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Ecco come è stato azzerato a Taranto il movimento per la pace

La più grande base Nato del Mediterraneo è ora senza alcuna opposizione. Tutti sono concentrati su rigassificatore, emergenza Ilva e morti per cancro. I poteri forti del mondo militare ringrazieranno Vendola per questo capolavoro

28 novembre 2007 - Alessandro Marescotti - Carlo Gubitosa (Associazione PeaceLink)

A Taranto il movimento pacifista è stato fermato.
Non dalla Nato.
Non da oscuri intrighi.
Non con l'uso della forza o dell'intimidazione.
Ma, triste dirlo, dalla Regione Puglia.

E' stato realizzato un capolavoro strategico, probabilmente (anzi sicuramente) involontario ma effettivo, che ha deviato l'azione di chi prima si occupava di pace e disarmo sul territorio.

Perché? Come mai?

La spiegazione è semplice e disarmante.

Taranto è stata scelta come città destinataria di un rigassificatore. Poco distante l'Agip vuole raddoppiare gli impianti della raffineria. Sempre nella stessa area è stata dirottata tutta la produzione "a caldo" (la più cancerogena) dell'Ilva di Genova. L'incremento della produzione di acciaio è passato dalla acquisizione delle quote "sporche" altrove rifiutate. Un simile concentrato di impianti ad alto rischio è forse più pericoloso di un deposito di bombe atomiche. L'impatto sulla vita della gente è paragonabile ad una guerriglia strisciante combattuta sui polmoni della popolazione. Le polveri sottili hanno ripetutamente sforato i limiti nazionali per entità e frequenza. La diossina e il mercurio a Taranto sono al top della graduatoria nazionale. La lotta sull'emergenza rifiuti vede mobilitati migliaia di cittadini con movimenti autogestiti nell'intera area jonica. La politica dei rifiuti è stata gestita a livello regionale senza spesso consultare le popolazioni.

E passiamo agli effetti: 1200 morti per cancro ogni anno a Taranto e provincia. Più delle perdite Usa in Iraq. I soldati a Taranto si chiamano cittadini. E al posto dell'elmetto hanno il casco da operaio.

Decine di persone in questo momento stanno lottando per vivere. Esplodono le malattie correlate all'inquinamento. Ma ciò che è grave è il danno genotossico. Un danno che viene lasciato in eredità alle future generazioni. Un DNA manomesso dall'inquinamento darà alla future generazioni la probabilità di contrarre prima e con più frequenza il cancro.

Per questo l'emergenza ambientale è diventata insostenibile. Moralmente insostenibile. E' una questione morale.

Per questo a Taranto persone e gruppi storicamente impegnati per la pace da due anni si sono riconvertiti in sentinelle ecologiche.

Stanno sostenendo questa lotta contro la violenza cieca di un profitto che uccide e di una casta politica che ha smarrito l'anima.

L'ignavia e l'accidia di una pseudo classe dirigente è sotto gli occhi di tutti, non c'è da fare sforzi nel distinguere fra destra, centro e sinistra: i vizi sono distribuiti con equità.

E veniamo al punto cruciale.
La Regione Puglia è stata al fianco di chi lotta a Taranto?

No.

Ha invece dato l'impressione di essere lontana, ambigua e a volte anche inaffidabile.

Lunga sarebbe la serie di fatti concreti che portano a questa conclusione. Non c'è che l'imbarazzo della scelta.

Fatto sta che il movimento pacifista a Taranto è stato azzerato e "riconvertito". Marcia non più verso la base navale ma verso la zona industriale. Quella zona di veleni e di morte doveva essere presidiata, analizzata e controllata fin nei dettagli da una Regione efficiente e attenta. E invece eccola lì: pigra, lenta, persino indolente nel rispondere alle email. Attiva solo se pungolata da cittadini spazientiti.

E' una lotta dalle dimensioni gigantesche. L'Ilva ha persino chiesto al Ministero dell'Ambiente che non vengano considerate valide le osservazioni del Comitato per Taranto nell'ambito dell'AIA (Autorizzazione Intergrata Ambientale). E in molti casi le istituzioni locali non hanno saputo o voluto difendere il diritto di parola dei cittadini e dei comitati che li rappresentano.

La parte migliore di Taranto è impegnata in questa resistenza strenua, commuovente, eroica. E' protesa in una iniziativa complessa di approfondimento scientifico e tecnico.
Fra pochi giorni scenderà in piazza con i malati di leucemia.

E in questo movimento ci sono i pacifisti? Sì.

La bandiera arcobaleno sventola nelle iniziative ambientali per la difesa della vita e della salute.

Se la Regione Puglia avesse fatto la sua parte in campo ambientale, rispettando gli impegni presi con gli elettori, oggi non saremmo arrivati a questo punto. La Regione ha scelto un profilo minimalista, ha angosciosamente irritato tutti coloro che hanno a cuore la sorte della città. Quando nelle riunioni si parla di Nichi Vendola e' ormai svanito l'entusiasmo di una campagna elettorale centrata sui temi della salute e della qualita' della vita dei cittadini, e l'ottimismo della societa' civile si e' trasformato in una profonda delusione e sfiducia, che avranno sicuramente un peso non indifferente nei prossimi appuntamenti elettorali.

Oggi chi ha votato una sinistra capace di progettare un futuro basato sulla tutela ambientale, sul turismo, sulla smilitarizzazione, sulla promozione del territorio sta facendo i conti con la "Realpolitik" che marginalizza persone, idee ed esperienze dei movimenti ecopacifisti.

Sarebbe ingiusto gettare solo su Vendola tutto questo carico di responsabilita' politiche, e infatti le condivide con i suoi assessori.

Ad esempio Guglielmo Minervini. Da rappresentante della societa' civile da' il suo prezioso contributo a validissime esperienze come le edizioni "La Meridiana" e la rivista "Mosaico di Pace". Ma una volta divenuto assessore regionale alla Trasparenza e cittadinanza attiva e' risucchiato, probabilmente suo malgrado, nelle sabbie mobili della gestione del potere.

E sulla trasparenza hanno prevalso i soliti problemi: ad esempio i cittadini hanno dovuto faticare prima di vedere (a scoppio ritardato) documenti fondamentali come lo Studio di Impatto Ambientale sul rigassificatore di Taranto.

Non doveva essere l'assessorato alla Trasparenza a divulgare al massimo una documentazione così importante?

I cittadini hanno dovuto faticare per sapere (a scoppio ritardato) se era partita o no l'Autorizzazione Integrata Ambientale dell'Ilva e dove si potessero consultare i documenti. La Regione Puglia non si era accorta che mancavano sul sito del Ministero dell'Ambiente i dati delle emissioni siderurgiche, ossia la parte più importante per procedere all'autorizzazione. Quei dati li hanno dovuti richiedere con una diffida i cittadini organizzati.

Non doveva essere l'assessorato alla Trasparenza a dire ai cittadini che avevano dei diritti di intervento nella procedura avvisandoli in anticipo prima che partisse? Non doveva vigilare un po' di più perché i cittadini partecipassero con i dati alla mano?

In tale situazione di "vigilanza forzata" come si poteva promuovere il movimento per la pace a Taranto? Tutte le energie sono state assorbite nel controllare quelle istituzioni che politicamente non facevano il loro dovere.

La Regione Puglia ha lasciato vuote sul suo sito pagine web dedicate agli strumenti di partecipazione dei cittadini alle scelte ambientali. O non conosceva o si è dimenticata la Convenzione di Aarhus sui diritti ambientali. O non conosceva o si è dimenticata tutta la normativa europea che dà ai cittadini potere di controllo e intervento attivo nell'ambito della Valutazione di Impatto Ambientale. I cittadini hanno dovuto scoprire da soli i diritti negati e occultati da una amministrazione che non ha promosso e valorizzato la cittadinanza attiva in campo ambientale.

La Regione si è attrezzata con dirigenti e consulenti vicini ai soggetti piu' vari ma spesso distanti dal movimento ambientalista. Ad esempio nell'ambito dell'Autorizzazione Integrata Ambientale dell'Ilva non ha certo scelto un esperto "di punta" che ponesse al centro le rivendicazioni degli ecologisti.

Questo "tradimento" dell'elettorato ha provocato i malumori piu' profondi proprio tra le persone che hanno spinto per un cambiamento nella classe dirigente della Regione, non solo con il proprio voto, ma anche con l'attivazione di strumenti telematici per la comunicazione di base tra governanti e governati.

La societa' civile, abbandonata da chi a parole pretendeva di rappresentarla, ha dovuto acquisire da sola le competenze necessarie per svolgere un ruolo di supplenza rispetto a chi avrebbe dovuto promuovere la cittadinanza attiva.

E tutto questo, paradossalmente, nell'evidente e prolungata inazione dell'assessorato che avrebbe dovuto favorire la partecipazione e che, pur sollecitato, si è dimostrato pilatescamente assente nei momenti decisivi. Ad esempio la Regione Puglia ha rivendicare più volte il diritto di non poter applicare il Codice dell'Amministrazione digitale al fine di non riconoscere il valore legale delle email che riceveva. Alla fine, costretta, ha dovuto applicare la normativa. Eppure la Regione nelle sue pagine web dice di voler promuovere la cosiddetta "e-democracy".

E' stata una lotta sorda, serrata, profonda, non priva di delusioni e di disillusioni.

A Taranto il movimento per la pace è stato soffocato da questa lotta, sepolto dalle carte che gli esperti della Regione avrebbero dovuto leggere e chiosare per difendere i diritti dei cittadini alla salute e alla sicurezza ambientale.

Un altro esempio e' quello dell'assessore Michele Losappio, assessore all'ecologia e già capogruppo di Rifondazione Comunista in Consiglio regionale, membro di un partito che incontra i movimenti in piazza. Ma una volta seduto sulla poltrona, Losappio non gradisce piu' la collaborazione con i cittadini e rifiuta persino di creare un forum telematico istituzionale sul rigassificatore a Taranto, lasciando la Regione cieca, sorda e muta di fronte ad un movimento che a Taranto ha raccolto una ragguardevole documentazione scientifica che avrebbe voluto discutere con gli esperti in una serrato confronto pubblico tramite Internet.

L'assessore Losappio diventa così impermeabile ai portatori di proposte di cambiamento, e innalza su Internet un muro di gomma istituzionale fatto di silenzi e caselle email piene e irraggiungibili (PeaceLink si e' messa a disposizione gratuitamente, ma invano, per regalare a Losappio una casella senza limiti di spazio, vedi spazio note a piè di pagina).

E questa "solitudine del capo" non ha giovato alla sua efficienza. Sarebbe interessante sapere quale decisivo contributo abbia dato per evitare lo sversamento abusivo di 90 mila tonnellate di rifiuti speciali in Mar Grande a Taranto, o quale azione abbia intrapreso a posteriori per impedire nei fatti, e non solo a parole, che un simile stupro ambientale possa eventualmente ripetersi.

In compenso abbiamo visto eventi pubblici organizzati con la sponsorizzazione dell'Ilva e della società che progetta il rigassificatore a Taranto. E accanto il logo della Regione Puglia. Tutto assolutamente lecito. Tutto assolutamente stupefacente.

Chi aveva creduto in un rinnovamento possibile della politica in Puglia, ora non sa piu a che santo votarsi e che "santini" elettorali votare per un modello alternativo di sviluppo, per politiche orientate alla smilitarizzazione e al turismo sostenibile, per la transizione dall'industria pesante siderurgica all'imprenditorialità leggera dei servizi e delle tecnologie di comunicazione, per l'applicazione delle leggi che danno ai cittadini diritti di partecipazione e ai governanti doveri di trasparenza, per ottenere giustizia con una legge regionale che adotti anche i limiti del Friuli Venezia Giulia sull'emissione di diossine, che in Puglia sono mille volte piu' alti per la mancata adozione delle normative europee. La richiesta, pur positiva, di Vendola al governo di adottare limiti più rigorosi per la diossina non dovrebbe pregiudicare l'autonoma adozione dei limiti europei già posti in essere dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Quanta vellutata attenzione verso il padrone dell'Ilva...

Questi sono i "compagni", i "rossi", gli "ambientalisti", i "comunisti" che dovrebbero far tremare le gambe ai padroni e che invece le fanno tremare dalla paura a chi si ferma a riflettere sulle conseguenze delle loro politiche. Questo è il futuro che hanno i cittadini di Taranto e i loro figli. La culla della Magna Grecia, che potrebbe produrre ricchezza e sviluppo con la propria storia culturale, la propria bellezza paesaggistica e le risorse del mare, e' stata trasformata - con l'accorta vigilanza dei "compagni" in poltrona - nell'immondezzaio italiano. Un immondezzaio dove i limiti europei non valgono perché in questa discarica sociale vivono cittadini di serie B.

Il movimento per la pace a Taranto ha quindi cessato di esistere per queste scelte della Regione: è un dato di fatto. Non c'è nulla da inventarsi, basta l'evidenza. La lotta contro la violenza degli eserciti ha ceduto il passo alla lotta contro la violenza sull'ambiente e contro le quotidiane violenze del potere che fa riunioni a porte chiuse con l'Ilva e lascia fuori dalla porta (come è accaduto recentemente alla Prefettura di Taranto) non solo i cittadini organizzati per il bene comune ma anche i giornalisti. Che vergogna.

La Nato e i poteri forti del mondo militare ringrazieranno Nichi Vendola e i suoi brillanti assessori per questo capolavoro. Come disse a suo tempo l'avvocato Giovanni Agnelli, "non c'e' niente di meglio di un governo di sinistra per fare delle politiche di destra".

Se Raffaele Fitto (precedente governatore regionale) avesse fatto le stesse cose che ha fatto Vendola, le piazze si sarebbero riempite, Losappio e Minervini si sarebbero sgolati a forza di gridare slogan e i movimenti di base sarebbero stati usati come un efficace ariete per dare spallate alla giunta regionale. Ma ora la sinistra non puo' manifestare contro se stessa. Le uniche voci fuori dal coro sono i cittadini inquinati, con il loro sano buon senso dell'evidenza: non passa settimana che Nichi Vendola non riceva una foto con il cielo di Taranto denso di fumi alla diossina. Chissà se vi dà un'occhiata. Chissà cosa pensa. Chissà cosa aspetta, lui che sulla questione della salute ha costruito il consenso che lo ha portato a vincere per una manciata di voti. E chissa' se oggi quei voti ci sarebbero ancora.

Intanto le strade di Taranto sono svuotate, le stesse strade riempite dai pacifisti nel 2005 per denunciare il rischio nucleare legato al transito dei sottomarini atomici, strade piene di una folla che invitava la Giunta Regionale a esprimere una posizione chiara su questo pericolo. Il deserto della politica ha preso il posto di una lunga lotta che aveva fatto di Taranto il fulcro della vertenza nazionale contro i porti a rischio nucleare.

Se tutto questo e' stato fatto senza volere, magari con le migliori delle intenzioni, la situazione e' ancora piu' grave, perche' in questo caso non si tratta dell'applicazione delle teorie di Machiavelli, ma di semplice e banale incompetenza.

L'involontarieta' di questo azzeramento "da sinistra" del pacifismo tarantino non e' un'attenuante, caso mai il contrario.

Non siamo soli a condividere questa delusione per la sinistra che minaccia la pace e l'ambiente peggio della destra. Il missionario comboniano Alex Zanotelli, in un articolo apparso sul sito di PeaceLink, ha messo in evidenza le pesanti omissioni e responsabilita' politiche di Rifondazione Comunista e della "Cosa Rossa".

"Rimango esterrefatto - ha scritto Padre Alex - che la Sinistra Radicale (la cosiddetta Cosa Rossa) abbia votato, il 12 novembre con il Partito Democratico e tutta la destra, per finanziare i CPT, le missioni militari e il riarmo del nostro paese".

In effetti si rimane esterrefatti anche a Taranto. C'è di che ragionare su un fallimento di proporzioni incalcolabili che è addebitabile non tanto al movimento pacifista ma a chi è riuscito a sfiancarlo e a riconvertirlo sotto il peso delle emergenze ambientali affrontate - in varie occasioni che possiamo documentare una per una - con la politica delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.

Don Lorenzo Milani - di cui ricordiamo i 40 anni dalla morte - scrisse che "l'obbedienza non è più una virtù". E' il momento di aggiungere che oggi anche l'eccesso di "diplomazia" e prudenza nel criticare (quando lo meritano) i partiti storicamente vicini ai movimenti per la pace e' ben lungi dall'essere una virtu', e rischia di essere il piu' grave dei vizi della nostra politica.

E' bene parlare con franchezza a Nichi Vendola, che per anni è stato un interlocutore attento e apprezzato dal movimento per la pace. E' bene dire che la paziente e remissiva attesa di un futuro migliore, mentre attorno a noi il potere militare e industriale agisce indisturbato, è oggi la più subdola delle tentazioni. E necessario, dopo aver tanto pazientato, dire oggi: "La pazienza non è più una virtù".

Non a caso Don Milani scriveva: "Star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo. Rendersi antipatici noiosi odiosi insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce".

E' venuto il momento di "star sui coglioni" ad un potere regionale incapace - in buona compagnia con altre istituzioni - di tutelare i cittadini di Taranto. Ci siamo resi conto, sgomenti, che la Regione non era al fianco di quei cittadini che lottavano e lottano contro la devastazione militare, ambientale, sociale e sanitaria della terra che un tempo fu la scuola di Pitagora e che oggi è diventata la culla della diossina e una scuola di cattiva politica.

Alessandro Marescotti
Carlo Gubitosa

PeaceLink C.