1968

i libri segnalati dall'archivio

I LIBRI DEL NOSTRO ARCHIVIO,  LE NOSTRE SEGNALAZIONI

69

LE NOSTRE RICERCHE

LE NOSTRE TESTIMONIANZE: RICORDI, EMOZIONI, SOGNI

IL MITO: SIMBOLI, CANZONI, IL LINGUAGGIO

 


 

                 

INTERNATIONALE SITUATIONNISTE

 LA CRITICA DEL LINGUAGGIO COME LINGUAGGIO DELLA CRITICA

Ed Nautilus

 

Il 68  monco della sua carica dirompente sui costumi, il linguaggio , i gusti di una generazione in ebollizione , sarebbe  solo un’elencazione di date, ricordi ingialliti e considerazioni stantie.

In questo libro  i situazionisti , componente “creativa” dei movimenti degli anni 60 espongono perchè porre al centro dell’attenzione di ogni movimento rivoluzionario moderno   la critica del linguaggio , fondamentale per chi vuol muoversi verso la trasformazione reale e radicale dell’esistente, partendo da una premessa irrinunciabile : il rifiuto del dominio del linguaggio e del linguaggio del dominio.

In questo libretto di appena venti pagine, riedito nel 1992 dalle edizioni Nautilus C.P. 1311- 10100 Torino,  sono pubblicati due testi dell’I:S: di cui il secondo, firmato dal magrebino Mustapha Khayati, tra l’altro autore del famoso “ Della miseria nell’ambiente studentesco” editato in forma pirata a Strasburgo nel 1966.

Sono due testi apparsi nel 1963 e nel 1968 sulla rivista dell’omonima organizzazione rivoluzionaria  Internationale Situationniste:

Nel primo,  ALL THE KING’S MEN, troviamo  nel primo paragrafo ciò che  fa di questi rivoluzionari dei lucidi profeti sull’importanza dell’uso del linguaggio in un mondo dove il controllo dei media e dei dati informatizzati sono l’asse portante del controllo del potere su masse di zombie/schiavi-consumatori di merce spazzatura.

“-Viviamo nel linguaggio come nell’aria viziata. ...Le parole non giocano, ...non fanno l’amore, salvo che in sogno...le parole lavorano, per conto dell’organizzazione dominante della vita...ma ogni rivoluzione è nata dalla poesia, si è fatta innanzitutto con la forza della poesia. E’ un fenomeno che sfugge ai teorici della rivoluzione ...ma è generalmente colto dai controrivoluzionari e ne hanno paura. Le macchine per tradurre (  riflettete che è un testo del 1966  e pensiamo alle attuali applicazioni dell’informatica miniaturizzata a scopo civile e militare e dell’impoverimento del linguaggio a partire delle giovani generazioni  che si esprimono con gli sms –nota della redazione dell’Archivio St.B.P-) che cominciano ad assicurare l’uniformare planetario dell’informazione, insieme alla revisione informazionista della vecchia cultura, sono sottomesse a programmi prestabiliti ai quali deve sfuggire ogni accezione nuova di una parola...

 

Il secondo testo  ,Le PAROLE PRIGIONIERE ( prefazione per un dizionario situazionista) , è la critica all’irreggimentazione  “ideologica “del linguaggio ed una proposta concreta che i situazionisti mandano all’umanità intera: la liberazione delle parole...

 

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 1966/67  CRONOLOGIA DEI MOVIMENTI BEAT, UNDERGROUND E SITUAZIONISTI IN ITALIA

LE RIVISTE SITUAZIONISTE/PROVOS/BEAT/UNDERGROUND in Italia  1996/71 da una scheda sintetica tratta dell’indimenticabile libro ...ma l’amor mio non muore...(ARCANA EDITRICE) novembre 1971

GIANNI EMILIO SIMONETTI

UN ARTISTA-TEORICO-RIVOLUZIONARIO , UNO DEI POCHI ESPONENTI DEL SITUAZIONISMO ITALIANO , CHE PERO' NON FECE PARTE DELLA IS, ANZI LA POLEMICA CON LUI FU FORTE

http://lombardia.indymedia.org/node/31767

 

Un amico di Paul Nizan

“Uno tra i pochi esponenti del Situazionismo”

Su qualche nota bio-bibliografica riguardante

Gianni-Emilio Simonetti

Nelle note di copertina di L'agonia e i suoi sarti (edizioni DeriveApprodi) si legge (cioè l'autore scrive di sé):

“Gianni-Emilio Simonetti, artista e teorico, tra i pochi esponenti del Situazionismo in Italia, ha fatto parte dell’esperienza artistico/politica di Fluxus, dell’avventura Cramps/Multipla e, nel campo delle culture materiali, ha ideato la rivista «La Gola». Per i tipi di DeriveApprodi ha pubblicato La funzione sociale dell'arte e la follia. Medicalizzare l'alterità (2001), La domesticazione sociale (2003) e La vivandiera di Montélimar. Il secolo delle rivolte logiche e la nascita della cucina moderna nelle memorie di una petroleuse (2004).”

Nella nota del libro successivo, La funzione sociale dell'arte e la follia, che è riprodotta sotto, quasi identica in apparenza, si incontra una significativa aggiunta:

“Gianni-Emilio Simonetti, artista-teorico-rivoluzionario, tra i pochi esponenti del Situazionismo in Italia, ha fatto parte dell’esperienza artistico/politica di Fluxus, dell’avventura Cramps/Multipla e, nel campo delle culture materiali, ha ideato la rivista «La Gola». Per i tipi di DeriveApprodi ha pubblicato L’agonia e i suoi sarti. 1968-1998: le ragioni dell'assalto e quelle della resa (1998), La domesticazione sociale (2001) e La vivandiera di Montélimar. Il secolo delle rivolte logiche e la nascita della cucina moderna nelle memorie di una petroleuse (2004).”

L'autore, non soddisfatto di essersi definito artista e teorico, ha modificato quell'immagine del suo status (che evidentemente gli sembrava incompleta) con quella (senza la congiunzione “e”, che conserva la separazione tra i due termini accostati, sostituita da una articolazione qualificativa ternaria marcata dai trattini d'unione) di artista-teorico-rivoluzionario.

Una nota identica alla precedente accompagna il testo La domesticazione sociale. Sulla modernità e il disagio che la governa del 2001. Mentre La vivandiera di Montélimar ripristina la prima versione.

Un'altra versione della nota bio-bibliografica appare con La sostanza del desiderio. Cibo, piaceri e cerimonie:

“Gianni-Emilio Simonetti, nato a Roma, vive sul Lago Maggiore. Filosofo, già esponente di rilievo del pensiero «situazionista», si occupa anche di disagio psichico, di arte contemporanea e di cultura della cucina. Tra i fondatori della rivista «La gola» è senz’altro uno dei maggiori esperti italiani di cultura gastronomica. Per le nostre edizioni è autore di L’agonia e i suoi sarti. 1968-1998: le ragioni dell'assalto e quelle della resa (1998), La domesticazione sociale (2001) e La vivandiera di Montélimar. Il secolo delle rivolte logiche e la nascita della cucina moderna nelle memorie di una petroleuse (2004).”

In questa terza versione l'autore si promuove (ovvero promuove il suo passato) in qualità di esponente di rilievo del pensiero “situazionista” e si presenta ai lettori come filosofo che si occupa anche (evidenti ramificazioni editoriali del suo primario interesse di studio) di disagio psichico, di arte contemporanea e di cultura della cucina. Un filosofo versatile, potrebbero commentare i lettori ignari della portata di tale versatilità.

Gli altri tre libri pubblicati da DeriveApprodi non offrono ulteriori elementi sulla bio-bibliografia dell'autore, dove invece ne appare una piuttosto stringata, cioè questa:

“Gianni-Emilio Simonetti, per le nostre edizioni, è autore di: La vivandiera di Montélimar (2004) e La sostanza del desiderio (2005).”

Se ci fosse solo quest'ultima versione, la più concisa e la meno imbarazzante, non ci sarebbe nulla da dire, ma restano tuttavia le altre, quelle che esaltano il filosofo, nonché l'artista-teorico-rivoluzionario ecc.

Ma Simonetti non soltanto scrive dei libri di cucina, ma, la cucina, l'insegna anche.

Dei docenti della Facoltà del Design del Politecnico di Milano vi è, in rete, una scheda con profilo, curriculum e pubblicazioni recenti. Quella di Gianni-Emilio Simonetti, docente di Food Design, recita:

“Economista, specializzato in prasseologia e ricerche motivazionali. È stato condirettore dell’Arcana Editrice, Roma. Direttore di produzione e amministratore delegato dell’International Catering srl., Milano. È consulente per la comunicazione integrata d’impresa nell’ambito dell’agro-alimentare. Si occupa di psicopatologia dell’espressione artistica e di terapie riabilitative non ortodosse nell’ambito della clinica psichiatrica. Insegna sociologia presso lo IED di Milano.”

Si scopre così che il filosofo nonché artista-teorico-rivoluzionario ecc. si descrive, in un altro contesto, come economista, condirettore editoriale, sociologo, consulente d'impresa, direttore di produzione, amministratore delegato e terapeuta non ortodosso (!). Viene quasi il dubbio che si tratti di un'altra persona. Ma è sempre lo stesso prisma che riflette altre facce.

Dell'eclettico e camaleontico autore interessa qui, in particolare anche se non soltanto, il definirsi come uno tra i pochi esponenti del “Situazionismo”. Questa espressione ha un sapore strano per vari motivi. Ci fu in Italia una sezione dell'Internazionale Situazionista, ma di questa non fece mai parte Simonetti, il quale fu invece pesantemente insultato, nel 1979, anche quella volta sorpreso in un tentativo, per così dire, di appropriazione indebita, da uno dei reali “esponenti” di quella storica esperienza: Paolo Salvadori.

Brevissimo (ma non del tutto extravagante) excursus:

Non meno pesanti insulti furono scambiati (tra il 1974 e il 1975) con Joe Fallisi - coautore con Coppo e Cesarano di Cronaca di un ballo mascherato – quando una breve collaborazione di Simonetti con Giorgio Cesarano nei giorni della preparazione e della stesura del Manuale di sopravvivenza fu seguita, dopo la pubblicazione del pamphlet citato sopra, da una sgradevole conclusione con un attacco velenoso (dove Simonetti si cela dietro la maschera dello pseudonimo nizaniano di Bernard Rosenthal) su un opuscolo, il primo di una collana di Quaderni della Fronda, riuniti e pubblicati in seguito da La Pietra (altra casa editrice e non l'ultima, sia detto per inciso, a cui il sedicente “artista-teorico-rivoluzionario” ha collaborato), dal titolo Contro l'ideologia del politico, dove si giustapponeva ingiuriosamente una frase di un delatore dei tempi delle prime B.R. ad una, appunto, tratta dalla Cronaca di un ballo mascherato, di Cesarano, Coppo e Fallisi.

Va detto che quella giustapposizione di frasi, nella raccolta successiva di La Pietra, fu cancellata.

***

Riprendendo il filo del discorso, Paolo Salvadori si rivolgeva così a Simonetti (mi rendo conto che è strano presentare un testo scritto in italiano in una versione inglese dopo essere stato tradotto a sua volta dal francese, ma non mi è stato possibile reperire il documento originale che pure possedevo una volta):

Simonetti,

I know that you are a stupid creature and, among all the "pro-situs," you are the most notorious imbecile in Italy, the most mystified cretin, a head experienced in all the prostitutions. I have learned that a well-known whore house, which wants to make its publicity as a place of "rendez-vous" for professional anti-situationists, and which you frequent (everyone sees and knows it); [I have learned] that this house has conceived the project of taking up the enterprise of an Italian edition -- as surely falsified as fatally deceptive -- of the journal Internationale Situationniste; and that, to top it all off, these people would be assured of your services.

One could say that you are, moreover, a simple-minded person.

In truth, if one did not know your desperate opportunism, one would refuse to believe that you could have committed the unpardonable frivolity of agreeing to collaborate, nay, to propose your own involvement, in such an impudent operation. "The painter-philosopher, who truly knows all that one can know about situationism," and who modestly lets this be known in L'Espresso of 1 June 1975, must also know that such a thing would be above his means. By saying this, I do not mean to say that, in such a circumstance, you would not be able to show us all what could not be done in a text; and this is especially because I count on not seeing it. But it is definite that the pretentious and malevolent illiteracy that is your manufacturing label, and the fact that you take part in the poverty of all these vain enterprises to recretinize the youth and to commercially exploit our party, leave no doubt about the quality of the results that one could expect to see. Moreover, the [real] question is elsewhere.

You piece of shit, you are not ignorant of how much we scorn you -- and your associates, [Pasquale] Galante and [Giuseppe] Alferi, have been personally informed of this fact since 1969. [1]

Thus you can only be ignorant that such an edition is unwanted by us.

I am sure that you will agree that it is extremely improbable that this thing that we do not want will never see the light of day.

Nevertheless, to dissipate any misunderstandings that you might have been exposed to, and so as to help you not fall into an error that would be unfortunate to a great degree, because of the displeasures that it would occasion for you, I would like to draw your attention to the personal risks that you run from the sole fact that public rumors have designated you as the possible translator of such a hypothetical edition, whereas so many honorable people are ready to clarify the matter with all the arguments at hand.

Because if, later on, this affair does not remain here; if you only want to see in the anti-copyright [2] of the original texts one of the "absences of prejudices" that serve your mercantile interests so well, without seeing that this only breaks the miserable conventions of literary property with the goal of re-establishing the responsibility for the use of theory; if, in a few words, you must obstinately consider that the SI dissolved so that you, a new philosopher in the company of other champions of neo-thought, can proclaim the "supercession" of clearance-sale prices and do business: very well! In such a case, I believe that you would have the right, without another word, to a tangible proof of the reality of the phantoms that have for some time desired to make you feel their lively dissatisfaction.

Unfortunately for your peace of mind, the response [3] that the keeper of the house in question, the one named Enzo Nizza, has revealed -- at the same time that it has revealed this little rogue, as much by the indecency of the tone as by the rest -- your difficulty in denying the existence of a project that he no longer dares to admit and that would be quite unhealthy for him, too, to pursue. By sending you a copy, I also attach a pair of letters that concern you and that, concerning you, could figure (but not much) in your archives of "the history of the movement in Italy," announced in the issue of Panorama dated 25 May 1978; and thus you know that I am not the only one to have supposed that these archives are not sufficient to finish such projects -- which, in the end, only proves that they are even more profoundly equivocal than they already appear.

No doubt there is no accident in the meeting of a common falsifier playing the role of publisher (who, one tells me, has been freshly "de-Stalinized" so as to better figure, of course, in "the discovery of the negative") with a sophisticated ignoramus who is avid to be commissioned as a specialist in translation (and who has come to offer to a party -- Stalinist, naturally -- his poor head, which no longer knows where to knock itself to seek profit). It is you who have declared that, by doing this, you want to accomplish "a Dadaist action." What awaits you, without leaving anything to chance, is "the simplest surrealist act." [4]

Cosa fatta, capo ha. [5] Put yourself in order.

Paolo Salvadori

[1] A reference to the second part of “Touched by enemy hands, the gold of the International turns to coal”, Internazionale situazionista #1, July 1969.

[2] English in original.

[3] Letter to Gerard Lebovici dated 19 December 1978.

[4] Getting shot to death.

[5] "A thing done has an end": a remark attributed to Mosca de' Lamberti (1215), meaning that a vendetta should be carried through to the end.

(Published in Editions Champ Libre, Correspondance, Vol. II, November 1981. Translated from the French by NOT BORED! June 2007)

***

In questa comunicazione scritta si fa riferimento, come indicato dalla nota di Not Bored!, ad un articolo del primo ed unico numero dell'Internazionale Situazionista (sez. italiana). Riguardo a questo articolo della rivista - in cui si commentano i primi tentativi di indebita e spesso maldestra appropriazione delle tesi dell'I.S. da parte di vari individui, segnalati con nome e cognome, vengono nominati due studenti dell'Università di Sociologia di Trento citati pure nel testo riportato in precedenza - mi trovo costretto a fare nuovamente ricorso ad un articolo tradotto, per aver smarrito l'originale:

Touché par des mains ennemies l’or pur de l’Internationale se transforme en charbon

Nous croyons devoir signaler que des individus et des «organisations» qui n’ont jamais eu aucun rapport avec l’I.S., ni avec aucune forme de pensée critique, se présentent, à des fins diverses, comme «porteurs» de la théorie radicale. Immanquablement, la nature idéologique et récupératrice de chacun de leurs gestes leur ôte un tel droit et les démasque. Il est aussi facile pour eux de chercher à nous abuser qu’il est difficile pour nous de nous abuser sur eux. L’Internationale situationniste doit à elle-même et au projet historique dont elle est l’expression une rigueur totale pour tout ce qui concerne son autodéfense contre toute tentative, d’où qu’elle vienne, de récupération et de dégradation au niveau de la pensée spécialisée. Il est normal que nos ennemis cherchent à nous utiliser partiellement ; en 1964, les situationnistes écrivaient : «Tout comme le prolétariat, nous ne pouvons pas prétendre à être inexploitables dans des conditions données. Ceci doit seulement se faire aux risques et périls des exploiteurs.» Les révolutionnaires ne plaisantent pas sur les questions de calomnie et de mystification, contrairement aux bureaucrates et aux politiques qui règnent grâce à la manipulation des mensonges.

En janvier, quelques individus ont écrit à la section française une lettre de dénonciation particulièrement grossière contre Claudio Pavan, Paolo Salvadori et Gianfranco Sanguinetti, qui les connaissaient bien. Par cette lettre, ils entendaient ébranler, pour prendre leur place, la position de trois membres de l’I.S., en s’imaginant pouvoir compromettre par des mensonges la confiance objective des rapports communs. Mais ils ont commis l’impardonnable légèreté de croire qu’ils ne seraient pas jugés par l’I.S. comme ils l’avaient déjà été par trois de ses membres : leur lettre ne faisait que révéler tous les aspects de leur misère et ne pouvait par conséquent donner lieu à plus de cinq minutes de commentaire entre les autres membres de l’I.S. On a donné, à eux et à leurs intrigues, une réponse précise et définitive.

Ces mêmes personnes, réunies dans la maison d’édition Ed.912 et dans l’organisation fantôme qui en est le support «politique» (Servizio Internazionale di Collegamento-I.L.S. [International Link Service]), ont entrevu la possibilité d’un succès commercial-révolutionnaire dans la diffusion des thèses de l’Internationale situationniste. Jusqu’à présent, ils ont publié deux livres : un recueil d’extraits de l’I.S. (L’estremismo coerente dei situazionisti [Milan, novembre 1968]) et une «édition critique» du texte de Paul Cardan, Capitalisme moderne et révolution. En ce qui concerne le premier, la pauvre fureur extrémiste de l’introduction et de l’appendice ne peut tromper personne ; il ne s’agit que de proclamations vides, dont l’inconsistance théorique est rendue encore plus évidente par les textes auxquels on a eu la maladresse de les accoler. Le deuxième livre, en dehors de l’article «Socialisme ou Planète» (paru dans le numéro 10 de l’I.S.) reproduit en annexe, ne contient rien qu’on puisse définir comme critique : dans leurs ridicules prétentions et dans leur banalité réelle, la «critique» de la pensée de Cardan (on y reconnaît facilement la même veine que celle des trivialités du premier livre) et son objet sont parfaitement homogènes. Quant aux tracts signés par des groupes «radicaux» qui existent encore moins que l’I.L.S., il ne vaut pas la peine de s’en occuper en détail : toutes les manifestations de ces loqueteux sont contenues dans cette unique mystification que constitue leur existence. La seule «aptitude» de ces individus sans aptitudes est de rabaisser à leur niveau tout ce qui l’excède.

Évidemment, le spectre situationniste hante la cervelle de ces individus: mais dans leurs batailles illusoires avec le réel, ils ne font que s’affronter sans cesse aux limites de leur conscience schizophrénique. L’ambition malheureuse qui les pousse à sortir de leur rôle et l’obstination fébrile avec laquelle ils miment la critique révolutionnaire les couvrent de ridicule : mais ils ont une tâche à accomplir et ils ne prennent pas conscience que s’ils essaient de ressembler aux situationnistes, c’est seulement pour pouvoir en falsifier et en fragmenter l’opposition irréductible. Couverts par le fait que tous les textes de l’I.S. peuvent être librement reproduits, traduits ou adaptés, ils ont lancé leur commerce : ceux qui sont incapables de s’approprier la valeur d’usage de la théorie révolutionnaire ne pourront que la transformer en valeur d’échange. C’est seulement dans une perspective étroitement concurrentielle qu’on peut comprendre pourquoi ces malheureux continuent à nous poursuivre de leur présence importune. Nous n’avons aucune indulgence envers ceux qui cherchent à faire de nos thèses des marchandises pour en revendre au détail un pauvre succédané : la même théorie qu’ils tentent sottement d’utiliser pour leurs propres fins ne peut que se retourner contre eux et les dénoncer pour ce qu’ils sont, rien d’autre que des ennemis. Comme le niveau misérable de ce qu’ils peuvent faire ou dire est déjà un jugement définitif de chacune de leurs initiatives, il est possible que ces individus, sentant manquer sous leurs pieds un terrain qui, du reste, n’a jamais été le leur, adoptent un nouveau déguisement, ou au contraire décident de se montrer à découvert, en abandonnant leurs sigles et en utilisant leurs noms. C’est seulement à cet égard qu’il n’est pas inutile de les communiquer : il s’agit de Sergio Albergoni, Gianni Sassi, Carlo Gaja, Marco Maria Sigiani, Paolo Borro et Antonio Pilati. À ceux-ci s’ajoute un nombre fluctuant d’étudiants et d’imbéciles d’un autre genre, recrutés et regroupés sur des bases sous-léninistes autour du noyau central. L’Internationale situationniste refusera tout rapport avec quiconque se compromettra avec eux. Au moment où leur importunité dépasserait la dimension actuelle du bruit de fond, nous nous trouverions dans l’obligation de recourir à une intervention directe que personne, dans leur entourage, ne pourrait ignorer.

*
Au mois de janvier, un tract fut diffusé à Trente sous le titre L’ennui est toujours contre-révolutionnaire, signé, entre autres, «Internationale situationniste». Le texte de ce tract est constitué d’un collage de phrases extraites arbitrairement du livre de Raoul Vaneigem, Traité de savoir-vivre à l’usage des jeunes générations. L’initiative en revient à deux étudiants en sociologie, Pasquale Alferj et Giuseppe Galante : consommateurs passifs de la critique situationniste, ils n’en connaissent que la réception unilatérale et l’utilisation spectaculaire. Le projet d’éblouir leurs camarades d’école par une audace politico-esthétique et de se gagner, devant leurs yeux respectueux de toute nouveauté, on ne sait quel prestige garanti par l’étiquette «I.S.» doit avoir semblé bien alléchant. Le résultat n’exprime que leur impuissance et leurs ambitions dérisoires.

Les spécialistes de l’avant-gardisme qui reproduisent, dans leur pratique «subversive», les conditions aliénées de la communication du monde dominant, les récupérateurs qui, en faisant passer dans le beau monde un peu de «situationnisme» diffus, ne font que dégrader la pensée critique ; ceux qui choisissent le plaisir douteux de parler en notre nom recourent à la falsification, et montrent par là qu’ils ne peuvent même pas parler en leur nom propre : leur intérêt ambigu et contemplatif ne nous amuse ni ne nous honore.

Traduit de l’italien (“Toccato da mani nemiche l'oro puro dell'Internazionale si tramuta in carbone”) par Joël Gayraud & Luc Mercier (Écrits complets de la section italienne de l’I.S., 1969-1972, Contre-Moule, juin 1988).

***

Se quanto riportato sopra non fosse ancora abbastanza chiaro, in una lettera di Guy Debord indirizzata alla sezione italiana dell'I.S. si trova un passaggio che esorta i situs nostrani ad agire:

« Il faudra combattre vite les Alferj-Galante, et tous les groupes pseudo-situationnistes italiens. Pour cela vous aurez certainement de grands moyens dès que sortira la revue italienne.»

Lettre de Guy Debord
à la section italienne de l’I.S. à Milan, 7 février 1969.

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Simonetti appare dunque come un miles gloriosus per quanto riguarda la patente esibita di “situazionista” (vantandosi, certo solo implicitamente, oltre che della sua inesistente appartenenza all'I.S., non essendoci stati altri situazionisti a parte i membri dell'Internazionale Situazionista, di esserne stato uno tra i pochi; autocelebrandosi come membro medagliato di una élite “rivoluzionaria”, e contraddicendo, ipso facto, le basi stesse della critica, questa sì rivoluzionaria, delle élites e delle cosiddette “avanguardie” - ma qui il discorso si complica perché condurrebbe alla critica e all'autocritica della stessa I.S. che non ha saputo superare quel limite intrinseco – e originario).

In una delle versioni della nota editoriale per DeriveApprodi, nel suo descriversi come esponente di rilievo del pensiero “situazionista”, Simonetti non rinuncia, nel maquillage, alla medesima vanagloria mostrata altrove, suggerendo sottilmente (e maliziosamente) che altri “situazionisti” fossero meno dotati di lui, e inoltre insinuando che di questa organizzazione fosse primariamente e segnatamente rimarchevole il pensiero, come se si fosse trattato di un fumoso club di liberi pensatori o di un'accademia dilettante. Anche se il definirsi “esponente del pensiero situazionista”, sottrae Simonetti all'accusa frontale di “millantato credito”.

Insomma, se fosse stato realmente situazionista non avrebbe esibito la sua eccellenza nel pensiero, non si sarebbe qualificato come esponente (il termine, in sé stesso, sarebbe stato, probabilmente, considerato offensivo e degradante dai situazionisti, tratto com'è dal logoro gergo burocratico-giornalistico), tanto meno di rilievo (!), e neppure come uno tra i pochi, dato che i situazionisti – quelli dell'I.S. - si vantavano, al contrario, di diffondere delle idee che si trovavano già nelle teste di tutti) ed infine avrebbe evitato di pavoneggiarsi come uno tra i pochi esponenti del Situazionismo, perché se ci fu un'insidia particolarmente osteggiata dai situazionisti, quella si trova proprio nella riduzione, nella banalizzazione e nel travisamento della loro azione in ideologia, precisamente nell'ideologia del Situazionismo (colossale e colpevole fraintendimento che la scelta della maiuscola raddoppia).

Se Simonetti avesse fatto parte dell'Internazionale Situazionista non si sarebbe fregiato dell'etichetta di artista, quando proprio gli artisti furono i primi a subire le espulsioni dall'I.S., non si sarebbe inserito, a nessun titolo, nel movimento Fluxus (una tarda sigla che raccoglie svariati artisti di diversa e molto eterogenea provenienza e attitudine, una sigla sorta sul capezzale delle esperienze avanguardistiche del Novecento e proseguita post mortem) e non si sarebbe fatto vanto dell'esperienza artistico/politica di detto movimento.

Volendo considerare la questione da un diverso punto di vista, si potrebbe obiettare che l'Internazionale Situazionista fu criticabile (e fu effettivamente criticata da molti, anche se non è questo il caso di soffermarvisi) sulla teoria dell'organizzazione, sulla costante pratica delle espulsioni che alla fine la svuotò praticamente di tutti i suoi membri, sull'atteggiamento nei confronti dei cosiddetti pro-situs...

Si potrebbe inoltre considerare che il sostantivo astratto: situazionismo e l'aggettivo qualificativo: situazionista hanno subito l'usura del tempo, l'inflazione dello sproloquio politico, l'insulto della chiacchiera mediatica, la banalizzazione della routine linguistica, assottigliandosi fino all'assoluta insignificanza. Del concetto originario, di quella costruzione di situazioni a cui pensava il giovane Debord, chi se ne occupa più? Dunque, dov'è il problema se Simonetti se ne appropria bellamente?

Si potrebbe aggiungere che Simonetti (che l'abbia fatto bene o male, a parte), nel corso degli ultimi quaranta anni e più, ha continuato a difendere le ragioni della rivoluzione sociale, seppure tra i diversivi delle sue molteplici, disparate e multiformi attitudini.

Infine, poiché non ci si deve mai prendere troppo sul serio, a me pare che la qualifica di economista sarebbe quella che, forse, meglio si attaglia alla personalità dell'uomo, se egli non avesse esibito quelle, infine risolutive, di prasseologo e di esperto motivazionale.

Un amico di Paul Nizan