ed anche un limite massimo di 500, a cui livellarono tutti gli stipendi più elevati.

Quello dei tecnici fu un grosso problema ed un grosso limite dell'autogestione, mancavano persone in possesso di quelle conoscenze tecniche indispensabili al buon andamento del servizio, anche se 5 ingegneri si erano presentati per riprendere il lavoro (il loro stipendio fu aumentato a 750 pesetas per invogliarli a tornare).

Un altro problema che i lavoratori dovevano affrontare era dato dalla posizione e dalle iniziative dell'UGT che, se all'inizio era stata costretta a mandare 4 delegati concordi con la maggioranza dei lavoratori per l'autogestione, in un secondo tempo, ligia alle direttive delle autorità governative (ligie alle direttive di Stalin), li sostituì con altri quattro che sostenevano la necessità di nazionalizzare le ferrovie e di eliminare i sindacati come organi responsabili. Questa lotta con la burocrazia statale rendeva diffidenti i lavoratori che non accettavano neppure il controllo sull'amministrazione, ben sapendo che non sarebbe stato altro che il primo passo verso maggiori intromissioni dello Stato.

E non avevano nulla da nascondere, anzi, pur essendosi trovati a dover cominciare la gestione con un passivo di 502.660 pesetas, pur trasportando gratuitamente tutto quanto serviva per la guerra in Aragona, pur facendo fronte ad un aumento di 668.667 pesetas per i ritocchi agli stipendi e pur subendo una diminuzione mensile di 1200 carri per l'interruzione del traffico con i territori occupati dai fascisti, riuscirono a mantenere costante il prezzo dei viaggi e del trasporto delle merci. Per far fronte alle difficoltà preferivano fare appello alla riorganizzazione generale dei mezzi di trasporto.

C) La riorganizzazione dei trasporti

La circolare che venne inviata a tutti i ferrovieri il 5 novembre fu una delle iniziative prese per procedere alla riorganizzazione  generale su scala regionale dei trasporti. I risultati furono illuminanti sul buon funzionamento dei servizi gestiti dai capitalisti, in certe zone, come lungo la costa mediterranea della provincia di Barcellona, otto, dieci, dodici linee di autobus e di autocarri si accavallavano e facevano concorrenza sia al treno, sia tra di loro. Viaggiavano spesso vuoti, erano costretti, per vivere, a mantenere alti i prezzi dei trasporti mentre in altre regioni come la provincia di Lerida, decine e decine di paesi erano privi di un qualsiasi trasporto regolare, costretti così all'isolamento ed alla ignoranza che da esso deriva.

Attraverso il formulario si poté cominciare a conoscere la vita economica di tutta la regione, le necessità dei trasporti che ne derivavano, e si poté così cominciare a riorganizzare il tutto per il bene della società, non per quello delle compagnie, né per quello dei piccoli padroni. Per le località isolate della provincia di Lerida, ad esempio, furono organizzati dei trasporti regolari, che se per ora lavoravano in perdita, erano mantenuti in vita dalle più remunerative linee della costa.

Il ruolo del governo fu, anche in questo caso, di cercare di ostacolare, di intralciare l'azione dei lavoratori. Solo dopo molti sforzi essi riucirono ad ottenere la collaborazione del "Servizio di Statistica dei Trasporti" della Generalità di Catalogna per compilare un nuovo e più ampio formulario in cui si facevano più di 57 domande sulle caratteristiche naturali, sui mezzi di comunicazione, sul traffico delle merci, sull'importanza delle scuole e sulla loro dislocazione, su numero, caratteristiche e dati dei taxi, autobus, camion, bastimenti, automobili e sul grado della loro collettivizzazione, ed infine sul problema sindacale.

La riorganizzazione dei trasporti fu attuata riunendo tutte le linee ferroviarie (la rete Madrid-Saragozza- Alicante, quella del nord e la catalana) sotto la direzione di un comitato centrale regionale.

In ogni stazione, cantiere o reparto i lavoratori nominavano liberamente un delegato responsabile, incaricato della direzione e coordinazione dei servizi di quella particolare dipendenza. Erano questi delegati che facevano parte dei comitati di sezione (gestione, controllo e statistiche, commercio e reclami, materiale e trazione, ecc.) in cui venivano eletti i delegati che andavano a far parte del Comitato Centrale.

Tutti i delegati che facevano parte dei comitati di sezione continuavano, per tutto il tempo della loro delega a svolgere il loro lavoro e si riunivano nelle ore di libertà.



(estratto da un ciclostilato dell'Organizzazione Anarchica Pugliese del 1974) 

 

 

 

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