ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE

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DINO  FRISULLO

                                 

 

ricordi

 


 

RICORDANDO DINO FRISULLO  le iniziative

 

DINO FRISULLO  NON TI DIMENTICHIAMO

Mola di Bari 25 gennaio 2014,

con una grande festa si inaugura la  locale sede 

di Rifondazione Comunista 

intitolata a DINO FRISULLO

 

DINO FRISULLO  NON TI DIMENTICHIAMO

5 GIUGNO 2003  - 5 GIUGNO 2008

 

5 anni son già passati da quando Dino Frisullo ci ha lasciato e   in questi giorni in cui una ventata qualunquistica di razzismo e intolleranza attraversa il nostro paese, per  tutti noi che insieme a lui abbiamo  portato avanti  le ragioni dei migranti e  la denuncia dei veri responsabili delle migrazioni forzate,  è ancora più dura la consapevolezza del vuoto che ci ha lasciato

A volte quello squillo al telefonino a cui  non abbiamo potuto rispondere, quella mail  di denuncia dell’ennesimo atto di intolleranza e che invitava a dare subito una risposta  e della quale  non conosci il mittente,  ci sembra  che sia  opera di Dino,  come se fosse ancora vivo, di quel Dino incapace di sopportare in silenzio qualunque lesione di “dignità umana” , un Dino comunista vero e contemporaneamente un figlio dell’anima più sincera del 68 e del 77.

 Quest’anno vogliamo ricordarlo pubblicando  a distanza di vent’anni , sul nostro sito, alla pagina              www. pugliantagonista\dinofrisullo2008.htm

 la copia di un comunicato stampa dell’11 settembre dell’88 in occasione di una iniziativa a favore della causa del popolo palestinese alla Fiera del Levante, a Bari......

SEGUE ARTICOLO E DOCUMENTI PROTESTA ALLA FIERA DEL LEVANTE>>>

 

30 novembre 2002 

Dino Frisullo è ( insieme a Bulgarelli e alle associazioni e sindacati antirazzisti e i centri sociali pugliesi ) dinanzi al Regina Pacis per chiedere la chiusura di quell'anomalo centro per immigrati gestito da Don Cesare Lodeserto


5 GIUGNO 2003

DINO CI HA LASCIATO

 

UN RICORDO DI DINO FRISULLO INVIATOCI DA NICOLA LATORRE

Dino Frisullo

...solo pochi anni sono passati da quando Dino é andato via ...
Con lui è andata via  un pezzo importante di una storia collettiva, una narrazione
alla quale in molti, di piú generazioni, hanno aggiunto a quella di Dino la
loro voce.Queste sono state le mille lotte dove  Dino era presente,
partecipe protagonista,animatore:una afonia che diveniva grido, rendendo con
  le parole fin'allora inascoltate la  dignitá negata. Dino l'ho conosciuto in
quella terra di meridione che ci dava orgoglio e speranza, quella del
rifiuto al nucleare ed alle servitú militari...Sorrido al pensarti.
Le notti passate ciclostilando,poi -come sempre-tirato a dormire per
qualsiasi parte.Rannicchiato come sul ponte di quel traghetto al ritorno di
una Albania insorgente.Mille ricordi affastellati alla rinfusa,i mille
scazzi,i mille ed uno abbracci.Gli sfottó,i ricci al mare,i libri prestati e
mai restituiti,le docce nei lavabi dei  treni i,il pane caldo al sesamo a
Dyarbakir...
Continui a mancarmi,a mancarci.Moltissimo.

Ci manca l'uomo buono,la tua sbadataggine e
fantasia, la tua umanitá,il tuo sentire davvero-come diceva il Che-ogni
ingiustizia in qualsiasi parte del mondo come uno schiaffo ricevuto.Dino ha
sempre scelto la via piú difficile:quella giusta.Quella dove poter ricercare
un processo di riscatto per ogni dannato della terra.

In tempi come questi, dove estirpare la memoria è pare approdo necessario per perpetuarsi nella politica e nel comando,continui a mancare ai tantissimi, uomini e donne di ogni dove,che grazie a te hanno
appreso il significato della parola "comunista".
Ciao Dino
"agur eta ohore"

Nicola Latorre
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UN RICORDO DI DINO DA PARTE DEI PALESTINESI CHE LO HANNO CONOSCIUTO

 

nel taschino della sua giacca ho messo l'ulivo palestinese con la scritta in arabo Palestina, e i compagni e le compagne di Senzaconfine hanno steso a fianco a lui una bandiera palestinese,
Dino era un vero internazionalista.
Un abbraccio da tutti/tutte noi

Amico dei palestinesi, quando passava moltissimo del suo tempo con i palestinesi nei territori occupati, ancor molto prima che nascesessero i movimenti che fanno con i loro corpi da scudi contro le barbarie dell'occupazione israeliana.
Amico dei curdi, ancor prima che si parlasse di un popolo il cui paese non c'è. Amico degli immigrati nei lager di Stato e fuori dai lager.
Amico di chi non ha amici, amico di chi è senza terra, di chi è senza diritti, dei poveri e tutti quelli che hanno avuto bisogno di lui. 
> Dino sarà sempre con noi ... vivo nei nostri cuori. Gli uomini si ricordano per ciò che erano e ciò che hanno fatto; Dino era un Grande Uomo,  e ha fatto Grande Battaglie. ha combattuto quando aveva le forze, e quando le forze gli sono mancate ha continuato a combattere a fianco ai suoi compagni.
> Come possiamo dimenticarti Caro Dino?
> Dino, Ci mancherai.
 
 Taysir e tutti i tuoi compagni palestinesi
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 UN RICORDO DI DINO INVIATO DA GIANNI DORIA A POCHE ORE DALLA SUA MORTE

 Dino era un autentico compagno, un internazionalista un grande rivoluzionario della solidarietà internazionalista nella pratica di vita quotidiana come in pochi dalle nostre parti siamo capaci. Dino era unico ed instancabile testardo che ci ha lasciati nella netta convinzione che un'altro mondo è possibile solo se si crede nell'impossibile delle grandi utopie. Ci-mi ha insegnato che rubare biciclette e pedalare pedalare senza mai arrivare ad un traguardo perchè nella trasformazione dello stato delle cose esistenti non esiste traguardo ma arrivi dalla quale poi è necessario continuare a pedalare, senza stancarsi mai anche difronte ad astacoli ed impedimanti. Ostinato, anche quando quella bicicletta gli veniva sottratta, lui ne rubava a sua volta un'altra e tornava OSTINATAMENTE a pedalare e a farci pedalare. Era il suo agire, la sua forza di rompere i coglioni a tutti con un grande e testardo sorriso (da faccia tosta) che ci svegliava a notte fonda per pedalare insiame e mentre assonnato appena connettevo lui era più sveglio che mai con un vulcano di idee che ci risvegliava come un over dose di caffè.

Di Dino conservo due o tre sue agende dimanticate a casa all'epoca in cui militavamo in dp, conservo le foto, conservo persino un suo maglione (troppo lungo per lui, figuriamoci per me) che la sua nonna materna gli filò con le sue mani. Ma ciò che di Dino conservo di più caro nel cessetto del mio cuore è il suo sorriso ed il suo grande esempio di vita che non ho mai avuto la forza ed il coraggio di seguire.
Ciao Dino
Gianni

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Un anno fa, nella notte fra il 5 ed il 6 Giugno, veniva a mancare Dino FRISULLO.
Noi tutti che l'abbiamo conosciuto ricordiamo la sua straordinaria figura di uomo di pace.
Di seguito vi invio un suo articolo  che riassume  e mostra non tanto il pensiero, ben più complesso, quanto la capacità di non slegare mai azione politica e passione umana e civile non cedendo mai all'ideologismo di maniera tanto in voga in questi tempi bui.
In ricordo di un amico.
Gianluca NIGRO



UN ARTICOLO DI DINO FRISULLO SU GUERRA E MIGRANTI


 

 Siamo in guerra. Ve ne siete accorti?

Non dico la grandine di bombe sull’Afghanistan, la tempesta che s’addensa sull’Iraq e sui kurdi, i lampi di guerra in Kashmir, lo stillicidio di morte in Palestina. Dico la guerra qui, in occidente, nelle nostre città.

Il consiglio dei ministri ha approvato ieri una legislazione antiterrorismo che sanzionerà pesantemente chi ospita o aiuta i terroristi. I ministri dell’Interno e della Giustizia dell’UE hanno proposto, e fra poco sarà direttiva europea, un’estensione continentale dei mandati di cattura e dunque delle relative motivazioni. Se tanto mi dà tanto, fra poco potrei essere arrestato su mandato, poniamo, d’un giudice tedesco, perché ho accompagnato in una serie d’incontri un esponente del PKK kurdo, che in mezza Europa è fuorilegge ed è stato incluso dal Dipartimento di Stato Usa nella lista delle organizzazioni terroriste…

Sempre ieri, secondo un giornalista bene informato, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza di Roma ha deciso che in tempo di guerra tutti i campi di stranieri illegali vanno sgomberati. Come nel ’91 fu sgomberata la Pantanella di Roma durante la guerra del Golfo… Non si capisce se l’illegalità si riferisca allo status giuridico degli interessati o alla loro occupazione abusiva di spazi. Ad ambedue probabilmente, a discrezione degli agenti. Voleranno gli stracci, comunque. A migliaia. Quale Gino Strada alzerà la voce in difesa dei profughi di casa nostra?

Non era una forzatura dunque l’apertura del documento sui migranti approvato a Perugia dall’Onu dei Popoli, che chiamava ad una "ingerenza umanitaria" in difesa delle vittime, nei luoghi in cui rischia di consumarsi la guerra della discriminazione e del razzismo, dalle frontiere ai ghetti urbani, dai centri di detenzione alle questure.

Già, le questure… Fra un’ora, alle 3 di notte, un folto gruppo di richiedenti asilo si disporrà a una lunga attesa, nella notte che si va facendo fredda, davanti al portone sbarrato dell’Ufficio stranieri della questura di Roma. Sperando di avere fortuna stavolta, di essere fra i pochi fortunati che domattina varcheranno quel portone e potranno presentarsi ad uno sportello per sapere del loro destino, cioè del responso del cieco oracolo che sta al Viminale, la commissione che dopo un anno ed oltre di attesa decide dell’asilo o dell’espulsione - della vita o della morte.

Nell’ultima settimana sono già cinque, solo fra i kurdi di Turchia e solo a Roma, i responsi negativi dell’oracolo. Questa sera erano in fila tutt’e cinque, lo sguardo perso nel vuoto, allo sportello legale dell’associazione Azad. "Considerato che l’atteggiamento di simpatia verso i partiti che appoggiano la causa curda, atteggiamento comune peraltro a tutto il popolo curdo, non dà luogo a una persecuzione diretta o personale…" Non sanno, quei funzionari, che la semplice simpatia per organizzazioni illegali costa lunghi anni di carcere duro in Turchia? Non gli ha forse raccontato, il diciannovenne Ayhan Tekin, del padre torturato dalla polizia davanti ai suoi occhi?

Ma la guerra copre, rimuove, ottunde. La guerra riduce i colori e le sfumature del mondo a un allucinante biancoenero: amico/nemico, e il nemico del mio amico (alleato Nato) è mio nemico.

Dunque era nemica anche Milli Gullu, morta per asfissia a ventisette anni nella stiva d’una nave negriera sotto gli occhi sbarrati del marito e delle due figlie piccole, e quella stiva fetida non fu aperta che due giorni dopo. Milli fuggiva da un processo daavnti al tribunale speciale per aver partecipato a uno sciopero della fame in difesa del suo presidente Ocalan, che prima di lei s’era presentato alla frontiera italiana per chiedere asilo. Uccisa lei prima di vedere l’Italia, consegnato lui alla cella della morte dopo averla appena intravista, l’Italia. Mi ha telefonato stasera M. da Crotone: al vedovo i gestori del centro d’accoglienza di Sant’Anna (su quella pista che vent’anni fa occupammo per non vederne decollare gli F-16, ed ora ospita le vittime degli F-16 in fuga) impediscono di uscire per vedere un'ultima volta, composto nell’obitorio e non nell’allucinante fetore di quella stiva, il corpo di sua moglie.

M. ha coraggio. Dieci giorni fa, sorpreso a Lecce con un fascio di riviste della lotta del suo popolo (legali in Italia), è stato fermato, tenuto in isolamento per tre giorni nel centro di Otranto indegnamente intitolato al povero vescovo scalzo Tonino Bello, interrogato, spogliato nudo, picchiato, infine rilasciato. Chi potrà denunciarli? La sua parola contro la loro.

Centri d’accoglienza come centri di detenzione. D’altronde Bossi e Fini non propongono di recludere tutti i richiedenti asilo, tanto per non sbagliare e prevenire le istanze "strumentali"? E Livia Turco non trova di meglio, davanti a quel povero cadavere, che addebitare al nuovo governo di non averne aperti di più, di centri di detenzione, e di non aver messo in pratica gli accordi d’interdizione dell’esodo (e dunque, presumibilmente, di rimpatrio degli asilanti) con la Turchia. Mi raccontava ieri al telefono il marito di Milli, e lo pubblicherà domani il Manifesto, che la polizia turca li ha scortati fino al porto di Smirne, quei fuggitivi, facendosi lautamente pagare il disturbo. Tanto, che crepino in mare o nelle galere, che differenza fa? E oggi, nelle galere a cui Milli è sfuggita solo con la morte, un altro detenuto è morto per fame.

Centri di detenzione. Come quello cattolicissimo di Regina Pacis, a San Foca di Lecce, per il quale s’è chiesto addirittura il Nobel per la pace, e dal quale in agosto undici kurdi, in ottobre più di cento tamil dello Sri Lanka, sono stati consegnati alla polizia che a sua volta li ha consegnati ai loro torturatori. A Colombo è volato da Brindisi il primo charter "à la française" italiano. A bordo aveva centodieci disgraziati, che non avevano neppure potuto incontrare un avvocato, e cinquanta poliziotti di scorta.

Nel centro di Melendugno, a Lecce, più di trecento profughi hanno dovuto avviare uno sciopero della fame per ottenere almeno di potersi lavare e rivestire: avevano ancora indosso i panni della nave. Nel centro di Rotondella quaranta profughi, abbandonati dagli uomini e da dio, hanno inscenato una manifestazione.

Centri di detenzione… In quello di Ponte Galeria hanno portato cinque pakistani sorpresi nell’atto flagrante di vendere qualche cd senza pagare la tangente alla Siae, reato atroce a sanzionare il quale Bossi e Fini hanno destinato un terribilissinmo articolo della loro proposta di legge. Non so ancora se l’intervento dell’avvocata di Senzaconfine sia riuscito a evitargli il rimpatrio, so che al solo pensiero piangevano di paura: vengono dalla regione che confina con la guerra.

E dalla guerra fuggivano i compagni di sventura di Milli e suo marito, di guerra non finivano di parlare nel buio di quella stiva, mentre Milli agonizzava. Afghani, pakistani, irakeni, kurdi… La guerra moltiplica l’esodo, che accresce la sindrome d’invasione, che amplifica il razzismo, che sostanzia la guerra.

Per rompere questo cerchio infernale avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza, forza e passione. Di una rete capillare che sappia spiegare, tutelare, rivendicare diritti umani e convivenza. Anche disobbedendo le leggi, se a partorirle sono i Le Pen e gli Haider di casa nostra.

E… scusate lo sfogo. A notte fonda, volevo solo dividere con voi il peso di una lunga giornata di guerra. Non a Kabul, a Roma.

Dino Frisullo

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dal sito del CIES

venerdì 6 giugno 2003

Ricordo di un militante scomodo e ostinato
La scomparsa di Dino Frisullo

E' venuto a mancare nei giorni scorsi Dino Frisullo, il cui nome è legato all'impegno civile e politico a favore degli immigrati e al riconoscimento dei diritti del popolo curdo. Fece scalpore, cinque anni fa, il suo arresto in Turchia e la condanna a un anno di reclusione. All'interno l'articolo di Loris Campetti, pubblicato sul Manifesto, una dichiarazione dell'Assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Raffaela Milano, e un ricordo di Letizia Cicconi, Assessore alle Politiche urbanistiche ed ambientali del I Municipio di Roma.


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Ecco la dichiarazione dell'Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, Raffaela Milano.

La scomparsa di Dino Frisullo rappresenta, per la città di Roma, la gravissima perdita di un rappresentante coerente e coraggioso della lotta per i diritti umani.
Nel suo impegno a Roma e nel mondo, Dino è stato l'interprete e la voce delle tante vittime di guerre e di persecuzioni cui ha dedicato l'impegno di tutta la vita.

Alla memoria di Dino Frisullo dedicheremo il programma di iniziative che il Comune ha definito, d'intesa con il tavolo cittadino per i rifugiati e i richiedenti asilo, in occasione della giornata mondiale per i rifugiati che si celebrerà il prossimo 20 giugno.


Ed ecco il ricordo di Letizia Cicconi, Assessore alle Politiche urbanistiche ed ambientali del I Municipio (Centro Storico):

Carissimi,
volevo condividere con voi il dolore per la morte di Dino Frisullo. E' mancato il 6 giugno giorno del suo compleanno, questo tipo stralunato che qui all'Esquilino era sempre vicino ai più deboli e che molte volte ci ha portato davanti i danni e le sofferenze dei senza diritti, di quelli che la notte dormono al Colle Oppio e chi in occasione della vicenda di Oscialan sono arrivati una mattina d'inverno a piazza Vittorio per incontrare il loro capo da mezza Europa. Dino poi lo abbiamo rivisto tante volte testimone partecipe delle lotte antirazziste di questo quartiere romano dove per merito anche suo il razzismo ha perso la sua battaglia. L'ho visto ancora una volta a Natale dove ha difeso con la sua solita tenacia una innocente festa di bambini che AN trasformare nella solita gazzarra, ma il draghetto Vic cosi lui lo aveva chiamato ha vinto e per la Befana la piazza si è riempita di bambini allegri e felici. Grazie Dino, l'Esquilino ti deve molto della sua ritrovata serenità a dispetto di chi ancora oggi imbratta i muri con inutili proclami che non fanno più presa neanche fra i più esposti. Ti ricorderemo sempre e cercheremo di proseguire sulla tua strada per migliorare la vita degli uomini del mondo e le loro idee.


Infine riportiamo di seguito un articolo tratto da "Il Manifesto":


Uno scalatore mite e ostinato. Ciao Frisullo.

Si è spento il nostro amico e compagno Dino, una vita troppo breve vissuta dalla parte del torto per aiutare i popoli senza patria a costruire un futuro possibile. Ha conosciuto le carceri turche e ha dato ai kurdi una speranza.
LORIS CAMPETTI

Dino Frisullo è caduto all'ultima curva. O forse no, il traguardo era e resta ancora lontano e ci vorrà molto tempo per raggiungerlo, e quando dopo aver pedalato e pedalato ci sembrerà di essere arrivati ci accorgeremo che il traguardo si è spostato ancora più avanti, e che non si può mai smettere di pedalare. Ognuno di noi a un certo punto della salita deve passare la borraccia al compagno di squadra e Dino ce l'ha passata ieri notte. Perché pedalare tanto, allora, se non si arriva mai a Itaca? Perché l'obiettivo non è arrivare ma andare, e a Dino possiamo regalare le parole del poeta greco Kostandìnos Kavafis: «Itaca ti ha donato un bel viaggio». Il cammino di Dino Frisullo, nostro amico, collaboratore e compagno, è stato tanto breve quanto intenso, senza soste, finché il fisico l'ha sostenuto. E' morto un'ora prima del suo cinquantunesimo compleanno all'ospedale Monteluce di Perugia stroncato da un tumore. In pochi mesi la malattia si è portato via quel «terrone» di Puglia senza patria che si è sempre battuto al fianco di chi gli è capitato di nascere e di vivere dalla parte del torto. Innanzitutto i kurdi, schiacciati in casa dal regime turco e quelli in fuga alla ricerca di una libertà negata verso sponde quasi mai ospitali. In realtà, nelle sponde di stati inospitali come il nostro c'è sempre gente ospitale e il lavoro di Dino è stato quello di far incontrare naufraghi e pescatori. Nella sua Puglia, in Calabria, in Sicilia, ovunque zattere improvvisate trasportassero migranti e profughi, quelli che giornali e tv preferiscono chiamare «clandestini». Siamo tutti clandestini non è uno slogan, per Frisullo è stato il modo di pensare alla sua vita intrecciandola con quella di navigatori meno fortunati. Kurdi e palestinesi, albanesi e kosovari - quegli albanesi e kosovari in «difesa» dei quali altri lanciavano bombe e annientavano popoli «nemici». Dino con le sue tante organizzazioni, da Azad a Senza confine, pensava che per difendere popolazioni perseguitate bisognasse accoglierle, non inquadrarle nel mirino.

Come ricordano le testimonianze di questa pagina, Dino fu arrestato a Diyarbakir mentre festeggiava il Newroz, il capodanno kurdo, il 21 marzo del `98 e condannato a un anno di galera per «incitamento all'odio razziale», salvo poi vedersi modificare e aggravare il reato: terrorismo. Dopo la liberazione e l'espulsione dalla Turchia non potè difendersi né partecipare al suo processo perché i militari lo bloccarono a Istanbul e lo rispedirono in Italia come un pacco postale.

Il nome di Frisullo è legato alla battaglia per l'accoglienza in Italia e la liberazione del leader del Pkk, Abdullah Ocalan. Grazie al suo impegno civile e politico, per una breve stagione Roma si trasformò nella capitale della speranza per il popolo kurdo, così tanti italiani cominciano a scoprire un piccolo pezzo di mondo sconosciuto, neppure tanto lontano dalle nostre sponde. Ma siccome la Turchia è il bastione meridionale della Nato ed è (era?) il miglior alleato degli Usa e siccome la Turchia era ed è un importante partner commerciale dell'Italia, «Apo» venne buttato fuori dal nostro paese - pardon, consigliato ad andarsene - e grazie a un'operazione di pirateria internazionale, con l'aiuto della Cia e del Mossad, venne rapito in Kenia, riportato in Turchia e sbattuto nel carcere di un'isola del mar di Marmara, Imrali. Un processo farsa ha condannato a morte Ocalan, ma siccome la Turchia deve entrare in Europa, la pena è stata commutata in carcere a vita e le chiavi della cella buttate in mare.

Dino è caduto all'ultima curva perché non è riuscito a partecipare, se non al telefono dalla sua camera d'ospedale, alla battaglia contro la nuova guerra all'Iraq. E' riuscito però a mandare al manifesto le sue riflessioni e i suoi appelli appassionati. Nei prossimi giorni pubblicheremo il suo ultimo articolo: «Kurdi, l'altra crisi del Medioriente».

Dino è stato un militante mite, scomodo e ostinato, del cui valore in troppi si sono accorti solo al momento della morte.

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POESIA INVIATA DA DP

Dedicata oggi come ieri al mio amico Dino Frisullo.

I MIGRANTI
di menene



I migranti sono uccelli liberi che cambiano Paese secondo le stagioni.
Li accompagnano venti diversi

che soffiano con dolcezza o rabbiosamente

mentre il respiro è affannoso

le mani protese verso radici profonde e millenarie

lo sguardo smarrito dentro orizzonti sempre misteriosi.



I migranti si muovono su un palco

dove sta andando in scena una rappresentazione drammatica

che non vuole protagonisti ma solo comparse

smarrite tra scene grandiosi, esilaranti, ammirevoli

ma sostenute da ponteggi d'argilla.



I migranti sono uno spettacolo che appartiene alla natura:

come il sorgere ed il tramontare del sole

il cielo stellato

il mare, ora placido ed ora posseduto dalla tempesta, oltre ogni confine.



I migranti sono i nomadi.

Io, come te, sono un migrante

o lo erano i tuoi avi

i miei avi

o lo saranno generazioni future.

Sono la gente che supera le colonne d'Ercole.

Gli europei prima di essere americani o latini nella terra di altri popoli

che non divennero migranti perché furono derubati, umiliati, assassinati.



I migranti sono sugheri galleggianti come la terra della Terra

gocce d'acqua che inventano gli oceani

e le lagrime

e il sudore

e sorgenti

e fiumi e laghi che nessuna diga può contenere.

Il filo spinato eretto dai nemici dell'umanità e i loro lager

sono solo l'impotenza dei vigliacchi.



I migranti sono gocce d'acqua continuamente inquinate da untori senza
scrupoli.



I migranti sono le vittime preferite di disgustose iene voraci

che hanno venduto l'anima al mercato delle mediocrità:

sciacalli senza onore

avvoltoi senza ali e senza coscienza

codardi armati che si vendono per un nulla che chiamano denaro.



Niente è più meraviglioso di un migrante:

ha la potenza di camminare

sa digiunare

sa aspettare

nel piccolo spazio del suo cuore sono raccolte tradizioni e amori antichi

in un angolo del suo cervello i sogni e le speranze

la leggenda e la storia.



Un migrante ha i valori di tutto l'universo

dell'immenso mondo esteriore ed interiore.

I suoi occhi profondi e incredibilmente sorridenti

esplorano ogni piccola stazione, ogni oasi, ogni angolo del pianeta

e poi si confondono con una stella cometa e i desideri non sempre appagati.

Occhi che comunicano i segreti di questa umanità confusa:

occhi: velati, lucenti, vergognosi, fieri

anch'essi tutto l'arcobaleno e intanto

bestie feroci li osservano furtivamente

per renderli perseguibili per legge.



I migranti sono esseri liberi che cambiano Paese secondo le stagioni.

I ladri di storia, di potere, di dignità ed emozioni invece

uccidono anche i miraggi

e non sapranno mai che la pace come l'amore

un abbraccio come il contaminarsi

sono frutti oltre il tempo

maturati tra i raggi della ribellione

della rivoluzione

della liberazione

dell'emancipazione.

Non sapranno mai che le nostre strade

sono composte da una miriade di piccoli sassi

che hanno la luce e la ragione di tutti i popoli che le hanno percorse.



I migranti sono anche navi nella bufera che lottano contro i flutti

le avversità e la miseria

nonostante siano nati ricchi

nonostante siano la fonte del diritto.



I migranti sono l'etica dell'essere contro quella dell'avere.

Sono un faro su percorsi stranieri.

Sono le nostre metropoli per non essere soli

la nostra eredità.



I migranti sono energia a volte dispersa

o sfruttata per il privilegio di parassiti senza qualità.



L'umanità è migrante!



Migrante è tuo padre e tua madre e altri ed altre prima di loro.

E' davvero una grande fortuna

che i migranti siano uomini e donne che cambiano Paese

come cambiano le stagioni.



Siamo tutti migranti

ma solo alcuni vengono costretti ad essere clandestini:

quando verrà il tempo in cui uomini e donne saranno liberi cittadini

e la nostra patria il mondo intero?



Pensavamo e dicevamo queste cose

in mille lingue

incontrandoci per scelta o casualmente nel villaggio globale.

Non sapevamo i nomi gli uni degli altri

e tante altre cose

ma domani avremmo riempito le piazze con tutti i nostri colori

le nostre idee

la nostra semplicità

trasformandoci in un unico e grande e imprescindibile popolo:

in marcia.

"Queste cose Dino ce le siamo dette mille volte...
da migrante a migrante, da nomade a nomade...
da compagno a compagno.
Anche quando non raramente ci hanno lasciati soli...
anche quando non hanno voluto capire...
Caro Dino il nostro viaggio continua
e a tanti e tante accadrà ancora
di dover lottare
non solo contro la miseria dei potenti
ma anche contro quella di chi non lo fa...
e dovrebbe percorrere la nostra stessa strada..."

 

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UN SALUTO DA PARTE DEI COMPAGNI DEL COLLETTIVO DI PRIMAVALLE


Ciao Dino,

sei stato compagno di tante lotte, con la tua generosità che spesso superava le nostre lentezze ci hai dato momenti irripetibili, al fianco di tanti immigrati e di tanti compagni, con il tuo slancio sei stato tra i primi a portare sempre alta la bandiera della solidarietà, contro i razzismi e le discriminazioni, con difetti e pregi, spesso con esuberanza, ma sempre con molta umiltà hai percorso insieme a tutti questo passaggio nel mondo, hai lasciato in noi il ricordo di un  entusiasmo  sincero che ci accompagnera in tutte le lotte contro le ingiustizie......

Hasta Siempre Dino Frisullo,   

 Ciao da Franchino
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UN RICORDO INVIATO DA DARIO MARIANI

Un giorno accendi il computer, apri distrattamente la posta e vieni a sapere nel modo piu' bieco che un tuo fratello, un tuo compagno e' morto.
Era gia' successo con altri : Horst Fantazzini, Giovanni Marini, Pietro Valpreda, Pierangelo Bertoli, Primo Moroni e piu' recentemente con Luigi Pintor e prima ancora con i suoi due figli.
Ma questi compagni, a parte Giaime Pintor che avevo conosciuto, una vita fa, quando lavoravamo insieme a "MUZAK", li conoscevo e li amavo per le loro storie, i loro scritti, le loro vite ; erano per me soprattutto elementi di un mito, quello del favoloso - nel bene e nel male - "decennio rosso".
Dino Frisullo rappresentava per me anche questo, ma anche molto altro.
Sarebbe facile parlare della sua detenzione nelle infami carceri turche o della mobilitazione di "Piazza Kurdistan" di cui fu l'infaticabile organizzatore.
Preferisco ricordare tre episodi meno eclatanti e piu' recenti, dove la personalita', la generosita' di Dino vengono fuori con forza.
Quello della manifestazione a S.Paolo dopo che gli ultras nazisti della Lazio avevano ridotto in fin di vita un immigrato.
Alla partenza del corteo eravamo meno delle guardie ; qualche compagno  e qualche gruppo di immigrati se ne erano persino andati, impauriti dalla situazione.
E Dino li' a rassicurare tutti, ad attaccarsi al telefonino  a chiamare compagni fino a che, a fine corteo per le vie di Testaccio, non eravamo certo moltissimi ma eravamo piu' che raddoppiati.
Due settimane dopo, sulla scalinata del Campidoglio, con i nazisti di Forza Nuova e Borghezio a urlare stronzate a pochi metri.
Anche quel giorno la mobilitazione non era cero riuscita granche'. A parte gli immigrati, portati da Dino, eravamo decisamente pochi e celere e Digos minacciavano pure.
Ma anche li' Dino rassicura, tratta con le guardie, si attacca al cellulare ed arriva prima la Titubanda con i suoi ottoni e poi molti altri, tanto e' vero che alla fine otteniamo l'autorizzazione per un breve corteo.
L'ultimo episodio e' recentissimo e sicuramente lui stava gia' molto male ma io non lo sapevo.
Mando in rete un messaggio per pubblicizzare il libro "In ordine pubblico", libro di "memoria" su alcuni compagni uccisi nei settanta.
Dino mi risponde e mi fa notare che tra i compagni ricordati nel libro manca Benedetto Petrone, un giovane sottoproletario di Bari - faceva il contrabbandiere - ucciso dai fascisti nel 1977.
Dino era originario della Puglia, aveva vissuto li' gran parte del "decennio rosso", ma soprattutto viveva come una profonda ingiustizia la "memoria negata", quella degli immigrati ma anche quella di compagni come Benedetto che, per essere vissuti e uccisi "in provincia", vengono spesso dimenticati anche dalla "memorialistica" antagonista.
Dino stava morendo, ma si preoccupava della memoria di Benedetto Petrone.
Questo era Dino Frisullo.
La terra ti sia lieve, fratello e compagno di una vita.
Non ti dimenticheremo.
Io sicuramente non potro' farlo.
Ciao, Dario.
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RINGRAZIAMO il CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO

VIA STOPPANI 15  (QUART. SANT´ANNA dietro la p.zza princ.)

- ITALIA - 21052 - BUSTO ARSIZIO - VA -

e-mail: circ.pro.g.landonio@tiscali.it

Ricevo dalla sardegna e trasmetto:


In ricordo di Dino Frisullo


"Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi 
qualsiasi ingiustizia commessa contro qualsiasi persona, in qualsiasi parte 
del mondo." [E. Guevara] 

Ecco chi era Dino, un comunista così ricco di umanità che lottando con i 
kurdi si era fatto kurdo egli stesso, così come si era fatto palestinese, 
bengalese, afgano, pakistano, serbo e kossovaro, senegalese e rom, 
disoccupato, sans-papier e barbone. 

Da giornalista egli aveva scelto di "dare voce a chi non ha voce" e così le 
vittime delle guerre e delle persecuzioni trovavano in lui, sempre,  un 
appoggio sicuro. 

Ma era sempre pronto ad occuparsi anche di un permesso di soggiorno o di una 
pratica di asilo politico. 

Quando il tempo non bastava e per lui il tempo non bastava mai, eccolo al 
lavoro anche per l'intera notte, con la sigaretta sempre accesa,  a scrivere 
e a progettare. 

I kurdi lo hanno ricordato ovunque, durante le celebrazioni del Newroz, lo 
scorso 21 marzo. 

Venne a Cagliari, la prima volta nel maggio del 1998, con Firat Erbil, 
rappresentante del Fronte di liberazione nazionale del Kurdistan, per 
parlarci di quel paese e di quel popolo. 

Era stato da poco liberato, a seguito di una mobilitazione mondiale, dalle 
prigioni di Diyarbakir dov'era stato rinchiuso per la sua propaganda a 
favore dei kurdi e le sue continue denuncie contro le violazioni dei diritti 
umani da parte dello stato turco. 

Era segretario di Senza Confine ed ideatore della Rete antirazzista, a cui 
partecipava anche l'ASCE e da lui nacque anche Azad - per la libertà del 
popolo kurdo e in seguito il Comitato sardo di solidarietà con il popolo 
kurdo e tante altre cose. 

Dino è morto nella notte del 5 giugno di un anno fa, a causa di una malattia 
contro cui, lui "che lottava sempre" nulla ha potuto; una malattia che 
avrebbe potuto forse curare se non avesse sempre rinviato una visita dal 
medico, perché troppo impegnato ad organizzare una qualche protesta, un 
qualche soccorso. Il suo ricordo è vivo in tutti noi. 

Dino del "doppio salto", "dalla solidarietà alla partecipazione, alla 
condivisione" che dal suo letto di ospedale ci ha scritto: 

"Se morissi adesso o fra due giorni o un anno, ecco il mio testamento, il 
testamento di un comunista
Avido di conoscenza e d'amore, vissuto e morto povero e curioso.
Lascio tutto il mio disprezzo a chi mi ha usato.
Lascio tutto il mio odio a chi mi ha dato un mondo senza gioia, da 
attraversare a denti e pugni stretti. 

Lascio la nostalgia per le moschee di Gerusalemme e gli ulivi di Puglia ed 
ogni roccia, pianta, finestra, stella, che i miei occhi hanno accarezzato 
nel cammino
Lascio fiumi di dolcezza alle donne che ho amato.
Lascio fiumi di parole dette e scritte spesso con rabbia, raramente con 
saggezza, in malafede mai, un mare di parole che già evapora al vento 
rovente del tempo.
Lascio a chi vorrà raccoglierlo, il testimone del mio entusiasmo, nella 
folle staffetta mozzafiato -volgendomi indietro dopo vent'anni non so più se 
ho corso da solo.
Lascio il mio sorriso a chi sa ancora sorridere
E le mie lacrime a chi sa piangere ancora.
Non è poco. In cambio, voglio essere sepolto senza cippi e lapidi fra le 
radici di una albero grande in piena nuda terra rossa e grassa perchè il 
mondo con me respiri ancora e si nutra con me di ogni mia fibra.
Con me (non vi sembri retorica) solo una bandiera rossa
E la nave del Ritorno intagliata con le unghie nella pietra di un 
prigioniero assetato di vita
nel deserto del Neghev. " 

Comitato sardo di solidarietà con il popolo del Kurdistan 

Cagliari, 4.6.2004 

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